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Ma perché quando si parla di professionisti della sanità si parla sempre e solo dei medici?

di Calogero Spada

04 DIC - Gentile direttore,
ho avuto il piacere e l’onore di partecipare al 12° Forum sul Risk Management in Sanità; per me che sono un professionista sanitario non medico, con laurea magistrale e master sia di primo che di secondo livello, e 25 anni di servizio nel SSN in diversi grossi centri del nord ed anche del sud Italia, non ho potuto non notare un dato costante, rilevato alle diverse sezioni cui ho partecipato, compresa quella sulla “Crisi dell’universalismo e sostenibilità del sistema sanitario nazionale. I cambiamenti e le riforme possibili”, da lei magistralmente condotta: cioè quando ci si riferisce ai professionisti sanitari, per antonomasia si indica sempre, dovunque e comunque la sola classe dei medici.

In particolare, proprio alla sessione mattutina del 30 novembre, si è ripetutamente proposto un riferimento su “quanto guadagna in più un anestesista o un radiologo rispetto ad un medico di medicina interna”, ma nulla, anche a solo titolo di esempio, su quanto sperequato sia il mio stipendio di professionista non medico tra gli stipendi medi della classe medica e gli stipendi medi del personale esecutivo – questi ultimi quasi sovrapponibili al mio, pur potendo io, come tanti altri professionisti non medici, vantare un cursus studiorum certamente più vicino a quello dei medici che a quello del personale esecutivo, senza alcuna offesa per quest’ultimo, ma anche senza nessuna mortificazione per i professionisti sanitari non medici.

Il tema conduttore di tutto il forum è stato il “risk management” … ebbene il giugno scorso è diventata di pubblico dominio, dopo 20 anni, di cui 10 di processo, la notizia di un Tecnico Sanitario di Radiologia Medica morto a 30 anni, dopo sette anni di “superlavoro” all’ospedale “Carlo Basilotta” di Nicosia … con una sentenza della Cassazione (Cassazione Civile, Sez. Lav., 08 giugno 2017, n. 14313) che ha definitivamente messo in chiaro la vicenda, disponendo un risarcimento agli eredi, ma mettendo anche a nudo, tra gli altri, un dato che a mio modo di vedere è il più significativo, cioè: il dipendente non si era mai lamentato di quella situazione.


La causa di questo fatto va certamente identificata proprio nella esiguità dei compensi che la Sanità Italiana destina alle 22 professioni sanitarie non mediche, ancora oggi, dopo tre importanti leggi di riforma (42/99; 251/00; 43/06), che li hanno sì “assurti” al glorioso rango di “professionisti”, ma che non hanno fatto nulla – nemmeno coordinandosi con i CCNL – in campo amministrativo: infatti gli stessi sono tutt’ora sottopagati rispetto ai medici, come se si fosse ancora ai tempi del regio decreto del 1934.

Eppure nessuno al Forum ha parlato di questo aspetto, o fatto riferimento a questo fatto di cronaca. Di solito la magistratura si muove con massima solerzia davanti “al morto”, ma nessuna riflessione è stata fatta – in forum titolato proprio al “risk management” – su come prevenire questi accadimenti.

Perché? Certo gli interventi degli illustri relatori convenuti (Nino Cartabellotta, il mio ex-docente Prof. Gabriele Pellisero, etc.) hanno efficacemente stigmatizzato, ma d’altra parte lo stanno facendo da anni, un segnale di “emergenza” che deve essere letto non in positivo: “che bello! spendiamo meno e siamo più bravi” ; ma in una accezione negativa – appunto, che per di più non deve vedere in primo piano soltanto i medici; ma il problema vero è dato dalla visione medicocentrica che l’immaginario collettivo e soprattutto sociale continua a subire, anche da eventi come il forum, che insistono a mettere i medici in primo piano e tutto il resto dietro, in un indistinto “mondo di serie B”.


A corroborare tale assunto ulteriori eventi succedutisi all’interno dei venti anni del percorso e del processo sul povero Giuseppe Ruberto:
1. la emanazione del d. lgs. 187/00 che, partendo dai “criteri di radioprotezione”, ha praticamente assassinato ogni autonomia professionale dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica, anche se nessuno di essi ha mai causato la morte di alcuno per sindrome acuta da radiazioni, o qualsivoglia statisticamente rilevante danno riconducibile a sovraesposizione, anche in radioterapia o in medicina nucleare; a tale autentico “disastro” ha contribuito, lo dico ormai da tempo e l’ho ribadito anche personalmente al Presidente Nazionale in più occasioni, anche la Federazione dei Collegi dei Tecnici di Radiologia, con il documento “Management della erogazione delle prestazioni di diagnostica per immagini” del dicembre 2013, successivo – giusto caso – alle eventualità occorse in due differenti realtà toscane (casi “Marlia” e “Barga”), che senza quello scellerato decreto legislativo non avrebbero avuto modo di esistere (e nessuno mi venga a dire che riguardava il recepimento della collegata direttiva Europea 97/43/Euratom, perché non è così: l’Italia aveva già da decenni i suoi professionisti, forse anche qualitativamente in avanguardia rispetto all’estero, ed aveva il dovere di difendere il loro status – bastava non fare un “copia ed incolla” dal testo europeo nelle commissioni parlamentari e “competenti”);

2. il fisiologico “rigetto” , tutto medico, del comma 566 della legge n. 190/2014 c.d. “di stabilità” , con i giudizi sui professionisti sanitari e sui contenuti del comma normativo, rispettivamente sinteticamente espressi dall’Anao Assomed come “Apprendisti stregoni” e della FNOMCeO – come “Assalto alla diligenza” ;

3. La sentenza n. 54/2015 della Corte Costituzionale, che di fatto nega il diritto, sancito sub lege di esercizio di un ambito libero professionale, che costituisce un esplicito affronto alla disciplina ispiratrice: proprio la legge “caposaldo” 251/2000 , con la prolissamente computata sostanziale indicazione che, essendo solo i medici “legittimati a svolgere la libera professione” (peraltro in assenza di altra diversa opportuna giustificazione) ciò che è loro “concesso” – banalmente e sostanzialmente: guadagnare un po’ di più lavorando un po’ di più (per chi, peraltro, già dispone di stipendi assai “consistenti”, sperequati rispetto al bilancio studio/stipendio, operabile tra medici, professionisti e ruoli operativi in sanità).. in una Repubblica che dichiara da qualche parte (ovvero nella medesima Carta Costituzionale, in un articolo ben precedente al n.117 – non stiamo parlando di sola forma, ma di gran sostanza – di essere fondata sul lavoro (art. 1) – di tutti – non dei soli medici … ebbene, non potrà MAI essere oggetto di altrui “conquista” … visto che si scomoda la Consulta … non si può non sintetizzare diversamente da un “no comment” … e da un “Dominanza Forense” imperat.

La casistica può essere molto meglio corroborata da casi eclatanti: su tutti uno, esposto dal Dott. Saverio Andreula, Presidente del Collegio IPASVI di Bari (sessione pomeridiana del 28 novembre – Sala Auditorium: “Il ruolo ed il contributo delle professioni infermieristiche ed ostetriche per la gestione della legge 24/2017”), che al termine di un progetto portato a termine con 0 casi negativi, si è visto negare il “permesso” per gli infermieri professionali, di operare al domicilio (dove probabilmente i medici non vogliono andare) prescrizioni di sostituzione sui pazienti portatori di sonda PEG – direttamente dalla Regione Puglia.

Il quadro che si presenta è chiaro, senza spendere altre righe: da una parte ci sono gli emergenti, “nuovi” professionisti sanitari, maturi e competenti a sufficienza (normativa compresa) per raccogliere i frutti della loro evoluzione, dall’altra un sistema corporativo di autentica “Dominanza” Friedsoniana che, anche contro le migliori evidenze, e con la complicità dell’altra imperante casta Italiana – la magistratura (quindi doppia dominanza: medica e forense), non soltanto non intende “mollare l’osso” , ma cerca di ostacolare ogni aspetto di tale evoluzione – a partire dalla stessa denominazione: i professionisti sanitari laureati devono rimanere degli anonimi “Sig. e Sig.ra” e non “Dott. e Dott.ssa” – come altra specifica normativa prevede (Legge n. 240/2010 comma 2° dell’art. 17 - c.d. “Riforma Gelmini”) ; e potrei soffermarmi per ore su altri aspetti: le divise, gli spazi “edilizi” dedicati negli ospedali, le relazionalità sociali, gli orari di lavoro, etc.

Purtroppo al termine dell’evento non vi è stato, come nella stragrande maggioranza dei casi, un aperto dibattito finale, altrimenti avrei proposto personalmente, magari ai ministri, dirigenti e parlamentari presenti le summenzionate questioni; motivo per cui l’ho “importunata” anticipandole la presente lettera.

Ebbene, caro Direttore, come si può portare avanti un sistema che si evolve rapidamente ed in complessità, in parallelismo alle nuove esigenze sanitarie, ai bisogni della popolazione, con discriminazioni ancorate ad arbitrarie classificazioni di autocrazia, in un ambito così importante, la sanità, sofferente più di qualsiasi altro sistema dello stato, di nepotismo e del classismo più perverso, ovunque rappresentato?

Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale
Specialista TSRM in Neuroradiologia 


04 dicembre 2017
© Riproduzione riservata

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