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Ecco perché prevenire fa bene alla salute

di Giuseppe Imbalzano

19 GEN - Gentile direttore,
perché chi si occupa di Prevenzione non viene valutato e valorizzato adeguatamente per i risultati di Salute che comunque produce? Anzi, il ruolo che ne emerge è di una professionalità non esaltante e poco funzionale, a volte disturbante. Un medico, un tecnico, un assistente sanitario che non opera quale professionista di elevata qualità ma svolge una funzione poco qualificata, ripetitiva e con minime responsabilità.

Valutazioni che ritengo, naturalmente, del tutto false e fuorvianti.

Certo, vengono a controllare anche dove i Cittadini e le aziende non vorrebbero...

Perché le Aziende Sanitarie hanno scarsa capacità di promuovere iniziative organiche di Prevenzione, Protezione e Promozione alla salute che riducano effettivamente il fabbisogno di assistenza sanitaria, e dei relativi costi, migliorando nel contempo lo stato di salute della popolazione in generale, con interventi specifici e mediante l’attivazione di modelli ed iniziative che riducano effettivamente le componenti del rischio, della e nella Comunità?

In un settore che è un vanto Italiano, l’Igiene Pubblica e la Prevenzione, un sistema di altissima professionalità e qualità culturale e professionale, che ha sovvertito, con azioni specifiche e di alto profilo sociale, le sorti delle comunità, con studi, azioni e una organizzazione nazionale di grande efficacia.

Crediamo che causa di questa “decadenza” relativa sia l’”ospedalizzazione” e la “clinicizzazione” del sistema nella gestione delle Aziende Sanitarie, la preponderanza culturale della “cura della malattia” rispetto ad una visione lungimirante. L’”acuto” ha prevalso anche per le scelte delle Direzioni Aziendali che hanno predominante provenienza ospedaliera (con una conoscenza della organizzazione territoriale non sempre adeguata), hanno centralizzato le attività negli ospedali e diffuso una modalità di gestione e funzionamento “aziendalistico”.
 
Modello già fortemente critico in ambiente ospedaliero (che ha comunque una evidenza di “ricavo” immediata) che lo è ancora di più con i tempi di risultato che hanno le attività di Prevenzione.

La cultura prevalente, che riteniamo del tutto inidonea, sia nella gestione che per i modelli organizzativi che comporta, sta creando ulteriori danni che si manifestano con tempi lunghi di decadenza e sono correlati alla riduzione degli organici, sempre più significativa e sconfortante per chi lavora nel settore. Oltre ad una scarsa attivazione di posti per la specialistica specifica, che sempre più è attratta da linee di indirizzo “valutative” come l’organizzazione in generale o i sistemi di controllo (infezioni, di gestione, Hta, Qualità, risk management, etc.).
 
Non entro nel merito di tutto il processo della Prevenzione, in particolare dei Dipartimenti stessi, ma solo della cultura della prevenzione. Non della parte esecutiva e operativa degli interventi (vaccinazioni, sopralluoghi o controlli), ma della valorizzazione del modello di mitigazione del rischio che diventi strumento di relazione con le condizioni sociali e culturali della comunità e che diventi strumento intrinseco di tutte le attività sanitarie.

Non solo i buoni consigli, ma la conoscenza profonda dei fattori di rischio e dei fattori di protezione esistenti e possibili, le modalità per evitare il danno e tutte le modalità e opportunità per eliminare i fattori di rischio, professionista della prevenzione e promozione della salute che sono “cura” di un sistema e non solo informazioni scarne e scontate. E così recuperare questa difficoltà, rigidità o assenza delle Aziende Sanitarie, verso uno strumento che dimostra grandi opportunità in settori dove la gestione passiva del rischio è del tutto insignificante.

La politica della Salute soccombe alla politica della Cura?

Rare e scadenti campagne nazionali, piccole e minime, salvo eccezioni, iniziative locali e a macchia di leopardo, modalità di sviluppo e progetti realizzati con una gestione molto approssimativa, non sempre nel modello più adeguato tecnicamente e per i relativi contenuti, coinvolgimento di un volontariato ben animato e poco formato.

Qualche numero
Costo sociale degli incidenti stradali 2013 totale – Italia- oltre 18 miliardi di euro.

Il fumo di sigaretta, “l’unico prodotto commerciale legale che uccide la metà delle persone che ne fanno uso”, 14 miliardi di introiti con costi sociali che sono 4 – 5 volte gli introiti.

Appare vera ironia macabra pensare a quanta animazione esiste per non farsi vaccinare (vaccinazione che riduce i rischi per le patologie infettive) a fronte di una rassegnazione per una mortalità accertata di 85.000 persone ogni anno (quasi 250 al giorno) determinate dal fumo di sigaretta. E forse queste spinte sono promosse, direttamente o meno, con stimoli subliminali e atteggiamenti compromissori per la salute della comunità in generale.

Forse molte scelte delle Aziende valutano unicamente un presente senza opportunità di soluzione a fronte (e abbiamo fatto solo alcuni esempi) di importanti miglioramenti del burden of disease che si possono realizzare.

Alcuni elementi che possono modificare l’attuale orientamento
• Sistema dei valori prevalenti, da “cura del malato” a “preservare e migliorare la salute del cittadino”.
• Modello di intervento che faccia conoscere ed apprezzare cultura e modelli di autovalutazione del rischio, mitigazione e sviluppo di interventi efficaci nei diversi settori sociali e comunitari
• Finanziamento specifico, sia per sviluppare conoscenze diffuse (scuole, aziende, servizio sanitario, comunità in generale) con la formazione di personale specializzato (dalla prevenzione degli incidenti stradali, domestici, del lavoro, all’alimentazione, attività fisica, fumo di sigaretta etc.), sia per specifici interventi tecnici e professionali nelle differenti realtà. Il finanziamento può derivare da un meccanismo “assicurativo indiretto” (vedi qui), che è anche strumento di miglioramento comportamentale.
• Valutazione dei risultati e sistema premiante che, con una disponibilità economica qualificata, possa determinare una gestione continuativa delle iniziative che siano anche di alto profilo professionale.
 
La discontinuità nelle azioni e, a volte, la contraddizione delle stesse, non possono che avere effetti negativi in una organizzazione tanto delicata quanto importante come quella del governo delle attività sulla Salute.

Se non sapete con certezza dove volete andare rischiate di ritrovarvi altrove e di non accorgervene (Mager)
 
Giuseppe Imbalzano
Medico

19 gennaio 2018
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