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Nomenclatore Tariffario, uno strumento anacronistico e pericoloso

di Vincenzo D'Anna

14 NOV -

Gentile direttore,
il Ministero della Salute ha di recente reso nota una nuova proposta di nomenclatore tariffario per remunerare le prestazioni di specialistica ambulatoriale erogate dalle strutture private accreditate e dalle aziende ospedaliere di rilevanza nazionale. Il "pagatore" è lo Stato, ossia le Regioni attraverso le Aziende Sanitarie competenti per territorio. Tra le prestazioni previste figurano anche quelle di Medicina di Laboratorio: circa duemila diverse tipologie che spaziano dalla Patologia Clinica fino a quelle determinate negli specifici settori specializzati annessi al laboratorio di base. In particolare, per quanto concerne il comparto di laboratorio, si registrano, sia per le tariffe sia per lo stesso nomenclatore, importanti novità dovute all’introduzione di nuove determinazioni analitiche.

Pertanto, rientreranno nel novero dei livelli essenziali di assistenza (LEA), ossia delle prestazioni gratuite da fornire all’utenza anche altri esami diagnostici. È questo il caso di prestazioni riferite alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) ed alla diagnosi genetica di patologie rare. Per quanto riguarda, invece, le tariffe vere e proprie, si registra, sì un aumento delle medesime rispetto a quelle previste nel "vecchio" nomenclatore adottato il 26 giugno del 2023, poi sospeso dal Ministero, ma sono comunque in calo rispetto a quelle attualmente vigenti!! Un taglio ulteriore alla remunerazione delle prestazioni di Laboratorio già soggette a riduzione per ben due volte consecutive, la prima del 20% rispetto a quelle adottate nel lontano 1998 (Decreto Bindi) e la seconda, nel 2012, del 30% con il Decreto Balduzzi.

Insomma, la spesa di laboratorio, pur essendo poco incidente, (0,56 % della spesa totale), viene presa di mira la fine di contenere la spesa nel segmento della specialistica ambulatoriale (sic!!) . La pervicacia di questa impostazione al ribasso da parte del legislatore, per quanto produca poco o nulla in termini di risparmio, è espressione di una distorta visione della programmazione sanitaria che si trascina nel tempo per una sorta di immotivato pregiudizio contro la pletora di laboratori di analisi, operanti nel meridione, che con basse tariffe di remunerazione dovrebbero esser costretti ad aggregarsi. Insomma, un espediente da adottare per raggiungere lo scopo di razionalizzare sia la spesa che l’offerta di prestazioni. Tuttavia, questo metodo induttivo piuttosto gravido di incognite e di approssimazione si è trasformato in una verità scientifica maturata per “sentito dire”.

Tutto questo non porta né benefici in termini di risparmio, né razionalizzazione di spesa, a parità di qualità delle prestazioni erogate. Il pregiudizio nasce dalla malintesa considerazione che nei laboratori l’avvento della meccanizzazione e della automazione del processo di determinazione analitica possa sortire effetti miracolosi e politiche di risparmio consistenti. Nulla di più sbagliato!! Se è vero, infatti, che la fase analitica può godere dei vantaggi dell’automazione è pur vero che la fase preanalitica e quella post analitica hanno subito un cospicuo aumento dei costi e che nel complesso anche il totale delle spese è aumentato, oltre alle materie prime ed alle utenze. Insomma, le economie di scala realizzabili nella fase analitica vera e propria sono state, in buona parte, assorbite dall’adeguamento, a questi processi, della fase che li precede (pre analitica) e che li succede (post analitica).

Per dirla tutta: la filiera produttiva deve adeguarsi nel suo complesso e non può rimanere la medesima a monte ad a valle della fase centrale automatizzata ed apportatrice di risparmi. Se aggiungiamo che l’accreditamento definitivo delle strutture accreditate passa attraverso l’osservanza di nuovi vincoli e requisiti di qualità richiesti dal legislatore, ecco che il risparmio complessivo, a parità di qualità della prestazione, non è tale da compensare i tagli introdotti nel tariffario. Questo significa, in soldoni, che viene compromessa la qualità delle prestazioni erogate. In disparte a tutto questo c’è da considerare un altro fattore determinante nell'equa determinazione delle tariffe che è quello dovuto all’errore sistemico di calcolo con il quale si determinano i valori tariffari. L’errore è quello di presumere che in un processo complesso dal punto di vista tecnologico ed organizzativo, con ambiti di lavoro (settori specializzati) e diverse figure professionali presenti al suo interno, sia possibile riuscire a calcolare la tariffa per ogni singola "analisi" di laboratorio.

L’Italia è l’unica nazione che determina in quel modo la tariffa prendendo spunto dall’analisi dei costi e dei ricavi rilevati presso strutture, in prevalenza a gestione statale e di grandi dimensioni, ovvero con grandi volumi di prestazioni erogate. In siffatte strutture oltre ad essere incerti i costi effettivi (mancanza di bilanci analitici), mancano anche i dati relativi ai ricavi, perché in molti dei laboratori pubblici presi a campione il pagamento non avviene a tariffa ma a piè di lista, ossia per quello che sarà il costo complessivo del funzionamento, mantenimento e dell’adeguamento della struttura, nella quota parte della spesa complessivamente sostenuta che riguarda il laboratorio. In un ospedale il laboratorio non ha una sua specifica rendicontazione dei costi e dei ricavi ma costituisce solo un addendo dei costi sostenuti per il funzionamento della struttura ospedaliera, ossia dei reparti funzionanti nello stesso nosocomio. Insomma, affermare che i calcoli sui costi così determinati sono approssimativi, se non aleatori, non ci allontana molto dalla verità.

In Francia, ad esempio, viene determinato un pagamento per specifico protocollo diagnostico terapeutico, ossia a DRG: il medico pone lo specifico quesito diagnostico (la patologia che sospetta debba essere accertata) ed il sistema esegue determinate ed appropriate indagini analitiche già determinate specificamente e complessivamente. Un percorso diagnostico prestabilito per ciascuna patologi, si evitano (e si azzerano i costi) degli gli esami inutili oppure incongruenti. Il costo degli esami inseriti nel protocollo sarà comprensivo delle indagini previste, ossia dal protocollo stabilito per quella specifica patologia. La cosa curiosa è che nel nuovo nomenclatore tariffario proposto dal Ministero questa modalità è già stata indicata per gli esami di laboratorio di Genetica e Biologia Molecolare nel mentre rimane per tutte le altre categorie di esami analitici.

Un sistema ibrido quello adottato che non consente neanche di calcolare preventivamente il tenore dell’impatto economico sulla singola struttura!! Occorrerebbe quindi omologare un unico sistema di remunerazione e dotarsi anche di un osservatorio sui prezzi e sulle casistiche che sono più frequenti nelle richieste di accertamenti da parte del medico curante. Quindi serve lavorare meglio (e di più) su queste nuove metodologie di calcolo previsionale per evitare che l’insufficienza delle tariffe venga pagata con la scarsa qualità delle prestazioni rese agli utenti. Uno Stato che non riesce ad imporre alle Regioni l’osservanza delle leggi in materia di riorganizzazione della rete dell’offerta di prestazioni di laboratorio - legge risalente al lontano 2006 - non può permettersi poi il lusso di indirla con altri mezzi come il taglio della remunerazione, con tariffari farlocchi, pericolosi per la qualità ed anacronistici nel metodo di calcolo.



Vincenzo D'Anna
Presidente Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi (Fnob)



14 novembre 2024
© Riproduzione riservata

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