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Dirigenza ministero Salute. Finalmente il ruolo unico

di Gabriele Norcia

12 GEN - Gentile Direttore,
dopo un percorso ad ostacoli lungo oltre 1.400 giorni e nell’ultimo scampolo utile prima della chiusura della legislatura, il 22 dicembre scorso il Parlamento ha approvato definitivamente il testo del DDL Lorenzin, così come era stato emendato nell’ultimo passaggio alla Camera dei Deputati. Si è trattato di un formidabile - e da molti fermamente auspicato - colpo di coda dell’attività legislativa, che pur tardivamente ha ritrovato interesse per il tema fondamentale del diritto alla salute dei cittadini, in questi anni mai parso davvero al centro delle attenzioni di Parlamento ed Esecutivo.
 
Il testo approvato presenta contenuti diversi, di indubbio rilievo, riferiti ad alcuni importanti ambiti della sanità pubblica: dalla regolamentazione di professioni sanitarie come la Chiropratica e l’Osteopatia, alla sperimentazione dei medicinali e dei dispositivi, dal riordino degli Albi professionali, alle modifiche della legge 24 sulla responsabilità professionale.

Il riassetto della Dirigenza Sanitaria del Ministero della Salute
Un passaggio del provvedimento di straordinario interesse per la Sanità pubblica, la cui rilevanza e il cui impatto sostanziale sul Sistema Sanitario del Paese è parso poco pubblicizzato dai principali organi della stampa non specializzata, è rappresentato senz’altro dall’ art. 17 del testo definitivo (ex art. 14 del provvedimento inizialmente pervenuto alla Camera dei Deputati e quindi emendato).
 
E’ una norma di fondamentale importanza perché rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la completa integrazione dei diversi attori che concorrono alla tutela del bene salute nel paese, in un Sistema in cui i soggetti che cooperano sinergicamente al medesimo risultato siano finalmente omogenei, nel rispetto dei ruoli diversi e specifici di ognuno.
 
Il tema è la più corretta definizione del ruolo e del profilo dei Dirigenti con professionalità sanitaria del Ministero della Salute, come indicati all’ art. 18, comma 8 del D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.
 
Già rilevante è il paragrafo introduttivo del comma I, laddove si esplicita che la ridefinizione della qualifica dirigenziale di suddetto personale discende dalla necessità di “… assicurare un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute affidati al Ministero della salute…”.
 
Viene quindi esplicitato il nesso diretto tra qualifica dirigenziale del personale sanitario e una sua più efficace aderenza al ruolo di tutela della salute affidatogli dalla normativa, in analogia e completa omogeneità con il Personale di pari livello e funzione del Sistema Sanitario Nazionale.
 
Proprio per questo, al fine appunto di garantire una più integrale tutela del cittadino, gli operatori sanitari del Ministero, Medici, Veterinari e altri, vengono collocati in un unico livello nel Ruolo della Dirigenza dell’Ente di riferimento e ad essi vengono estesi gli istituti contrattuali “ … previsti dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per le corrispondenti qualifiche del Servizio sanitario nazionale e recepiti nei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro”.
 
Si tratta della concreta attuazione di un concetto di estremo rilievo, da tempo immemore oggetto di continue, instancabili sollecitazioni e richieste di approfondimento indirizzate a ogni livello delle istituzioni competenti da parte delle organizzazioni sindacali e delle parti sociali, tra cui in primo piano ha sempre figurato la Confederazione COSMED, cui aderisce Anmi-Assomed Sivemp- FPM.
 
È con tutta evidenza un problema di natura culturale, prima che tecnico-normativa o banalmente tassonomica; investe il pensiero e la visione progettuale, prima che l’attività legislativa.
 
Poiché il bene Salute dei cittadini, nella definizione più ampia e comprensiva in cui oggi può essere declinato, rappresenta senz’altro un oggetto di tutela complesso, delicato, fragile, articolato com’è nelle mille implicazioni del vivere sociale, il compito di attuare questa tutela, in ossequio al chiaro mandato costituzionale, non è di certo agevole.
 
È altrettanto certo, tuttavia, che questo compito non possa in alcun modo essere facilitato dalla moltiplicazione incontrollata delle nature giuridiche, degli inquadramenti e delle tutele contrattuali di tutti coloro che, in quanto operatori di sanità pubblica, vi attendono quotidianamente, con lo stesso, condiviso, unico ed integrato obiettivo, pur nelle specificità dei diversi ambiti e contributi.
 
Oggi purtroppo ancora persiste, al contrario, un arcipelago normativo e una difformità della contrattazione che frammentano la funzione sanitaria pubblica.
 
Un ruolo, un inquadramento, un contratto: il tempo della frammentazione è finito
I medici operanti a vario titolo nel Sistema, pur condividendo significati e scopi della funzione rivestita, oltre che, naturalmente, natura, livello, caratteristiche della formazione ricevuta e dell’attività professionale svolta, sono inquadrati in contratti e in profili professionali diversi a seconda che appartengano ai Servizi regionali o invece a Enti afferenti alle Funzioni Centrali dello Stato, quali appunto il Ministero della Salute o gli EPNE.
La Legge Lorenzin, istituendo un ruolo unico della Dirigenza Sanitaria del Ministero della Salute e estendendo agli operatori che ne fanno parte gli istituti contrattuali dei colleghi della Sanità, compie una fondamentale opera di omogeneizzazione che non può non produrre nel breve medio termine un significativo effetto positivo sulla qualità complessiva della prestazione sanitaria pubblica.

Del resto, senza dubbio questo era lo spirito della legge di riforma dei comparti e delle aree della contrattazione, che ha dato il via al processo di ricollocazione dei profili professionali in ambito pubblico.
 
Il CCNQ del 13 luglio 2016, all’art. 7, comma 2 colloca nelle medesima Area Dirigenziale del raggruppamento delle Funzioni Centrali professionisti e dirigenti sanitari di provenienza diversa, assimilandoli con criterio funzionale più che datoriale: un punto di vista imprescindibile se si vuole davvero compiere la completa integrazione della pluralità di Enti e Strutture, -non solo i Servizi Regionali- tra cui il Ministero della Salute, Enti Pubblici non economici (EPNE) quali INAIL, INPS, e altri Enti di dimensione nazionale, quali l’AIFA, che svolgono tutti insieme e a pieno titolo le funzioni proprie del sistema sanitario del Paese.

Il criterio datoriale della classificazione delle tipologie contrattuali, naturalmente, permane distintivo anche nel nuovo CCNQ, ma l’istituzione di un’Area della Dirigenza con quelle caratteristiche è stato un contributo fondamentale nella direzione della semplificazione, di cui questo articolo 17 della Legge Lorenzin rappresenta indubbiamente un’altra cruciale tappa.
 
Due fondamentali anelli della catena di collegamento appaiono definiti dal combinato disposto dell’art. 7 del CCNQ 13 luglio 2016 e dell’art. 17 della Legge Lorenzin: 1) la qualificazione della Dirigenza Sanitaria in ragione della funzione svolta e non dell’Amministrazione di appartenenza 2) La collocazione dei professionisti della sanità pubblica non regionale in un inquadramento comune ai colleghi del SSN, con la formula della estensione degli istituti contrattuali, normativi ed economici, per essi previsti.
 
Ne manca ancora un terzo, quello definitivo e, forse, meno complesso: completare il processo estendendo anche ai restanti professionisti sanitari dell’Area Dirigenziale delle Funzioni Centrali, come i medici degli Enti Previdenziali non Economici, la previsione che la Lorenzin riserva alla Dirigenza Sanitaria del Ministero della Salute.
 
La prima delle occasioni favorevoli può essere, se esiste la volontà giusta, l’imminente appuntamento contrattuale.

Gabriele Norcia
Presidente ANMI Assomed Sivemp FPM


12 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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