Gentile Direttore,
per dovere di chiarezza e rispetto di sintesi, proverò a rispondere sia all’articolo di Mara Tognetti e di Roberto Polillo sia a quello di Nunzia Boccaforno, punto per punto, nella convinzione che si possa davvero addivenire a una riflessione che si basi da dati ufficiali e da principi di realtà. Mi preme, innanzitutto, rilevare come io non abbia mai fatto riferimento alcuno alla qualità della classificazione contenuta l’Annuario statistico del Ministero della Salute, ma alla necessità di riportare i dati ivi contenuti, senza alterarli.
Nell’Annuario è, infatti, chiaramente riportato che in Emilia-Romagna e in Toscana le Case di cura sono, rispettivamente, 48 (di cui 45 accreditate con il Servizio sanitario nazionale) e 26 (di cui 21 accreditate con il SSN).
Tabella pagina 59, Capitolo 5 “Strutture di ricovero pubbliche e private accreditate”, Annuario statistico del Servizio Sanitario Nazionale, Anno 2021
Sostenere, dunque, che “la presenza di strutture private accreditate sia […] completamente assente” nelle due regioni non corrisponde a quanto riportato nel documento del Ministero della Salute è semplicemente una affermazione non veritiera.
Non si tratta, quindi, di inadeguatezza della tassonomia ministeriale: quando si commentano dei dati e lo si fa pubblicamente è opportuno verificare a cosa essi facciano riferimento.
Nell’Annuario è specificato che la percentuale del 25% di posti letto accreditati riguarda, esclusivamente, le Case di cura e non gli altri istituti di diritto privato.
E, sì – diversamente da quanto sostenuto da Polillo e Tognetti - siamo noi che siamo interessati a commentare quei dati a doverci “fare carico” di una corretta lettura e trasposizione se vogliamo orientare il dibattito pubblico sulla base di assunti validi e verificati.
In secondo luogo, la circostanza che la struttura sia o meno dotata di pronto soccorso dipende dalla programmazione regionale e non da scelte imprenditoriali.
I grandi istituti di diritto privato, a partire da quelli che effettuano l’attività di più alta complessità, sono sovente, dotati di pronto soccorso, nelle regioni che consentono che ciò possa essere possibile.
L’assenza di un pronto soccorso, inoltre, non esclude che i pazienti, dopo ingresso in PS pubblico, vengano trasferiti, una volta stabilizzati, nelle strutture di diritto privato per la conseguente attività di ricovero: al contrario, si tratta di un fenomeno diffuso e generalizzato.
La complessità della casistica, tra l’altro, prescinde dalla natura elettiva o meno della prestazione.
Per tornare proprio all’esempio dei due autori, la gestione clinica-organizzativa del politrauma ha un “peso” (che esprime l’assorbimento di risorse) più che doppio dell’intervento programmato di protesi d’anca e, conseguentemente, la remunerazione riconosciuta per il carico assistenziale della prima fattispecie è oltre due volte quella della seconda.
Nella successiva parte dell’articolo sono combinate diverse asserzioni, non direttamente verificabili, a volte riguardanti un caso specifico e altre un intero comparto, in una fallacia logica, oltre che statistica che va dal particolare al generale.
Sicuramente è discutibile che si parli di ripiano dei bilanci rispetto a una struttura no-profit, il Policlinico Gemelli, quando di default le strutture di diritto pubblico sono sistematicamente compensate di tutte le inefficienze e gli sprechi (quelli noti e anche quelli che non è dato conoscere).Per quanto riguarda, poi, il contributo della Dott. Boccaforno - del quale apprezzo l’onestà intellettuale nel riconoscere il ruolo essenziale della componente di diritto privato all’interno dell’attuale assetto sanitario - desidero confortare i lettori sul fatto che i dati riportati per l’ultimo anno disponibile (ovvero il 2020) sono validi in quanto, perfettamente, sovrapponibili a quelli degli anni pre-pandemici.
Anche nel 2019, infatti, le strutture associate AIOP riportano un indice di case-mix superiore al valore di riferimento, mentre quelle di diritto pubblico registrano un risultato inferiore, con un gap ancora maggiore rispetto al 2020.
Non è chiaro, infine cosa si intenda per assistenza territoriale del privato accreditato: i citati indicatori di esito del PNE sono proxy della qualità delle cure primarie e indicano le ospedalizzazioni potenzialmente evitabili attraverso una adeguata presa in carico da parte del territorio e non la gestione ospedaliera di complicanze di patologie croniche.
Se si sta parlando del sistema - tutto da costruire - di assistenza territoriale, oltre a ribadire la disponibilità del privato a un pieno coinvolgimento nelle cure primarie e intermedie, ricordo che lo stesso PNRR non sembra prevedere alcun ruolo della nostra componente.
Si tratta, in quest’ultimo caso, di un “vero” tema, meritevole di una riflessione condivisa e di un dibattito che sappia guidare scelte politiche lungimiranti.
Per il resto, non c’è alcun “attacco personale” ma l’accorato appello a liberarci di stigmi che troppo spesso guidano le nostre interpretazioni della realtà.
Barbara Cittadini
Presidente nazionale AIOP