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Il Nirsevimab e l’Autonomia Differenziata  

di Carlo Zocchetti 

26 SET - Gentile Direttore,
in un intervento sul suo giornale di lunedì 23 settembre 2024 Marco Geddes da Filicaia commenta il caso del farmaco Nirsevimab contro la bronchiolite ritenendolo un antipasto di cosa sarà l’autonomia differenziata. Tre sono gli esempi che Geddes prende in esame: la circolare del Ministero della Salute che vieta alle Regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario la somministrazione del farmaco; le dichiarazioni del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana (“Noi vogliamo fare una campagna vaccinale ma non possiamo anche se abbiamo le risorse perché non rientra nei Lea. Per quale motivo non possiamo farlo? Non chiediamo un euro a nessuno”); il differente atteggiamento che le singole regioni hanno assunto per quanto riguarda il citato farmaco.

A commento dei tre esempi Geddes, che immagino non sia favorevole alla autonomia differenziata, conclude: “la circolare non mi ha stupito; anzi l’ho trovata benefica nel farci toccare con mano l’ideale (o l’ideologia) che sottende alle attuali proposte di Autonomia”. Ed aggiunge: “Mi ha invece ovviamente indignato perché fa carta straccia della nostra Costituzione”.

Non entro nel merito della faccenda Nirsevimad, e concordo con Geddes che i tre esempi da lui sollevati inducono ad avere una negativa visione di cosa si sta intendendo con autonomia differenziata ma, essendo io (al contrario di Geddes) favorevole all’ipotesi di autonomia differenziata, ritengo che i tre esempi riportati rappresentino solo una immagine errata di come si debba intendere l’autonomia.

Ma non è di autonomia differenziata che voglio parlare bensì vorrei entrare nel merito del commento che chiude la lettera di Geddes (“Mi ha invece ovviamente indignato perché fa carta straccia della nostra Costituzione”), e lo faccio con gli esempi che seguono.

- Da quando è stata attivata la metodologia di valutazione dei LEA un numeroso gruppo di regioni (e quasi sempre le stesse) viene bocciato, e tra quelle promosse nessuna raggiunge il punteggio massimo: quindi in nessuna regione è completamente garantita l’erogazione dei LEA;

- Visto che a causa dei lunghi tempi di attesa un cittadino è costretto a ritardare (o rinunciare ad) una cura essenziale o a doverla comperare con proprie risorse aggiuntive vuol dire che l’erogazione dei LEA lascia a desiderare (cioè non sono del tutto erogati);

- Il fenomeno della migrazione sanitaria secondo il quale per mancanza di adeguata offerta di servizi essenziali si è costretti a migrare anche fuori dalla propria regione è un altro segnale che l’erogazione dei LEA non è garantita;

- La carenza in parecchie regioni di molte delle attività LEA che ricadono nel capitolo prevenzione dice che queste attività essenziali difettano nella erogazione;

- La mancanza (o insufficienza) di offerta, soprattutto di servizi sociosanitari essenziali (vedi il capo IV dell’ultimo Dpcm - 12.1.2017 – che ha definito i LEA), che si osserva in particolare nelle regioni del sud, è un altro dei segnali che l’essenzialità non è garantita;

- Le diverse regole sui ticket in vigore nelle diverse regioni, in base alle quali i cittadini di diversi territori contribuiscono in maniera differente per ricevere la stessa prestazione essenziale inducono a chiedersi che ne è del principio di uguaglianza;

- Ed infine (ma solo per ragioni di brevità) ci sono molti segnali che anche la seconda parte dell’art. 32 della Costituzione (garantire “cure gratuite agli indigenti”) lascia molto a desiderare nella sua realizzazione, soprattutto se pensiamo alle moltissime attività sociosanitarie residenziali e semiresidenziali per le quali è richiesto al cittadino un contributo economico (anche sostanzioso) senza che sia prevista qualche tipo di esenzione per reddito.

Come si vede dagli esempi, in sanità siamo di fatto, e da decenni, in un regime che viola sistematicamente il dettato costituzionale, ma queste palesi violazioni evitiamo di metterle in relazione con il dettato dell’art. 32 perché “indignazione” e “carta straccia della nostra Costituzione” sono epiteti che vengono indirizzati solo alla autonomia differenziata in discussione (e, aggiungo io perché non è il caso della lettera di Geddes, alle lamentele sul ruolo del privato in sanità).

Mi perdonerà Marco Geddes se ho preso la sua lettera come pretesto per agganciare ad un fatto concreto le mie considerazioni (in altre parole, non ce l’ho con lui): mi è servita solo per ricordare a tutti che se vogliamo parlare seriamente (e senza ideologia) di ridurre la Costituzione a carta straccia non lo dobbiamo fare perché il futuro (secondo Geddes) potrebbe riservarci una autonomia differenziata che non permette di garantire i requisiti indicati dall’art. 32 della nostra Magna Charta, ma lo dobbiamo fare perché è il presente che ce lo chiede, perché è nel (lungo) presente che la Costituzione non è applicata (carta straccia), perché è il presente che smentisce le garanzie previste dall’art. 32. Non voglio dire che il futuro non è di interesse ma il futuro lo dobbiamo ancora costruire (ed in questo ben vengano le preoccupazioni di Geddes), e il futuro non può essere ridotto al tema (per quanto importante) della autonomia differenziata, perché ben più ampie, numerose, ed estese sono le offese di oggi al dettato costituzionale.

Abbiamo bisogno di attivare un percorso di rifondazione del Ssn, di ridiscutere ed aggiornare i principi che lo reggono ma che sono spesso disattesi, di far fronte alle nuove sfide che ci pone la demografia ridisegnando anche il concetto di Livelli Essenziali di Assistenza: per quanto necessario non è sufficiente un riaggiustamento (una riforma) di alcuni importanti aspetti del Ssn (il personale, la medicina territoriale, le risorse, i tempi di attesa, …), occorre un vero e proprio percorso di rifondazione.

Carlo Zocchetti
Ricerche e Studi in Sanità e Salute sas (Gallarate, VA)

26 settembre 2024
© Riproduzione riservata

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