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Tra riforme mancate e cause in Tribunale. La battaglia per l’infermiere di famiglia

di Andrea Bottega

25 GEN - Gentile direttore,
il problema del sovraffollamento dei Pronto Soccorso oramai non è più una questione emergenziale ma di sistema. Già nel febbraio 2012 il Nursind aveva denunciato con un comunicato stampa le difficoltà dei servizi di emergenza-urgenza che si trovavano a gestire durante la stagione invernale un iperafflusso di richieste di prestazioni che, forse per la gran parte, potevano trovare risposte altrove o potevano essere prevenute se i pazienti fragili e cronici fossero seguiti, anche dal punto di vista assistenziale, adeguatamente.
 
In quell’occasione come sindacato, nel fare una critica ai deficit di assistenza dei servizi territoriali, proponemmo l’istituzione della figura dell’infermiere di famiglia quale figura di raccordo tra struttura ospedaliera e il luogo di cura familiare, un professionista capace di gestire i bisogni assistenziali dei pazienti fragili, cronici e affetti da malattie degenerative ed in grado di recepire prontamente se non anche anticipatamente i bisogni di salute di una comunità.
 
A settembre 2012 il governo Monti varò un decreto legge (decreto Balduzzi), convertito poi in legge 189/2012, contenente “disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute”. Il primo articolo di tale provvedimento interessava il riordino dell’assistenza territoriale (AFT aperte 24h al giorno per 7 giorni, unità complesse di cure primarie) e tentava di tamponare il taglio dei posti letti delle strutture ospedaliere attuato qualche mese prima da altre “disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” più note come spending review (legge 135/2012).
 
Che questo “più alto livello di tutela della salute” conseguente alla “invarianza dei servizi ai cittadini” si sia realizzato qualche dubbio ci rimane. Il taglio dei posti negli ospedali c’è stato anche se, a nostro parere, il taglio maggiore è avvenuto sul personale. Mi spiego. Sicuramente c’è stata qualche chiusura di unità operativa e riconversione di strutture per acuti ma “i posti letto” non sono scomparsi, sono riapparsi in altri luoghi e con altri nomi.
 
Per la maggior parte si sono trasferiti dall’ospedale al territorio, il quale, in mancanza di risorse umane ha demandato l’assistenza alle badanti e ai parenti (significativa è stata la delibera dell’Emilia Romagna sulla formazione del personale laico per l’assistenza infermieristica territoriale da Nursind portata all’attenzione del pubblico dibattito) con la conseguenza che in mancanza di assistenza professionale non si è riusciti a gestire pienamente tali pazienti a domicilio.
 
Gli altri posti “letto”, tagliati sulla carta, sono riapparsi nelle strutture ospedaliere sotto il nome di “barelle” lungo i corridoi o, anche nelle regioni virtuose del nord, con il nome di “posti letto bis” dove il “bis” non sta per due ma per unità anche superiori alla decina. A fronte di questo taglio o spostamento virtuale si è proceduto alla rideterminazione delle dotazioni organiche che sono state calcolate sul numero teorico tanto che in diverse realtà il tasso di occupazione dei posti letti è oltre il 100%! Il carico di lavoro è divenuto così grave che parte dell’assistenza è tralasciata e le condizioni per esercitare la professione sono sempre più difficili.
 
Qualche anno fa, nel proporre una soluzione, finora non provata, di istituire l’infermiere di famiglia per dare una maggiore risposta ai bisogni nei luoghi di vita, Nursind esponeva una critica al servizio offerto dai medici di medicina generale. L’ordine dei medici della provincia di Lucca  ha citato in giudizio Nursind e il suo segretario nazionale per una richiesta di risarcimento di danni patrimoniali che avrebbero subito a seguito di alcune affermazioni ritenute lesive della sfera morale e della reputazione dei medici di famiglia contenute nel comunicato stampa del 25 febbraio 2012.
 
In data 20 gennaio 2015 il giudice del Tribunale di Lucca rigettava il ricorso e condannava l’Ordine di Lucca a rimborsare le spese di lite.
È parso chiaro il tentativo da parte dell’Ordine dei medici di Lucca di ostacolare l’azione sindacale che fonda la proposta dell’infermiere di famiglia.
 
Ebbene, tranquillizziamo tutti ribadendo che Nursind non si fa intimorire e non demorde, come dimostrano le numerose proposte avanzate a livello regionale su tale tema. Cosi scrive il giudice nella sentenza: “emerge in maniera ancor più evidente come il sindacato Nursind abbia esercitato legittimamente il proprio diritto di critica per propugnare una proposta di intervento legislativo in favore della creazione e/o promozione della figura dell’infermiere di famiglia, allo scopo di decongestionare i pronto soccorso degli ospedali dall’elevato numero di pazienti con c.d. “codice bianco” e di dar vita ad una figura professionale di raccordo con la struttura ospedaliera, il medico di base e specialista e il distretto socio sanitario.”
 
Se gli ordini servono a pagare le spese legali di liti inconcludenti sarebbe l’ora di chiederci se sono enti che servono ai cittadini e alla comunità professionale oppure se sono enti di cura …degli interessi di parte.
 
Andrea Bottega
Segretario nazionale Nursind

25 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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