Le carceri, i suicidi e le persone
di Pietro Pellegrini
24 LUG -
Gentile Direttore, nel 2024, al 16 luglio 2024, sono 58 i suicidi avvenuti in carcere e 6 tra gli agenti della polizia penitenziaria. Come noto il suicidio è un evento “sentinella” cioè un evento avverso particolarmente grave in quanto comporta la morte della persona ed è, almeno potenzialmente, evitabile. Essendo un fenomeno complesso e multifattoriale richiede un’approfondita verifica di tutti i fattori di rischio e di protezione, la messa in atto di un piano comprendente azioni organizzative, strutturali, formative e comunicative.
I problemi in ambito detentivo sono ampiamente noti. Nonostante l’intervento del Presidente della Repubblica, le prese di posizione delle Camere Penali, dei Garanti e le dichiarazioni dei diversi studiosi del diritto ed esponenti politici, non si trova una via condivisa per affrontare il tema. Occorre avere la consapevolezza che occorre attuare una serie di interventi di sistema, puntuali e continuativi nel tempo.
In Commissione giustizia è in corso la discussione sul decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto carcere) e altre misure molto importanti, come le disposizioni per la liberazione anticipata, lo saranno a breve.
Un elemento interessante del citato decreto è la previsione di aprire strutture residenziali per l’accoglienza e il reinserimento sociale delle persone detenute previa l’istituzione di un apposito elenco presso il Ministero della Giustizia. Ne potranno beneficiare le persone che hanno i requisiti per l’accesso alle misure penali di comunità ma non in possesso di un domicilio idoneo e in condizioni socio-economiche non sufficienti per provvedere al proprio sostentamento. L’obiettivo dovrebbe essere quello di fornire non soltanto servizi di assistenza ma anche di riqualificazione professionale e reinserimento socio-lavorativo.
Una previsione utile che richiede forte raccordo con Prefetture, Comuni e i territori per i documenti, la casa e il lavoro. Ciò è essenziale per risolvere problemi e dare prospettive ai percorsi di vita prioritari rispetto alla logica del posto, generare speranza e futuro rispetto al vuoto e alla noia.
In fase attuativa è auspicabile la creazione di piccole comunità per l’inclusione sociale, in linea con la proposta di legge n. 1064/2023 sulle Case Territoriali di Reinserimento Sociale, orientate alla personalizzazione e a risolvere i problemi sociali. Quindi non costruire strutture grandi meramente detentive che ben presto verrebbero ad essere luoghi di espiazione, emarginazione e disperazione. L’investimento previsto per il 2024 è di 7 milioni di euro con i quali potranno essere ammessi alle misure alternative circa 250 persone. Rispetto all’insieme della popolazione detenuta non si tratta di un grande numero ma è importante cominciare.
Nel corso della discussione parlamentare sono comparsi emendamenti che lasciano molto perplessi come l’istituzione delle “REMS di primo livello” in ambito detentivo sulla linea di altre proposte come quella di creare “Servizi sanitari specialistici psichiatrici”. Credo che il tema della salute mentale negli Istituti di Pena debba essere affrontato con analisi e dati a partire dalla situazione esistente e dalla dotazione di personale e risorse. A questo proposito l’attenzione va posta sulle sezioni Articolazioni Tutela Salute Mentale (Atsm) attive in 32 istituti penitenziari. Sono in tutto 34 sezioni (29 maschili, 5 femminili) e vi sono ospitati 261 uomini e 21 donne.
Una dettagliata analisi andrebbe fatta anche per i percorsi territoriali delle persone autrici di reato e le REMS prima di differenziarle ex lege in “alta” e “media” sicurezza. Tenendo conto delle rilevanti differenze regionali gli interventi potranno essere più adeguati, efficaci ed efficienti.
La collaborazione interistituzionale è fondamentale per promuovere salute, sicurezza e il reinserimento sociale secondo un modello diffuso di comunità che superi il paradigma custodiale in favore del paradigma del prendersi cura multimodale e multiprofessionale.
Visto il continuo aumento del sovraffollamento potrebbero essere presi in considerazione provvedimenti come indulto, amnistia, misure alternative in deroga, modifiche alla legge sulle droghe, esteso il rinvio facoltativo della pena (Corte costituzionale n. 279 del 2013). Nonostante gli impegni del precedente Governo persiste il problema delle donne detenute con figli piccoli (al 30 giugno, le detenute madri con figli al seguito sono 23, i bambini sono 26) che potrebbe essere risolto con Istituti a custodia attenuata per detenute madri (ICAM) o ancor meglio con Case Famiglia o Co-housing. Anche l’applicazione della sentenza 10/2024 della Corte Costituzionale su diritto all’affettività e sessualità, alle relazioni stenta a decollare.
Pietro PellegriniDirettore Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma
24 luglio 2024
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