Competenze infermieristiche. Promuovere ruolo infermiere in famiglia accanto a Mmg
di Rocco Vergine
31 DIC -
Gentile direttore,
leggendo gli articoli di
Quotidiano Sanità con costanza ed interesse, ho riscontrato che negli ultimi mesi, alcuni medici rappresentanti dei MMG si sono espressi pubblicamente e negativamente sulle ipotesi al vaglio del governo per "Le competenze avanzate degli infermieri". Al contrario non sono mancati i pareri di rappresentanti sindacali degli infermieri che hanno ribadito la loro posizione a riguardo.
Mi permetto di intervenire al dibattito come Infermiere e sulla base della esperienza sul campo e senza pretese di raggiungere consensi di alcun genere .
Quanto si evince è al quanto svilente da parte di Rappresentanti della categoria Medica che attribuiscono agli Infermieri la definizione di “piccoli pseudo-Medici” a basso costo, e con competenza insufficiente a sostituire nelle sue mansioni il Medico di Medicina Generale.
Ma a me non risulta che nell'ipotesi del documento nessuno abbia mai scritto che gli Infermieri vogliono fare i Medici e nessuno dei rappresentanti della categoria infermieristica (Ipasvi e Sindacati) si è mai permesso di mettere in discussione l'egregio lavoro dei Medici.
Altresì però i rappresentanti degli infermieri non possono affermare che la nostra professione sia l'unica a risolvere i problemi del Ssn.
Quanto invece dimostra l'evidenza è che mi preme precisare è che di sicuro la professione Infermieristica, è cambiata, come il percorso di studi e come lo stesso ambito delle competenze.
Lo stesso decreto 739/94 sulla determinazione del profilo professionale dell’infermiere rappresenta una pietra miliare nel processo di professionalizzazione dell’attività infermieristica. Esso riconosce l’infermiere responsabile dell’assistenza generale infermieristica, precisa la natura dei suoi interventi, gli ambiti operativi, la metodologia del lavoro, le interrelazioni con gli altri operatori, gli ambiti professionali di approfondimento culturale e operativo, le cinque aree della formazione specialistica (sanità pubblica, area pediatrica, salute mentale/psichiatria, geriatria, area critica). Questo è quanto deve interessare gli infermieri nell'esercizio professionale e i Medici nel rapporto di integrazione.
Il profilo disegnato dal decreto 739 è quello di un professionista intellettuale, competente, autonomo e responsabile nell'ambito dell'assistenza.
Nulla a che vedere con il sacrosanto ruolo del medico, che non ha certo bisogno di precisazioni.
Altro fondamentale aspetto da precisare sono i cambiamenti che si sono verificati nella società negli ultimi vent’anni che hanno influenzato i bisogni sanitari aumentando il bisogno di assistenza a livello ambulatoriale e domiciliare (Centers for Disease Control and Prevention [CDC], 2003). L’indice di invecchiamento della popolazione in Italia è notevolmente aumentato passando dall’8,2 % nel 1951 al 18,7% nel 2001 e al 19,8% nel 2005. Una previsione statistica recente prospetta che tra circa 35 anni gli anziani saranno il 33,6% del totale della popolazione.
Con l'aumento degli anziani ci sarà una esponente fragilità per cui I bisogni di assistenza sanitaria di questa componente sono prioritari,complessi e richiedono significativi investimenti, sia professionali che finanziari, da parte delle istituzioni sanitarie in quanto soggetti a malattie multiple e invalidanti. Inoltre, l’aumento di malattie croniche quali ipertensione, che colpisce il 31% della popolazione italiana, mentre il 17% è borderline (Giampaoli et al, 2002), il diabete, l’obesità e la diminuzione della qualità della vita (Goulding et al, 2003), stanno determinando un crescente bisogno di servizi di salute territoriali. Inoltre, a livello sociale si sta presentando una situazione complessa: la famiglia che non riesce a far fronte alle esigenze dei propri membri affetti da patologia, molte comunità che vivono in situazioni di degrado ed emarginazione, contesti che devono fronteggiare, in una generale crisi del “walfare state”, un aumento continuo della domanda assistenziale e della spesa socio-sanitaria (Valéry, 2006). L'elevato numero di codici bianchi nei nostri pronto soccorso dimostra come il servizio offerto sul territorio non sia ancora adeguato ed efficiente, fino all’estremo parossismo: il cittadino spesso preferisce aspettare ore al pronto soccorso pur di ricevere una prestazione che, evidentemente, non riesce a trovare altrove. Non solo: il fenomeno delle “riammissioni”, ossia di persone che rientrano più volte nella struttura ospedaliera, comprova i buchi sul territorio.
A mio parere quello che preoccupa alcuni medici, pochi in realtà, è la paura di perdere il potere dell'immagine Medica ma nessuno degli infermieri vuole questo.
Ogni infermiere è chiamato a fare il massimo per garantire le cure mediche insieme a tutti i professionisti.
La realtà odierna dimostra che un MMG massimalista non riesce più a gestire i pazienti perchè i bisogni delle famiglie sono cambiati e per questo motivo è necessario che l'integrazione con altre professioni e l'associazione in gruppi sia sempre più intensa e sul territorio si deve puntare all'Infermiere che lavora in Adi (assistenza domiciliare integrata) e in comunità residenziali ove questo ultimo può e deve comunicare e intervenire nelle priorità assistenziali delle famiglie,identificare le criticità, progettare, gestire ed essere garante di un'articolazione integrata di reti che comprendono interventi domiciliari, semi residenziali e residenziali e favorire la partecipazione del cittadino nella gestione del SSN (vedi Federazione IPASVI, 2012-2013).
Per esperienza posso affermare con sicurezza che I problemi delle persone assistite sul territorio sono multidimensionali e richiamano approcci multidisciplinari e multiprofessionali e a volte è difficile definire a priori a quale professione appartengono alcuni risultati. Un sistema sanitario orientato ai migliori esiti dovrebbe costantemente perseguirli e misurarli per capire, successivamente, quale varianza dei risultati dei pazienti sono spiegate dalla quantità e qualità del personale coinvolto. Pertanto emergono come priorità lo sviluppo delle competenze del “team di comunità” e, a seguire, la selezione e applicazione di indicatori che documentino gli esiti prodotti.
Oggi, esistono problemi di comunicazione e di rapporto con i medici di famiglia e i professionisti sanitari e c’è una carenza di collegamento con gli altri Servizi territoriali e con la struttura ospedaliera nel suo insieme. Di fronte a questi scenari è importante che i sistemi professionali si interroghino facendo chiarezza sui punti fondamentali che sono scaturiti da una consultazione di 24 diversi Paesi internazionali:
• Accordo sulla necessità del ruolo dei professionisti sanitari su come il nuovo ruolo contribuisce all'avanzamento del sistema sanitario;
• Sostegno umano e finanziario per standard appropriati di formazione;
• Accordo su aspetti inter e intra professionali e chiarezza sulle considerazioni etiche e legali legate al ruolo.
Dall'analisi delle esperienze in ogni nazione o contesto, l’infermiere ha adattato la propria pratica alle necessità della comunità e delle famiglie che ne fanno parte, fornendo un servizio flessibile e dinamico in grado di far fronte ai bisogni, diversi da stato a stato, da regione a regione, da comunità a comunità.
Emerge Che è richiesto un ruolo doppio: di difesa del pubblico ma anche della professione. Questo porterà l'Infermiere a sentirsi a proprio agio, allo stesso livello nella collaborazione confidente con il team multidisciplinare assieme ad altri professionisti della salute. Questo percorso sostenuto dalla motivazione darà forza, empowerement alla professione e sarà in grado di dimostrare chiaramente il contributo dell’assistenza infermieristica per il sistema sanitario e la società (Thompson, 2003). Certamente, le resistenze al cambiamento e sistemi sanitari burocratici o rigidi possono limitare l'espansione di nuovi ruoli ma le innovazioni necessitano di fiducia e di impegno.
Per me, promuovere il ruolo dell’infermiere in famiglia accanto al MMG, può essere determinante per la sostenibilità del SSN, ma il presupposto affinchè possa funzionare è che tale figura sia correttamente compresa, con una chiara visione del ruolo e un chiaro mandato, adeguata formazione post- base e una motivazione personale sostenuta da opportuni meccanismi organizzativi e di riconoscimento professionale e dal supporto di un’adeguata rete di assistenza infermieristica.
Per cui Noi Infermieri Per dirlo con le parole di Grossman (2000): “dobbiamo essere preparati per una formazione avanzata, imparare a convivere con le ambiguità per riuscire a trasformare i problemi in soluzioni”.
Allora, cosa si può fare?
Occorre mettere in campo la volontà politica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il raggiungimento degli obiettivi citati. L'Infermiere non può e non deve più aspettare nascondendosi dietro agli ostacoli di carattere economico, normativo e organizzativo. Mentre i medici a loro volta devono preoccuparsi anche loro su come intervenire nei prossimi scenari.
Non saranno di certo le competenze avanzate per gli infermieri a sottrarre i medici dal loro ruolo nel Ssn. Come Infermiere auspico nel fare squadra tra professionisti con ruoli diversi per affrontare al meglio le prossime sfide della Salute sul territorio.
Vergine Rocco
Infermiere di Modena
31 dicembre 2013
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