Gentile Direttore,
l’appropriatezza è indispensabile per rendere sostenibile un Servizio Sanitario Nazionale equo e universale, come, d’altra parte anche qualsiasi altro sistema assicurativo. Se nel mercato la regola è “a ognuno secondo come sceglie” e in un sistema collettivo “a ciascuno secondo i suoi bisogni”, in un servizio pubblico la regola è “a ognuno secondo i suoi diritti”. Per essere sostenibile il SSN, deve affidarsi per le entrate alla fedeltà fiscale, per le uscite ad uno strumento di efficacia, efficienza, equità ed economicità come l’appropriatezza.
È proprio il concetto di centralità della persona e della tutela della sua salute che in un certo senso impone quella aziendalizzazione del SSN da tanti vituperata, senza una proposta alternativa che non sia quella demagogica ed insostenibile del “tutto a tutti”. Se si vuol dare il necessario a tutti bisogna eliminare il superfluo e mettersi d’accordo di cosa sia necessario e cosa sia superfluo, stabilendo quell’odiato confine chiamato appropriatezza. Procedere con appropriatezza significa anche accettare un grado di rischio, un livello di sicurezza e un margine di errore, ineliminabili in qualsiasi algoritmo decisionale. Nessuno, anche con una minima esperienza professionale, può negare l’assenza di un netto confine tra normalità e patologia e che la distinzione tra appropriatezza e inappropriatezza è statistica e probabilistica per il paziente “medio” degli studi clinici, ma stocastica e casuale per il singolo individuo. Qualsiasi medico, anche il più scientifico come me, non può negare che l’inappropriatezza è il miglior placebo per la rassicurazione del paziente e calmare l’ansia diagnostica e terapeutica del medico.
Il Ministero della Salute definisce l’appropriatezza come “un intervento sanitario (preventivo, diagnostico, terapeutico, riabilitativo) correlato al bisogno del paziente (o della collettività), fornito nei modi e nei tempi adeguati, sulla base di standard riconosciuti, con un bilancio positivo tra benefici, rischi e costi”.
Sono definizioni che non tengono conto dell’assioma di dover operare in condizioni di incertezza e della necessità ineluttabile di condividere e stabilire il grado di rischio accettato e il livello di sicurezza desiderato a livello individuale e collettivo. Non si può ragionare senza aver prima preso questa decisione, se realmente vogliamo aiutare il medico nella sua attività. Il medico deve decidere secondo il diritto del malato e l’interesse della collettività dell’art.32 della Costituzione, i principi di universalità, uguaglianza, equità del Servizio Sanitario Nazionale, secondo la scienza e coscienza del Codice Deontologico, secondo le linee guida e le buone pratiche assistenziali della legge 24/2017 sulla responsabilità professionale, secondo la corretta informazione della legge 219/2017 sul consenso informato.
Franco Cosmi
Medico Cardiologo - Perugia