La sanità sarda e la necessità di una vera riforma di sistema
di Giovanni Sotgiu
11 LUG -
Gentile direttore,
in un’epoca di difficile sostenibilità economico-finanziaria dei servizi sanitari nazionali, inclusi quella dei Paesi ad elevato reddito (Regno Unito), e regionali italiani, la Sardegna si appresta ad affrontare una riforma macro del proprio servizio sanitario, definita “epocale” dai mass-media e dalle forze politiche dell’attuale governo di centro-sinistra che l’hanno proposta.
Allo stato attuale, la sanità sarda impegna annualmente circa metà dell’intero bilancio regionale, in associazione ad una sentita, più che provata, inadeguatezza ed inappropriatezza nella risposta ad alcuni bisogni di salute della popolazione. L’attuale geografia del servizio sanitario regionale vede uno spiccato ospedalo-centrismo vigente da diverse decadi, non accompagnato negli anni più recenti da una “territorializzazione” dell’offerta sanitaria in associazione al mutato contesto epidemiologico. Come in altre realtà regionali, la Sardegna ha visto crescere in misura rilevante il burden di malattie croniche, alcune delle quali ad elevato impatto sulla qualità della vita delle persone (sclerosi multipla, diabete mellito, neoplasie); il modello gestionale evidence-based più accurato delle malattie croniche prevedrebbe la definizione di appositi percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali con al centro il management territoriale in una ottica olistica della medicina (alla luce della complessità clinica) e multi-disciplinare (impatto sociale).
Uno degli importanti elementi di governance dell’offerta assistenziale è il sistema informativo basato su indicatori (soprattutto di processo e di outcome) capace di definire trend temporali e comparabilità con benchmark di sistemi evoluti. L’attuale problema della sostenibilità potrebbe trovare una risposta, ma non necessariamente una soluzione, nella trasparente descrizione quantitativa del contesto sanitario. Purtroppo, la deficitaria gestione ed implementazione di sistemi di rilevazione sistematica e continua nel territorio sardo non permette una valutazione comprehensive and reliable dell’attuale condizione. La visione parziale, ed eventualmente distorta, basata su pochi ed inappropriati indicatori, potrebbe condurre ad una erronea scelta di soluzioni “migliorative”.
Inoltre, la prospettiva sulla quale spesso ci si orienta (e non solo nel contesto regionale sardo) è quella prettamente economicistica che vede la sanità come un costo da tagliare per dare fiato ad altre voci di spesa. La pericolosa e deformata visione amministrativa può, quindi, far perdere di vista quello che è il fine ultimo della assistenza sanitaria, ovvero mantenere/potenziare/recuperare lo stato di salute della popolazione. Solo tenendo conto del value, ovvero della stretta relazione esistente tra outcome di salute e costo, si può valutare l’appropriatezza dell’impegno di spesa nel settore sanitario. Sappiamo bene come aldilà di costi diretti, le valutazioni in economia sanitaria debbano avere un fine basato sul benessere prodotto nella popolazione a breve, medio, e lungo termine.
Il modello della ASL unica, prospettato dal disegno di legge della giunta regionale, orientato ad una semplificazione e centralizzazione gestionale, potrebbe rappresentare una scelta valida e migliorativa, sebbene le assunzioni economiche e sanitarie siano basate su elementi informativi non appropriati. Un cambiamento radicale così prospettato richiede coraggio e merita l’attenzione non pregiudiziale di tutti gli attori coinvolti nel sistema, a partire dal cittadino paziente/utente (patient engagement).
Tuttavia, il cambiamento di modello deve spingere anche ad un cambiamento di logica, con attivazione di un sistema di valutazione e monitoraggio che possa permettere cambi in corsa di fronte all’evidenza di distorsioni/deficit del sistema. Il Centro Democratico Sardegna ha sin da principio supportato l’idea del modello della ASL unica ma orientando la propria visione ad una nuova e dinamica gestione dell’ambito macro della sanità. Dal cambio ci si attende una ricaduta immediata ed inevitabile sul paziente/utente.
Precondizione al successo è la concertazione del sistema, guidata attraverso una stretta relazione della sfera tecnica e di quella politica, con occhio attento alle dinamiche degli indicatori di salute oltreché economici. La nuova prospettiva di azione, associata ad una semplificazione organizzativa e funzionale (ad esempio, tre aree sanitarie omogenee, decentralizzazione delle funzioni attualmente in capo all’assessorato in ambito aziendale) potrebbe permettere di entrare in una nuova era della sanità sarda.
Giovanni Sotgiu
Professore di Statistica medica ed Epidemiologia Clinica – Università degli Studi di Sassari
Centro Democratico Sardegna
11 luglio 2016
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