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Scienza e Coscienza come baluardo contro la degenerazione della professione medica

di Filippo Anelli

30 NOV - Gentile Direttore,
mi inserisco nel dibattito ospitato negli scorsi giorni sulla sua testata, non certo per alimentare la polemica, quanto per fornire un contributo che spero possa spiegare il punto di vista di molti miei colleghi e che deriva dalla mia esperienza di medico, oltre che di Presidente di Ordine.
 
Il 10 Novembre scorso 1500 medici pugliesi hanno deciso di dar vita ad una manifestazione di piazza senza precedenti, per esprimere lo stato di disagio in cui versa la professione medica. Senza indire alcuno sciopero e garantendo le normali prestazioni assistenziali ai cittadini, in una normalissima giornata di lavoro, i medici hanno deciso di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su una situazione di malessere che ormai perdura da tempo.

Non si era mai visto che tanti medici, dirigenti e specialisti, pubblici e privati, liberi professionisti e convenzionati si trovassero insieme, in una giornata di pioggia, a manifestare la propria rabbia per il modo in cui il medico oggi è costretto a esercitare la propria professione.
I medici non chiedevano un aumento di stipendio o il rispetto di norme contrattuali, ma dignità e sicurezza, libertà e autonomia, rispetto dell’etica professionale e non imposizioni di carattere ragionieristico.

I medici, insomma, chiedevano di poter esercitare la propria professione in “scienza e coscienza”, una coppia di termini quanto mai importanti, i cui valore è essenziale ribadire proprio nella congiuntura storica attuale, in cui vengono messi in discussione.

Sono due aspetti della professione medica inscindibili: il primo la “scienza” attiene alle competenze e abilità professionali, il secondo la “coscienza” pertiene al modo di applicare le competenze acquisite attraverso una chiave di valori che ognuno di noi custodisce nella propria coscienza e che sono ben rappresentati in quel codice deontologico a cui noi medici abbiamo giurato fedeltà all’inizio della professione.

Senza la “coscienza” il medico non è più il medico, ma un mero esecutore, un servo-tecnico della salute chiamato, grazie alle sue abilità, a soddisfare le richieste di chiunque, indipendentemente da qualunque valutazione rispetto alla risposta al bisogno di salute. Ossia, per dirla con le parole del prof. Benci, senza la coscienza “prevale il potere della persona sul potere medico”.

È questo il nuovo paradigma che caratterizza anche una parte dell’agenda politica, in nome di un dualismo che vede il cittadino contro il medico, totalmente estraneo alla cultura ed alla tradizione medica occidentale. Siamo passati dal “paternalismo medico” al “paternalismo del cittadino”, in nome dell’anti ippocratismo. Ma rinnegare 2400 anni di storia e di cultura è stolto, perché in quella lunga storia e in quella cultura si è sviluppata l’alleanza con il “paziente”, superando condizionamenti storici che, questi sì, hanno condizionato per ovvie ragioni, nelle varie epoche, l’agire del medico.

L’alleanza terapeutica non vuol dire la “dittatura del cittadino”, ma la libertà del paziente - in questa relazione caratterizzata dalla fiducia - di accettare o rifiutare, in tutto o in parte, le proposte avanzate dal medico, di meritare rispetto per le scelte effettuate e nello stesso tempo garantire il rispetto dell’autonomia professionale del medico e delle sue convinzioni etiche, che ispirano le sue scelte, nell’interesse del paziente.

Senza il riconoscimento del diritto costituzionale di aderire ai convincimenti presenti nella propria “coscienza” al medico è impedito l’esercizio della libertà. Così, nel disegno di legge sulle DAT – Disposizioni Anticipate di Trattamento, all’articolo 1 comma 2 l’attività del medico è caratterizzata dalla competenza, autonomia professionale e responsabilità. Differentemente, l’art. 4 del Codice di Deontologia Medica, invece, prevede che “l’esercizio professionale del medico è fondato sui principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità”.

Risulta evidente, dunque, che dal disegno di legge sono state eliminate le parole “libertà” ed “indipendenza”, in nome di quel paradigma secondo il quale “prevale il potere della persona sul potere medico”.

Ebbene, senza la libertà il medico non ha più un’anima! Si snatura il rapporto di fiducia che lega il medico al paziente, si altera questo equilibrio, facendo venir meno proprio quell’alleanza terapeutica basata sul reciproco rispetto.

Sono tante le disposizioni, gli atti amministrativi, i modelli organizzativi che hanno minato questa alleanza terapeutica. I carichi di lavoro eccessivi, le carenze di personale, le apparecchiature obsolete, gli strumenti informatici non idonei, le limitazioni prescrittive, la strabordante burocrazia, gli algoritmi condizionanti le scelte terapeutiche, i luoghi di lavoro insicuri e indecorosi hanno lacerato il rapporto di fiducia tra medico e cittadino, al punto da generare sempre più frequentemente episodi di violenza nei confronti degli stessi operatori sanitari.

Da queste esperienze, da questo vissuto scaturisce la rivolta dei medici. Una rivolta contro questi modelli di medicina “amministrata” e fortemente condizionati dai limiti economici imposti da politiche di de-finanziamento del servizio sanitario nazionale, da cui ci mette in guardia la stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 8254/2011:
“Nel praticare la professione medica il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato…
…a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato
… Il medico non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico”.

Scienza e Coscienza costituiscono quindi il baluardo contro la degenerazione della professione medica a medicina amministrata e ragionieristica. Il diritto del medico alla libertà, ad aderire ai principi contenuti nella propria coscienza, è il miglior presupposto per assicurare la qualità dell’assistenza e garantire appieno il diritto alla salute dei cittadini.
 
Filippo Anelli
Presidente dell’Ordine dei medici di Bari  


30 novembre 2017
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