Morti in incendio a Cosenza. E' malasanità, ma nessuno lo dice
di Mario Sellini
22 AGO -
Gentile Direttore,
di malasanità si può morire. Le statistiche ci dicono quanti sono i casi; dove si verificano; di chi è la colpa e cosa bisogna fare per eliminare o almeno ridurne le cause e gli effetti. In sanità l’errore è sempre possibile. Anche se, ad onor del vero, i casi sono molti di meno di quelli che ci appaiono. I media, quando vogliono, fanno un buon lavoro. Denunciano i casi di malasanità, indagano, allertano l’opinione pubblica.
Eppure in questi giorni è accaduto un episodio altamente drammatico. A Cosenza sono morti in un incendio tre persone. Apparentemente si tratta di fatto di cronaca, drammatico, ma che nulla a che vedere con la sanità. Ma solo in apparenza e perché così ci viene presentato.
Il caso è stato immediatamente derubricato ad incidente. Un incidente “capitato” a tre “poveri disgraziati” i quali, sembra, occupassero abusivamente l’appartamento. Ed ecco che l’occupazione di una casa, dal punto di vista mediatico, nasconde i fatti reali e trasforma la realtà.
Un’unica, piccolissima ed insignificante annotazione. Seminascosta nella “notizia” per non disturbare la coscienza e la pubblica opinione: i tre “poveri disgraziati” erano noti ai Servizi Sociali ed ai Servizi Sanitari.
Grande attenzione dedicata, giustamente, alla gravissima perdita di un importante patrimonio culturale ed artistico andato perso nell’incendio.
Eppure nessuno, ma proprio nessuno, che abbia definito il drammatico episodio, nell’unico modo in cui andava definito: malasanità. Ci troviamo di fronte a tre morti di malasanità.
Ma nessun invio di Ispettori per indagare su queste morti.
Eppure è chiarissimo che queste vittime, perché tali sono, sono state lasciate sole. Sono state abbandonate dalle Strutture Sanitarie predisposte alla tutela della salute, anche mentale, dei cittadini. Tutela della Salute a cui avevano diritto queste tre vittime. Tutela alla quale avevano diritto i vicini di casa, i familiari delle vittime, i beni materiali, storici e culturali danneggiati, irrimediabilmente.
Eppure una domanda ce la dobbiamo porre.
Cosa vuol dire “erano note” ai Servizi? Se poi i servizi non sono messi nelle condizioni di prendersene cura.
Stiamo parlando della Sanità della Regione Calabria. Ben ultima in tutte le graduatorie relative alla qualità dell’assistenza. E, quando le graduatorie riguardano l’Assistenza alla Salute Mentale e l’Assistenza Psicologica, il posto occupato è, se possibile, ancora più infimo.
E questo nonostante ci siano operatori che si dedicano con spirito di abnegazione assolutamente encomiabile.
In realtà siamo in presenza di un tipico caso di Malasanità la cui Responsabilità ricade, completamente sull’organizzazione e sulla gestione. Nessuna responsabilità è addebitabile agli operatori. È il livello “gestionale” e l’assoluta carenza di programmazione sanitaria, regionale aziendale, la causa prima ed unica di questi drammi.
L’unica “programmazione” che si riesce a fare in Calabria è quella relativa alla spartizione dei posti, all’assegnazione dei “primariati” e dei dipartimenti. Tutto il resto non interessa.
Ciò che conta è assegnare le apicalità. Se poi i servizi di Salute Mentale restano scoperti perché il personale va in pensione, non interessa nessuno.
Dove sono le strutture territoriali che devono articolare la rete di tutela della salute psicologica? Come viene utilizzato il finanziamento destinato a questi servizi?
C’è qualcuno che chiede conto alla Regione Calabria di se e come vengono spesi i 180 milioni di euro che devono essere spesi per la Salute Mentale? Quante case famiglia, quanti gruppi appartamento, quante comunità, protette o meno, residenziali e semiresidenziali sono attivate?
E questo non accade solo a Cosenza, dove sono morti questi “poveri disgraziati”. Succede in tutte le Aziende Sanitarie della regione.
La prova evidente che, in Calabria, la Salute Mentale e quella Psicologica non sono una priorità, la ritroviamo nell’ultimo Decreto che, a livello regionale, autorizza alcune centinaia di assunzioni.
Non è prevista una sola assunzione di Psicologi, nonostante molti stiano andando in pensione ed i servizi risultino sempre più sguarniti. Nelle nuove assunzioni non c’è posto per gli Psicologi né per le altre figure necessarie a garantire la necessaria assistenza alla Salute Mentale.
Eppure c’è il Progetto Obiettivo Nazionale; sono stati recentemente approvati i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza. Ma nulla riesce a smuovere la politica sanitaria calabrese.
Il Ministero della Salute ben ha fatto ad attivare una Commissione per la verifica dell’applicazione dei LEA sul territorio nazionale. Ed è a questa Commissione che noi ci appelliamo, per verificare lo stato di applicazione e di attuazione dei livelli minimi di assistenza nel campo della salute mentale.
Lo si deve ai 2 milioni di cittadini calabresi che hanno diritto, come tutti gli altri cittadini italiani, ad avere cure dignitose, senza bisogno di dover continuamente emigrare in altre regioni alla ricerca di “cure” e “ tutela della salute”.
Lo si deve alle tre vittime di Cosenza che non sono state uccise dal fuoco, né sono morte a causa di un incidente provocato dalla loro incuria o disattenzione. Queste tre vittime della Malasanità calabrese meritano rispetto.
Da vivi non hanno ottenuto le tutele alle quali avrebbero avuto diritto. Che almeno gli si conceda il rispetto.
Mario Sellini
Segretario Generale Fassid Aupi
22 agosto 2017
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