Blocco contratti PA. La crisi viene fatta pagare al comparto sanità
di Rocco Vergine
15 GIU -
Gentile direttore,
In questi giorni ho letto alcuni articoli sul vostro quotidiano nei meriti del rischio che si prospetta laddove la Corte costituzionale dovesse dichiarare illegittimo il blocco dei contratti del pubblico impiego. Lo Stato parla persino di "onere" della "contrattazione di livello nazionale", relativo a tutto il personale pubblico, e dichiara che tale non sarebbe inferiore a 35 miliardi con effetto strutturale di circa 13 miliardi annui dal 2016.
A mio modesto parere, cifre assurde perché non ci sono mai stati dei tavoli ove si sia aperta una contrattazione vera e propria,che possa dare l'idea di quanto occorre per rinnovare i contratti. Sul tema dei contratti bloccati il prossimo 23 giugno è prevista l’udienza della Consulta che valuterà la questione di legittimità costituzionale sul blocco della contrattazione nel pubblico impiego. Ho letto che sulla questione,l'avvocatura dello Stato chiede alla Corte di considerare l'impatto economico: affermando che non si può non tenere conto che lo Stato deve assicurare l'equilibrio fra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Nulla da eccepire sul concetto di bilancio, ma la regola dovrebbe essere applicata in tutta la finanza pubblica, mentre ciò nonostante, alcuni dipendenti pur avendo stipendi alti sono comunque cresciuti economicamente per effetto di automatismi. Cosa ci auguriamo noi tutti come lavoratori? Che la Corte Costituzionale nel pieno dell’autonomia e della bontà di giudizio deciderà ed emanerà la giusta sentenza esclusivamente sulla base del diritto.
Vorrei ricordare inoltre che i contratti pubblici sono bloccati da 6 anni e in nessun altro settore privato c’è una situazione di questo tipo. Il comparto Sanità, ove appartengo come lavoratore e in cui seguo sia la contrattazione che l'evoluzione organizzativa, è fatto di professionisti che nonostante la crisi sono stati investiti della riorganizzazione della pubblica amministrazione e di continui cambiamenti nell'area sanitaria. Secondo fonti dichiarate dai massimi esponenti sindacali, oltre 2mila e 300 miliardi di tagli al Fondo Sanitario e circa 300 all’edilizia sanitaria. Stiamo parlando di una riduzione di risorse che sommata alle misure già previste dal Governo Monti e Letta supereranno il tetto di 5,2 miliardi per il solo 2015.
Tagli che, come affermano i sindacati, colpiranno gli operatori sanitari, chiamati ancora una volta a tappare le falle di un’organizzazione sempre più traballante e, ovviamente, dei cittadini i quali si vedranno ulteriormente ridurre l’accessibilità ai servizi, la qualità e la sicurezza delle cure. E a mio parere, tenere con le retribuzioni degli Operatori Sanitari del Comparto della Sanità Pubblica ferme, non pensare di concedere alcun incremento salariale nei prossimi provvedimenti e tenere i Contratti fermi, significa vanificare in partenza ogni tentativo di riforma del sistema dell’assistenza sanitaria. I lavoratori del comparto Sanità certamente non meritano questo trattamento sia economico che normativo, che va a svilire sempre più il livello qualitativo dei servizi offerti ai cittadini.
La crisi viene fatta pagare, come al solito, ai lavoratori dipendenti ed in particolare a quelli pubblici della Sanità. Non si è avuto nemmeno un misero scatto retributivo di poche euro lorde, nessun nuovo inquadramento o incentivo e perfino il blocco degli scatti di anzianità. Da Brunetta in poi, i dipendenti pubblici hanno solamente subito inasprimenti e riduzione dei margini di contrattazione con blocchi economici. Tutte le professioni tecnico/sanitarie e amministrative del Pubblico Impiego hanno i contratti fermi da un decennio,e non hanno più avuto un adeguamento. Se pensiamo che alcuni valori economici di voci salariali non solo hanno ancora un valore in lire ma sono addirittura antecedenti gli anni ’90 (indennità di rischio,di turno e di funzione).
Il blocco della contrattazione rappresenta un’opportunità mancata per la valorizzazione delle professionalità esistenti in quanto, oltre a non trattare le materie che valorizzano i diversi ruoli (incarichi di coordinamento, posizioni organizzative, prestazioni aggiuntive libera professione e valorizzazione della contrattazione aziendale) non si affrontano alcuni aspetti da migliorare o colmare dal punto di vista normativo come, ad esempio, la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, la valorizzazione del ruolo della formazione specialistica in funzione del ruolo professionale, da garantire in maniera equa a tutti gli operatori, la rivalutazione del lavoro notturno e usurante,l’adeguamento dell’istituto della Pronta Disponibilità e di tutte le indennità professionali previste, oltre al riconoscimento di particolari condizioni di disagio.
Non ci si poteva del resto aspettare di meglio dal governo ma neanche da chi ha avallato le politiche contro i dipendenti pubblici fin qui operate dai Governi succedutesi. E anche se a partire da maggio 2014 ci sono stati dei tagli al cuneo fiscale con l’intervento sull’IRPEF,questi hanno interessato solo alcune fasce e categorie di lavoratori con la quasi totale esclusione dei dipendenti pubblici.
A mio pare i soldi vanno dati alle categorie e alle persone che negli anni hanno subito i tagli maggiori e a quanti hanno visto nei blocchi del contratto una perdita procapite annua di circa 1400 euro tra scatti di anzianità persi e rivalutazione degli stipendi sul reale costo della vita. Nella sanità si traduce in una perdita di circa 8000 euro in 6 anni. Nella mia esperienza da rappresentante sindacale eletto, posso anche affermare che, dove cresce il disagio e cresce l’insicurezza a fronte delle maggiori difficoltà che incontrano i lavoratori resi più precari, senza lavoro e con tagli lineari sempre e solo alle categorie più deboli, lì è destinata a crescere anche la domanda di sindacato: che resterà sempre forte. Lo ha dimostrato la grande partecipazione democratica alle elezioni RSU 2015 ove la richiesta di rappresentanza sindacale dei lavoratori è stata più forte dell'affluenza per il voto politico.
I Risultati sindacali impongono azioni importanti per la riconquista dei diritti di chi lavora con impegno e sacrificio. A questo punto le forze sociali hanno il dovere d'intervenire sul governo che non da segnali di apertura e da quanto apprendo i sindacati confederali si sono attivati con forza! Tutto si può fare ma bisogna partire dal presupposto che le risorse si possono trovare, e vanno investite in quota parte nel settore sanitario perché questi operatori sono stati i protagonisti che, nonostante i contratti bloccati, hanno dato il massimo per il cambiamento atteso nella sanità futura. Mai come adesso è necessaria una forte coesione sociale al fine di aprire una stagione contrattuale che ridia potere d'acquisto ai dipendenti pubblici. Senza risorse sarà un ulteriore svilimento e una sconfitta della Sanità. Senza risorse sarà un blocco non solo per i dipendenti ma per l'intera economia.
Rocco Vergine
Lavoratore Pubblico
Rappresentante Sindacale
Modena
15 giugno 2015
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