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Case della Comunità: strada in salita, ma sosteniamo il cambiamento

di Mirella Silvani

24 LUG -

Gentile direttore,
siamo a metà del lavoro e del tempo per la realizzare le strutture e l’organizzazione delle Case della Comunità, il punto di riferimento centrale sul territorio per le persone con bisogni di salute sanitari e sociosanitari e da più parti registriamo voci critiche, distinguo e sottolineature di ciò che manca e non funziona.

Da osservatrice e come rappresentante di una professione fortemente sollecitata e presente nel percorso di costruzione del nuovo sistema di assistenza territoriale, ritengo necessario sostenere il cambiamento mettendo in luce ciò che va nella direzione giusta per evitare ripensamenti e battute di arresto.

Anche le Linee di indirizzo di AGENAS per l’attuazione del modello organizzativo delle Case della Comunità hub vanno viste in questa prospettiva traendone gli elementi positivi. E questo, naturalmente, non vuol dire che vada tutto bene e non ci siano punti critici e aggiustamenti da mettere in campo.

Sicuramente con le Linee sono stati riaffermati l’approccio, i contenuti e i principi del DM 77/22 fondamentali per un reale cambiamento di paradigma del sistema sanitario nazionale post pandemia e che a distanza di due anni correvano il rischio di perdere centralità. Parliamo di: prossimità dei servizi e dei professionisti, accesso unico, lettura integrata, multidimensionale e multiprofessionale dei bisogni sanitari, sociosanitari e sociali, definizione in percorsi di presa in carico e accompagnamento delle persone in relazione alla loro situazione. Tutto questo viene ripreso insieme all’altro elemento sostanziale da cui il nome Casa della Comunità: la riapertura dei luoghi della salute - dopo anni di esclusione - alla cittadinanza e al territorio.

Perché questo è un aspetto positivo’? Perché è cruciale porre attenzione che questi elementi non vengano ancora una volta accantonati, superati dalla logica prestazionale, esclusivamente sanitaria e ospedalocentrica, che da decenni fa funzionare il nostro SSN e che si annida ancora in molte organizzazioni e nell’approccio di diversi professionisti.

Il documento AGENAS fornisce indicazioni cogenti rispetto alle CdC nel momento in cui diverse Regioni, terminata la costruzione dei muri, stanno organizzando le attività, disegnando un quadro molto frammentato. Quello che emerge dalla rilevazione dello stato di realizzazione delle Case della Comunità nel Paese non sono rassicuranti: vi sono velocità diverse, ma anche scelte organizzative differenti che in alcuni casi rischiano di rallentare il raggiungimento - entro il 2026 - degli obiettivi stabiliti a livello normativo a garanzia dell’uguaglianza di accesso ai servizi e di miglioramento delle risposte ai bisogni di salute.

Infatti i dati del Monitoraggio fase 2 concernente l’attuazione del DM n. 77/22 rilevati da AGENAS al 30/06/2023 ci dicono che a quella data delle 1.450 CdC da attivare, ne risultavano funzionalmente attive solo 187 con alcuni, e sottolineo alcuni, servizi di quelli previsti fruibili.

Accanto a questo dato, sul versante dell’integrazione sociosanitaria, la rilevazione effettuata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali con la collaborazione dei Consigli regionali dello stesso Ordine, sull’implementazione dello standard relativo alla presenza dell’assistente sociale nell’equipe multiprofessionale minima, sempre al 30/06/ 2023, rappresentava un processo ancora in divenire, con poche Regioni nelle quali veniva dichiarata la presenza dell’ assistente sociale nella CdC in diversi di questi casi afferente all’ente locale e non al SSN.

Quindi, in un quadro così in divenire, con luci ed ombre originate in molti casi da decisioni territoriali, ritengo che le Linee di indirizzo di AGENAS siano intervenute con indicazioni utili per sostenere e rafforzare l’attuazione dell’integrazione sociosanitaria nei processi interni oltre che nelle relazioni esterne alle Case della Comunità.

Interessante e per nulla scontato quanto è scritto per l’attività di assistenza primaria e continuità assistenziale che è erogata da un’équipe multiprofessionale principalmente costituita da Medico di ruolo unico di assistenza primaria,/PL, dallo Specialista ambulatoriale, dall’IFoC , dall’assistente sociale del Servizio Sanitario nazionale e dall’assistente sociale dell’ente locale , riconoscendo nei percorsi di cura la funzione dell’assistente sociale nella doppia specificità : sociosanitaria interna all’organizzazione sanitaria e socioassistenziale afferente al Comune o dell’Ambito territoriale.

Una specificità rafforzata anche con la precisazione nell’elenco del personale minimo per la CdC hub che l’assistente sociale è del SSN, professionista sociosanitario, che nell’ambito dell’equipe, agisce non solo come “referente delle risposte ai bisogni sociali” come scritto nel DM 77/22, ma svolge la valutazione degli aspetti sociali che influiscono sui bisogni di salute, legge le risorse e le problematiche presenti in un dato territorio e si occupa della promozione di risposte comunitarie e partecipate . Non solo quindi interviene nella costruzione di progetti personalizzati, ma a livello organizzativo , insieme agli altri professionisti dell’equipe, definisce protocolli e percorsi che richiedono azioni congiunte tra sistema sanitario e sociosanitario e sistema sociale degli ATS/enti locali.

Certo è che un solo assistente sociale del SSN è del tutto insufficiente e il limite è posto nella disposizione del Decreto ministeriale che le Linee di indirizzo di AGENAS non possono modificare. Su questo punto sarà l’operatività che darà ragione alle richieste di potenziamento dello standard di personale che da più parti vengono avanzate.

In conclusione, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, gli spazi per sviluppare un’azione professionale per gli assistenti sociali sono stati meglio definiti nella Linee di indirizzo e il modello organizzativo descritto, se applicato, dà la possibilità all’assistente sociale di agire le proprie competenze nel proporre e nel collaborare a progetti per la salute della popolazione, a partire da quella più fragile e con bisogni sociosanitari più complessi.

Una strada in salita? Si, ma non per questo da non affrontare.

Mirella Silvani

Vicepresidente Cnoas, referente Sanità e Salute



24 luglio 2024
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