Gentile direttore,
lo confesso: ho sempre trovato riprovevoli le classifiche in sanità e quindi quando ho trovato in rete un articolo dal titolo “Classifiche: che (insana) passione!” mi sono subito trovato entusiasticamente d’accordo. Quell’articolo si riferiva alle classifiche delle Università, ma anche da noi in sanità la passione per le classifiche dilaga e quel che più mi colpisce e sconcerta è che dilaga a livello istituzionale, e cioè a livello di Ministero e Agenas. Avevo appena finito di lamentarmi per il terzo anno consecutivo della classifica Agenas dei “migliori” ospedali quando al Forum Risk Management di Arezzo Agenas e Ministero si sono scatenati, la prima con la classifica delle migliori Aziende Sanitarie Territoriali (AST) e delle migliori Aziende Ospedaliere (AO) e il secondo con la classifica mascherata, ma evidentissima, delle migliori sanità regionali. Di queste classifiche Qs ci ha subito fornito i riferimenti: qui sulle due classifiche Agenas e qui sul monitoraggio ministeriale dei LEA.
Vediamo di capire i motivi per cui queste classifiche vanno bene in una dimensione giornalistica e perché non vanno bene e sono addirittura pericolose in una dimensione di sanità pubblica. Vanno bene in una dimensione giornalistica perché data l’autorevolezza della fonte le si prende per classifiche “scientifiche” e poi perché si prestano benissimo ad essere “notiziabili” sia a livello nazionale che a livello locale. Questa loro notiziabilità diventa peraltro una occasione per la politica di esibire medaglie o negare i problemi. Prendiamo quella ministeriale delle migliori sanità regionali fatta cadere “a caso” in un paio delle slide della sua relazione “Verso un nuovo Patto per la salute” dal Dg della Programmazione sanitaria Americo Cicchetti in anteprima al Forum di Arezzo. Di quella slide hanno parlato ad esempio tra gli altri il Fatto Quotidiano, il Manifesto, Sky Tg 24 e la Repubblica. Fra l’altro tutti gli interventi parlano di un premio da 200 milioni da dividersi tra le prime 5 Regioni in base alla loro popolazione residente, che mi pare una novità assoluta ignota anche all’Ufficio Parlamentare di Bilancio che nel marzo di quest’anno in una sua nota ha chiarito cosa siano le quote premiali all’interno del Fondo Sanitario Nazionale, quote che non c’entrano niente con questo nuovo premio di cui nessuno sembra sapere niente.
Tra i molti commentatori di questa classifica ministeriale sono pochissimi a saper interpretare la famosa slide di Arezzo, la cui lettura richiede di conoscere le caratteristiche del Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) e cioè del sistema di indicatori con cui viene effettuato il monitoraggio dei LEA da parte del Ministero, monitoraggio che è a sua volta un altro oggetto misterioso ai più. Per i lettori di Qs basta rimandare con qualche commento alla pagina del Ministero della Salute dedicata al NSG e a quella dedicata al monitoraggio dei LEA, ma a tutti gli altri chi glielo spiega che il NSG è un sistema di indicatori molto discutibile formato per il 2023 ai fini del monitoraggio da 22 indicatori distinti tra le tre aree della prevenzione (6 indicatori), della assistenza distrettuale (9) e della assistenza ospedaliera (7) e che la valutazione delle performance regionali va fatta area per area e che in ogni area occorre arrivare a un punteggio di almeno 60 su 100? Chi glielo spiega che fare una media del punteggio tra le tre aree come sembra fare la slide è sbagliato? E soprattutto chi glielo spiega che quel sistema è totalmente inadeguato a rappresentare le criticità del Ssn tanto che nel 2023 un’altra slide ci dice che nella assistenza ospedaliera 20 Province/Regioni su 21 hanno raggiunto la sufficienza.
E adesso veniamo alle due classifiche Agenas sulle migliori performance a livello di AST e AO. Molto materiale su queste analisi si trova in una pagina del sito dell’Agenas cui rimando, come rimando alla descrizione di metodi e risultati fatta qui su Qs. Quello che mi preme qui sottolineare è che, al pari del monitoraggio ministeriale dei LEA, il principale errore è trasformare un sistema analitico di valutazione della performance discutibile (molti indicatori sono “fragili”), ma utile come punto di partenza, in un punteggio sintetico che consente una classifica per ciascuna tipologia di Azienda. Classifiche che peraltro presentano contraddizioni sia con quella ministeriale che con altre classifiche Agenas. Faccio un paio di esempi: ho già detto che nel 2023 secondo il Nuovo Sistema di Garanzia tutte le Regioni e Province tranne una raggiungono la sufficienza nella assistenza ospedaliera, ma secondo l’Agenas, che lo scrive nel suo rapporto di sintesi, molte AST hanno nella assistenza ospedaliera una performance bassa o molto bassa. Se prendiamo invece le Aziende Ospedaliere il ranking che emerge dall’analisi della loro performance porta la “mia” Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche al diciasettesimo posto nel 2023 dopo essere stata fatta salire al primo dall’Agenas in base ai dati del PNE dello stesso anno.
Trasformare in classifiche sistemi di monitoraggio immaturi e in evoluzione rende un cattivo servizio al Ssn, in cui esistono e permangono coni d’ombra enormi su problemi assistenziali gravissimi come la presa in carico delle malattie croniche e di tutte le forme di fragilità che gravano sui pazienti e le loro famiglie e su problemi organizzativi altrettanto gravi come la totale e sovrana indifferenza di alcune Regioni rispetto alle indicazioni del DM 70. Inutile nasconderlo: è scoraggiante vedere la “mia” Giunta che governa le Marche farsi bella di un quinto posto nella classifica ministeriale quando le sue AST sono tra le peggiori in Italia per la prevenzione e la sua AO è tra le peggiori in Italia quanto a tempi di attesa per la chirurgia oncologica. Quanto è lontana Roma dalle realtà del Ssn, un problema che prima o poi andrà affrontato. Troppi universitari romani nei ruoli chiave del Ssn vanno bene per l’immagine del Governo, molto meno bene per l’efficacia dell’azione di governo della sanità pubblica. Opinione mia, ovviamente.
Claudio Maria Maffei