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Le politiche ambientali faranno aumentare il prezzo dei farmaci? 

di Adriano Pistilli

16 MAG - Gentile Direttore,
il settore farmaceutico non vive un momento roseo: il Covid e la guerra in Ucraina hanno assestato duri colpi; basti pensare ai pesanti aumenti del costo dei carburanti, ma anche dell’energia, che è andato a incidere pesantemente soprattutto sulle medie-piccole imprese specializzate in prodotti low cost. Hanno rischiato l’out of stock anche i materiali di confezionamento e imballaggio. Oppure pensiamo alle difficoltà nell’approvvigionamento di alcune materie prime, come il Palladio o l’Ammoniaca, che provengono proprio dalle regioni interessate dal conflitto.

A tutto ciò potrebbe aggiungersi anche un “colpo ambientale”. Ad aprile il Parlamento Europeo ha adottato l’accordo raggiunto con il Consiglio nel gennaio 2024 sulla revisione delle norme dell'UE in materia di gestione delle acque e di trattamento delle acque reflue urbane.

Ad oggi gli impianti di depurazione non riescono a trattare i farmaci a causa della mancanza del “trattamento quaternario”: ovvero filtri a carboni attivi o Advanced Oxidation Processes (processi di ozonizzazione, processi di Fenton o foto-Fenton, processi catalitici e foto-catalitici, processi con H2O2, raggi UV e processi con Ultrasuoni).

La tutela dell’ambiente è fondamentale ma ancora una volta le industrie farmaceutiche potrebbero essere danneggiate. Con la futura entrata in vigore della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), le aziende farmaceutiche e cosmetiche dovranno finanziare per almeno l’80% l’introduzione del trattamento quaternario per la rimozione dei microinquinanti (che però provengono da tutti i settori industriali).

Secondo l’Agenzia Tedesca per l’Ambiente, le stime dei costi annuali solo in Germania sono comprese tra 885.000.000 euro e 1.025.000.000 euro, che sono solo di poco inferiori ai costi stimati dalla Commissione Europea (1.213.000.000 euro per l’intera Europa). Poiché la Germania rappresenta meno del 20% della popolazione totale dell’UE, ciò implicherà un costo effettivo per l’intera popolazione UE da 4.425.000.000 a 5.125.000.000 euro.

La Direttiva non considera la complessità o la potenziale impossibilità di sostituire i prodotti farmaceutici con prodotti “più ecologici”.

La Direttiva dovrebbe determinare le tariffe EPR in base ai volumi e/o alla pericolosità, senza considerare il fatturato, come raccomandato nello studio di fattibilità della Commissione.

Se applicato su base volumetrica, lo schema EPR costerebbe il 30% del valore netto dell’intero mercato dei farmaci generici. Lo studio di fattibilità della Commissione ha riconosciuto che l’impatto sul prezzo della tassa EPR potrebbe arrivare fino al 45% per il Paracetamolo.

Ad esempio, i produttori di Tamoxifene, un importante medicinale antitumorale utilizzato nel trattamento di alcune forme di tumore al seno venduto a pochi euro, potrebbero subire un duro colpo. Basti pensare che già in Germania il farmaco scarseggia.

Nel frattempo, i farmaci orfani più costosi in Europa, che vengono venduti a decine di migliaia di euro, non subiranno in modo rilevante le tariffe EPR a causa dei loro bassi volumi di vendita.

In poche parole, se applicata la EPR su base volumetrica, i farmaci di largo consumo e basso prezzo potrebbero subire (in virtù dei grossi quantitativi venduti) un significativo aumento dei prezzi; mentre prodotti orfani con prezzi rilevanti saranno soggetti a tariffe EPR quasi nulle.

Nulla vieta che le industrie farmaceutiche potrebbero decidere di sospendere la produzione di alcuni farmaci di largo consumo e basso prezzo con disagio per l’utente.

E’ auspicabile un tavolo di confronto tra le istituzioni europee, i tecnici ambientali e l’industria farmaceutica per trovare una via comune per garantire sia la tutela dell’ambiente sia le casse dell’industria farmaceutica. Meglio confrontarsi prima di produrre danni.

Dott. Adriano Pistilli
Responsabile Tecnico Gestione Rifiuti

16 maggio 2024
© Riproduzione riservata

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