Toscana. Ruolo infermieri non sia delegato ad altre figure
di Roberto Romano
04 MAR -
Gentile Direttore,
alla fine i nodi sembrano venuti al pettine. I nodi di una sanità regionale gestita, a tutti i livelli, da amministratori miopi e, spesso, non all’altezza della situazione. Dopo quella che ad occhi disattenti poteva sembrare solo un’uscita poco felice da parte del governatore della Toscana Rossi ecco che arrivano le precisazioni a mezzo stampa. C’è davvero di che tremare, e c’è da farlo più come cittadini che come operatori sanitari. Come infermiere sento parlare di razionalizzazione della spesa da quasi vent’anni, da quando cioè esercito la professione.
Ne sento parlare soltanto, appunto, perché di vera razionalizzazione ne ho vista davvero poca. In questi ultimi giorni, dopo la giusta levata di scudi di collegi IPASVI e sindacati, ho spesso sentito parlare di “spinta corporativistica” da parte degli infermieri. Sarebbe davvero una novità. Sempre in questi venti anni ho visto, nella sanità regionale, vari tipi di spinte corporativistiche arrivare da più parti. Mai ho visto spinte di questo tipo da parte degli infermieri. Al contrario ho visto gli infermieri dover lottare, come è successo anche di recente per il sistema 118, per poter mantenere il loro ruolo nei servizi a tutela della cittadinanza e, certamente, della propria professionalità. Forse proprio in casi come questo la regione ha subito, e come infermieri siamo contenti di aver “dato una mano” per scongiurare il pericolo, una VERA spinta corporativistica.
Non mi soffermerò su quanto già detto, anche autorevolmente, da molti colleghi, da sindacalisti e da qualche esponente della professione medica, sulla differenza tra Operatori Socio Sanitari ed Infermieri. Salta agli occhi, però, l’evidente difficoltà della politica regionale a conoscere profondamente le risorse in campo e le professionalità da queste espresse. Non mi soffermerò neppure sulla diagnosi di burn-out, formulata dal Dr.Rossi, su tanti colleghi che lavorano nei servizi. Se la diagnosi è corretta, magari per molti lo è non certo per loro demerito, Rossi si domandi anche come tutelare questi operatori, migliorando le loro condizioni di lavoro e implementando dei servizi ad hoc a loro rivolti invece di paventarne la sostituzione con altri “più giovani”.
In questo quadro desolante risalta l’assoluta incapacità di avere una visio di sistema che focalizzi davvero i problemi e che fornisca delle soluzioni. Nessuno discute sulla evidente necessità di tagliare gli sprechi. Nessuno obietta sulla opportunità di razionalizzare strutture e personale impiegato. Il presidente Rossi però ci spieghi, e spieghi sopratutto ai cittadini, se i reparti chiusi ubiquitariamente in regione lo sono stati per decisione degli infermieri. Basta fare una banale ricerca su Google per risalire indietro anche di molti anni e trovare più o meno gli stessi titoli di giornale: “reparto chiuso per mancanza di infermieri”. Davvero, oggi, il presidente Rossi vuole farci credere che il problema sia un esubero di infermieri? Ci saremmo aspettati da Rossi di sentire parlare di territorio, dove a nostro parere dovrebbe essere concentrata tanta attenzione da parte dei vertici regionali. Vorremmo parlare, finalmente, di infermiere di famiglia. Vorremmo farlo non per spinta corporativistica ma per dare un servizio vero ai cittadini della regione. Il presidente Rossi è a conoscenza di quanti pazienti, magari novantenni, sono costretti a lasciare le proprie case, a volte nel cuore della notte su di una ambulanza (che per inciso costa, così come costa l’accesso al DEA), per farsi sostituire un catetere vescicale in un pronto soccorso? Chi non vuole questa figura? A quale spinta corporativistica sta cedendo la regione quando decide di non implementare un ruolo che esiste nella maggior parte degli altri paesi con ottimi risultati in termini di costobeneficio?
Leggo da “La Nazione” di oggi che Rossi afferma: “Quando si resta al pronto soccorso più di quanto si dovrebbe è perché non c’è un rapporto fluido tra i posti letto ed il pronto soccorso stesso”. Sono d’accordo ma ritengo, sperando che lo sia per motivi di semplificazione mediatica, l’analisi troppo superficiale. Mi piacerebbe sentire parlare di appropriatezza degli accessi al pronto soccorso, di buon funzionamento della medicina di base e di continuità, di formazione degli operatori, di capacità ricettiva dei DEA e di idoneità delle strutture, di ricettività dei reparti a monte dei DEA (guarda caso, molti chiusi o fortemente ridimensionati proprio a causa della mancanza di infermieri che adesso scopriamo in esubero o sostituibili da figure tecniche). In parole povere,
Direttore, mi piacerebbe sentire parlare di VERA razionalizzazione. Al contrario, parlando nei termini utilizzati da Rossi, vedo soltanto una deriva, già segnalata da alcuni esponenti politici, verso la sanità privata. Non resta che sperare che le vere spinte corporativistiche non arrivino da quella direzione. Gli infermieri, Direttore, sono pronti ad ascoltare e a dare il loro contributo per migliorare il sistema ma in nessun caso accetteranno che il loro ruolo sia delegato ad altre figure, che non possono esercitarlo, a causa di un taglio indiscriminato e miope sul bilancio sanitario regionale.
Roberto Romano
Infermiere
Consigliere Collegio IPASVI Firenze
04 marzo 2015
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