L’aborto e la rivoluzione evangelica del Papa
di Sandro M. Viglino
22 NOV -
Gentile direttore,
da quel fatidico 22 maggio 1978, giorno di approvazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, molta acqua è passata sotto i ponti, un’acqua talvolta impetuosa e rumorosa talvolta ignorata da gran parte della società ma mai tranquilla e pacifica. Un’acqua scomoda nella quale pochi hanno avuto il coraggio di specchiarvisi mentre molti l’hanno trattata a distanza, con fastidio o addirittura con rabbia.
Ancora oggi, dopo quasi quarant’anni, la questione dell’aborto volontario occupa di tanto in tanto, ciclicamente, le pagine scritte o parlate dei mass media. Ancora oggi, quando gli aborti in Italia si sono più che dimezzati rispetto ai primi anni di applicazione della legge, scendendo al di sotto dei 100.000/anno (97.500 nel 2014) e con la tendenza a ridursi sempre più, la questione attira l’attenzione della società, quasi sempre per sottolinearne le connotazioni negative.
Noi ginecologi territoriali che nei Consultori in tutti questi anni abbiamo dovuto misurarci col dramma delle donne che hanno usufruito della legge 194, recando, nella stragrande maggioranza dei casi, sulla propria coscienza le tracce indelebili di questa tragedia, abbiamo cercato con l’ascolto, la comprensione ma anche con i mezzi che la scienza medica ci ha messo e ci mette a disposizione (la contraccezione innanzitutto!) di contenere e di evitare la ripetizione di quelle tragedie. Spesso operando in situazioni difficili a causa del crescente fenomeno dell’obiezione di coscienza che in taluni ospedali e in talune Regioni ha raggiunto e superato l’80-90% degli addetti ai lavori (ginecologi, anestesisti, strumentisti, infermieri, ostetriche).
A fronte di tutto ciò, abbiamo oggi appreso con stupore e con incantata meraviglia la decisione del Pontefice espressa nella lettera apostolica “
Misericordia et misera”, documento programmatico nel quale vengono indicate le disposizioni pastorali dopo il Giubileo, specialmente laddove afferma: “Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito… A tutti è offerta la possibilità di sperimentare la forza liberatrice del perdono”.
Le forti parole ed il coraggio del Santo Padre solleveranno certamente lo sdegno ipocrita di parte delle gerarchie ecclesiastiche ma questa è la forza di ogni rivoluzione anche di quella evangelica. Occorre allora che di fronte a queste parole tutti ci impegniamo in una sincera riflessione, abbandonando gli estremismi ideologici di tanti non buoni cristiani che oppongono la facile condanna alla forza dell’ascolto e della comprensione.
Speriamo che riflettano anche tanti operatori sanitari che, in buona o meno buona fede, hanno risposto con un’obiezione di comodo alla richiesta di aiuto di tante donne. In questo modo, forse, riusciremo a svolgere in coscienza e con animo sereno il nostro compito - un tempo si diceva missione - lasciando ad altri il ruolo di giudici.
Sandro M. Viglino
Presidente A.GI.TE. (Associazione Ginecologi Territoriali)
22 novembre 2016
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