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Infermieri e quei selfie di troppo

di Marialuisa Asta

14 SET - Gentile Direttore,
ritengo che il fenomeno dei social e dei tanto chiacchierati, demonizzati Selfie ci stia scappando di mano, specie se a rendersi protagonista degli autoscatti in corsia è un Consigliere Ipasvi. Edonismo, come ricerca assoluta del piacere come fine ultimo, egocentrismo, protagonismo: sono le debolezze dell’essere umano, sulle quali i social hanno creato il loro impero.
 
Un fenomeno dilagante, che non accenna ad arrestarsi e che abbraccia tutte le fasce di reddito e tutti i professionisti e non, in barba a qualsiasi regolamento.
 
I tanto discussi “Selfie” non risparmiano nessuno, dagli uffici alle corsie degli ospedali, a sentirsi Vip per 5 minuti non si rinuncia, e non vi rinuncia persino chi dovrebbe vigilare su determinati comportamenti, passibili, come tutti (forse)sanno, di sanzioni disciplinari.
 
E’ il caso di un infermiere, dirigente sindacale e consigliere Ipasvi, di una ridente città dell’entroterra siciliano, Caltanissetta.
 
Facendo “srolling” (come si dice in gergo) della home di Facebook, mi sono imbattuta in delle “bellissime” foto fatte in corsia, rigorosamente in orario di lavoro, rigorosamente in divisa.
 
Tutti molto gioiosi, e tutti molto orgogliosi per questo scatto che garantirà i famosi 5 minuti di popolarità.
 
“Quanti like avrò raggiunto?”
 
Incuriosita da questo sprazzo di popolarità, mi sono fermata a leggere i commenti sotto lo scatto, per capire, se ancora dopo averlo scritto e spiegato in tutte le lingue del mondo, a qualcuno non fosse chiaro che certi “comportamenti” non sono etici.
 
Beh, in una schiera di commenti da parte di professionisti, che inneggiavano alla bellezza dei protagonisti degli scatti, un solo “alieno”(è l’unico appellativo che trovo per l’unica persona dotata di buon senso) ha puntualizzato come il comportamento del Consigliere Ipasvi non fosse degno di nessun codice etico e morale.
 
Aberrante, che dei professionisti sconoscano i regolamenti aziendali, i regolamenti dei dipendenti pubblici, il codice deontologico ed infine il codice di comportamento emanato dall’Ipasvi in merito al rapporto infermieri e social.
 
Aberrante che lo sconosca o lo ignori lo stesso componente Ipasvi.
 
Continuo a vedere di tutto postato sulle pagine di Facebook da chi si fa chiamare infermiere:  selfie indecenti, dal dito medio a favore di camera, a chi dichiarandosi professionista della salute si fotografa in servizio, fumando una sigaretta, con la divisa stile pantaloncini da mare.
 
A cosa serve sprecare ancora inchiostro per una categoria che non vuole evolvere?
 
A ripetere per l’ennesima volta che determinati comportamenti non sono etici e restituiscono un’immagine pessima della categoria infermieristica.
 
Mi vergogno profondamente per tanta superficialità, mi vergogno di essere rappresentata da un Ipasvi che ha all’interno membri che ignorano (volutamente o non, e quest’ultima opzione la trovo di una gravità inaudita) i regolamenti emanati da loro stessi.
 
E mi rivolgo, attraverso le pagine di questo quotidiano, alla Presidente Barbara Mangiacavalli, perché vigili sugli stessi componenti in seno alla Federazione che presiede.
 
L’esempio è più importante delle parole; e se l’esempio non parte dall’alto, come faremo ad arginare comportamenti che messi in atto da un Consigliere Ipasvi, risultano essere ancora più squalificanti.
 
Ed infine se il Consigliere in questione non ricordasse il Documento della Federazione che rappresenta, di seguito un piccolo ripasso.

 
Il Documento dichiara esplicitamente la necessità rispetto ai social di mantenere la privacy e la riservatezza, obblighi deontologici ma anche giuridici.
 
Per questo detta cinque regole a cui gli infermieri devono attenersi:

· Prima di postare informazioni online considerare la solidità delle ragioni per farlo, assicurarsi di avere il consenso dell’assistito, che la sua identità sia protetta e che le informazioni pubblicate online non ne permettano l’identificazione
· Non diffondere mai attraverso i social media immagini o informazioni relative all’assistito che possano violare i suoi diritti di privacy e riservatezza
· Non pubblicare, condividere o diffondere immagini, dati o informazioni dell’assistito acquisite nella relazione infermiere-paziente
· Non esprimere commenti sugli assistititi anche quando gli stessi non possono essere identificati
· Non acquisire immagini (fotografie, video) utilizzando dispositivi personali ivi inclusi i telefoni cellulari.
 
Marialuisa Asta
Infermiera, redattrice di Infermieristicamente


14 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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