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L’infermiere di famiglia nella riforma sanitaria lombarda

di Antonino Zagari

02 GIU - Gentile direttore,
L’attuale Giunta Regionale Lombarda sta operando uno sforzo non indifferente volto a realizzare un riordino del welfare regionale, con l’obiettivo di collocare la persona e la famiglia al centro delle proprie politiche, attraverso una rinnovata attenzione alle modalità di realizzazione degli interventi a sostegno del suo ruolo sociale e dei diversi bisogni dei suoi componenti. Le stesse linee programmatiche (vedi DGR N. X/37 del 16/04/2013 “Prime linee programmatiche per la redazione del programma regionale di sviluppo della X legislatura in ambito sociale e socio-sanitario e determinazioni conseguenti...) affermano che risulta indispensabile avviare sperimentazioni di presa in carico integrata a livello territoriale per rispondere ai bisogni delle famiglie, in termini di benessere ed in condizioni di prossimità, avvalendosi anche di prestazioni professionali diversificate ed introducendo nuove figure e modalità di lavoro, quali quelle dell’Infermiere di Famiglia.

Il legislatore Lombardo ritiene che questa nuova figura professionale potrebbe contribuire ad affrontare il tema della Continuità Ospedale-Territorio offrendo continuità di presa in carico delle fragilità e delle cronicità all’interno di un modello che prevede la presa in carico globale della persona e della famiglia, la corresponsabilizzazione degli attori del sistema, l’integrazione di politiche e risorse, l’ottimizzazione dell’organizzazione territoriale e la promozione del terzo settore. La valorizzazione delle esperienze in atto nel territorio, che hanno introdotto la figura dell’Infermiere di Famiglia è auspicata anche dal settore famiglia e politiche sociali Lombardo (vedi circolare n. 1 del 15/01/2014 - Settore famiglia).

Di notevole importanza per l’introduzione nel sistema sanitario regionale di questa nuova figura è l’ultima proposta di legge regionale: "Evoluzione del sistema socio-sanitario lombardo" approvata con DGR X / 3021 del 16/01/2015 che all’articolo 9, prevede: “Tra le figure sanitarie componenti l’Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) è identificato l’infermiere di famiglia al quale sono demandate anche le funzioni di collaborazione e di raccordo tra i medici di medicina generale e le altre articolazioni territoriali sociosanitarie per accogliere e accompagnare il paziente e la sua famiglia nella scelta più appropriata rispetto al bisogno espresso e le opportunità della rete di offerta territoriale”.

L’evoluzione degli accordi politici ha portato, agli inizi di maggio 2015, al maxiemendamento sottoscritto dai Capigruppo di Maggioranza, interamente sostitutivo del Titolo I del Progetto di Legge 228, approvato dalla Giunta e divenuto testo di riferimento per i lavori della Commissione III Sanità e Politiche Sociali. Questo emendamento modifica l’art. 9 prima citato prevedendo al punto 10: “ A seguito di apposito provvedimento della Giunta regionale, nell’ambito delle UCCP può essere prevista l’attività di “case management” per assicurare la collaborazione e il raccordo tra i medici di medicina generale e le articolazioni territoriali sanitarie e sociosanitarie, per accogliere e accompagnare la persona e la sua famiglia nella scelta più appropriata rispetto al bisogno espresso e alle opportunità della rete di offerta territoriale sanitaria e sociosanitaria, anche in capo ad un infermiere quale “infermiere di famiglia”. La modifica è sostanziale perché si passa dall’istituzione certa dell’infermiere di famiglia ad una mera possibilità della nascita di questa figura che sarà istituita con apposito provvedimento della Giunta regionale.

Inoltre, è probabile che il potenziamento delle cure primarie, sia attraverso l’istituzione delle UCCP, sia attraverso l’introduzione della figura dell’infermiere di famiglia (a fronte di un aumento del livello di servizio alla utenza ) potrebbe generare una maggiore spesa. Si ipotizza una cifra importante, ma che potrebbe essere, almeno in una quota significativa, reperita:
• utilizzando le risorse provenienti dalle cure primarie (vedi la quota variabile destinata al collaboratore di studio e infermiere professionale);
• una parte dalle cure domiciliari attualmente erogate dalle ASL (attività che in parte sarebbe garantita dall’infermiere di famiglia):
• una parte dalla ricollocazione iniziale del personale infermieristico che opera nei diversi ambiti ospedalieri e territoriali.

Inoltre, se si tiene conto anche dei risparmi che si avrebbero in termini di riduzione dei costi per le prestazioni oggi erogate dai MMG (PIP, ADP e ADI), riduzione delle giornate di degenza con la possibilità di dimissioni precoci, riduzione dei costi per l’assistenza domiciliare infermieristica (voucher), ecc; l’inserimento di questa figura non sarebbe un grande dispendio di risorse, anzi poterebbe concorrere ad una riduzione complessiva dei costi.

In attesa della realizzazione di quanto previsto nelle linee di indirizzo Regionali è interessate anche il progetto proposto dal Coordinamento dei Collegi degli infermieri Lombardi, che ipotizza l’accreditamento degli Infermieri di Famiglia quali erogatori di prestazioni/servizi previsti dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). I collegi IPASVI Lombardi già da tempo hanno aperto un confronto con esperti e politici per promuovere in Lombardia, l’Infermiere di Famiglia inviando, in data 25 maggio, al Presidente III Commissione Sanità e Politiche Sociali Dott. Fabio Rizzi alcune proposte emendative dell’ultimo documento. L’intervento legislativo non è una nuova iniziativa solo Lombarda, infatti vi è una proposta di legge anche in Regione Lazio (Proposta di legge regionale n.89 del 17 ottobre 2013) ed un Disegno di legge nazionale (N. 1727 comunicato alla presidenza del senato il 20 dicembre 2014 presentato da Sen. Simeoni e altri).

Bisogna però sottolineare che un nodo cruciale da sciogliere è il rapporto tra questa figura professionale e i Medici di Medicina generale. In uno studio descrittivo condotto presso la ASL di Monza (Distretto di Seregno) su un campione di 104 MMG il 95,5% (63 MMG su 66 di coloro che hanno risposto al questionario anonimo) ritengono che questa figura professionale possa giovare alla popolazione. Secondo questi medici l’Infermiere di Famiglia potrebbe, infatti, migliorare la compliance della persona assistita (22,5 %), pianificare, attuare, e valutare i risultati dell’assistenza infermieristica (21,4%), favorire il rapporto con il MMG (16,2%), favorire l’adesione ai programmi di follow up (14,5%), facilitare l’accesso ai servizi sanitari e sociali, quali ambulatorio ospedale, comune, servizi di volontariato (14,5%), attuare programmi di prevenzione (6,9%), assumere il ruolo di case manager infermieristico (3,5%).

La maggior parte dei MMG (89,4%) ritiene che non vi sia nessuna preoccupazione da parte loro rispetto all’inserimento di questa nuova figura professionale. Solo una piccola parte, il 9,1% ha affermato, al contrario, di essere preoccupata per il fatto di poter subire un invasione di campo, sottolineando che qualsiasi novità porta inevitabilmente qualche preoccupazione, soprattutto quando viene ad interferire con la gestione del proprio lavoro. Gli stessi medici si auspicano che vi sia chiarezza sui ruoli.

Il percorso iniziato che vede protagonista la Regione Lombardia i Medici di Medicina Generale, i Collegi IPASVI fa pensare ad un nuovo modello della presa in carico e delle cure primarie che vede un interesse maggiore al territorio e alle fragilità delle persone anziane. Ad oggi non è dato sapere se questa figura professionale sarà inserita in modo definitivo nella legge regionale lombarda di riforma del sistema sanitario, ma se questo avverrà è evidente che il sistema sanitario regionale lombardo ancora una volta sarà un modello di riferimento in Italia.
 
Dott. Antonino Zagari
Dirigente Amministrativo ASL Monza e Brianza
Professore a contratto Università Milano Bicocca Insegnamento - Organizzazione della professione infermieristica 


02 giugno 2015
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