Gentile direttore,
è da oltre mezzo secolo che l'Italia fa i conti con la cosiddetta "fuga dei cervelli", una drammatica emorragia di brillanti intelligenze e di preziose competenze che, una volta formatesi nelle nostre università, vanno a rendere ancor più prospera e rigogliosa l'economia e la società dei Paesi che le accolgono, in larga misura europei.
E, per quanto un'esperienza di studio, di ricerca e/o professionale (anche e soprattutto in campo biomedico) all'estero possa tradursi, quantomeno in linea di principio, in un'operazione positiva e virtuosa per tutti quei Paesi che "esportano" Donne e Uomini di Scienza, la "conditio sine qua non" affinché ciò avvenga e' che le competenze acquisite in terra straniera vengano spese in patria successivamente al rientro dei diretti interessati.
Questa purtroppo non e', come risulta ben noto, la situazione riguardante l'Italia, che molti, troppi studiosi e professionisti (anche e soprattutto in ambito biomedico) continuano ad abbandonare per non farvi più ritorno, complici im primis le remunerazioni salariali, assai inferiori rispetto a quelle dei Paesi ospitanti, fattispecie che le detrazioni fiscali già annunciate dal precedente Governo miravano tuttavia a mitigare.
Errare Humanum est Perseverare Autem Diabolicum!
Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università degli Studi di Teramo