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Mendicanti di senso nell’odierna notte del mondo

di Bruno Agnetti

18 SET - Gentile Direttore,
i finanziamenti in sanità sono necessari. Non sono comunque mai sufficienti. Le manovre sono ininfluenti se si pensa di far fronte alla “questione medica” e alla sua relazione con l’evoluzione sociale con gli strumenti economici. Conteggi e stime derivano per lo più da valutazioni amministrative e da esigenze di apparato e non da bisogni assistenziali.

Nella situazione sanitaria territoriale attuale può esserci ancora spazio per poter restaurare quell’unità olistica della medicina di base che il tempo e le controriforme hanno lacerato? Le comunità degli assistiti saranno in grado di ispirare i propri professionisti di riferimento incoraggiandoli verso la “resistenza alla disgregazione culturale” che progetta l’annullamento, per consunzione, della medicina generale territoriale?

La filosofia sociale contemporanea considera che il futuro della medicina di base possa essere simboleggiata da un “bicchiere mezzo pieno” se si considerano le opportunità culturali, sociali, cognitive, scientifiche e anche di ritorno economico ma lo stesso bicchiere viene descritto come completamente vuoto se vengono considerate le capacità dell’attuale organizzazione piramidale regionale ed aziendale di cogliere queste opportunità.

Il sistema sanitario appare come un potere più che un servizio. La potestà è in grado di camuffarsi sotto forme cordiali/amicali rendendo l’egemonia invisibile ed inattaccabile. Molti sanitari sono sedotti dall’affabilità delle Alte Dirigenze o degli Assessorati senza rendersene conto. Questa modalità sistematica di dominio minaccia la capacità dei professionisti di resistere.

L’alleanza con i cittadini e gli assistiti, meno stregati dalle parole magiche e confuse delle aziende/assessorati, diventa una strategia indispensabile per i mmg se vogliono riconquistare “autorevolezza” e autonomia. La medicina generale non ha ancora subito le lusinghe della privatizzazione massiva e quindi può diventare il terreno per una radicale innovazione in senso completamente pubblico. E’ necessaria però una netta discontinuità e una alternativa nei confronti delle esperienze amministrative pregresse e delle recenti normative progettuali che hanno abbondantemente dimostrato la loro dissonanza cognitiva in merito alla salute e all’assistenza considerato ene comune.

Alcuni concetti neoliberisti (globalizzazione) continuano a sostituire molti termini tradizionali collegabili all’agire medico: azienda, produzione, debiti e crediti ECM, le offerte formative (richiamano quelle dei super mercati), prodotti, risparmio, incentivi, concorrenza, documenti “venduti” come riforme, investimenti (anche di emozioni e sentimenti), capitale umano, distretti (come quelli industriali), comitati di indirizzo, tavoli pre-giudiziali e autocentrati, gruppi di progetto…

L’aziendalizzazione sanitaria oltre a palesare una triste mancanza di fantasia comporta il rischio di mercificare relazioni e scambi. In questo disegno ogni limite viene considerato un ostacolo: il pensiero critico, l’approfondimento culturale, la partecipazione e l’autonomia nel processo decisionale del volontariato dedicato, l’abolizione del controllo centralizzato… Come ogni prodotto anche il mmg diventa un bene utilizzabile (paradossalmente si offre spontaneamente come servo volontario a causa di un fatalismo introiettato derivato da cattivi ammaestramenti): la professionalità si dissolve nel calcolo del peso utilitaristico e nella strategia del consenso.

Il professionista non allineato con una sanità di apparato/amministrata viene sistematicamente annullato tanto che, in certe situazioni, si osa addirittura paventare la dipendenza dei mmg come “punizione” per quei mmg che si permettono di non introiettare il pensiero unico (violenza economica?). Non avrai altra organizzazione al di fuori di quella aziendale nella quale la logica di mercato, economicistica e finanziaria furoreggiano pur essendo dogmi senza nessuna tenuta epistemica. L’infinita possibile varietà culturale creata dall’ auto-organizzazione non viene considerata una opportunità o un valore.

Nei documenti più in voga di agenzie, gruppi, istituzioni è difficile trovare, per quanto riguarda la medicina di famiglia, riferimenti alle autorevoli indicazioni dell’Associazione Mondiale dei medici di famiglia/Base (Wonca) così come risulta arduo trovare “valori” in grado creare solide motivazioni. Molti invece sono i capoversi che si preoccupano in modo quasi ossessivo di normative amministrative/finanziarie/di controllo. Le contraddizioni presenti negli elaborati dimostrano la debolezza intellettuale ed etica sulla quale si fondano.

Nulla si è modificato: crisi economica, inflazione, malagestione, covid, consociativismo, governance, oligarchia, DM77, PNRR, “spiegoni” in merito a Case della Comunità, Ospedali di Comunità, distretti, meritocrazia, nuovi acronimi… le incoerenza e le antinomie sono incrementate e un considerevole numero di giovani professionisti viene curiosamente capeggiata da pensionati ex Direttori Generali, ex Direttori Sanitari, ex Direttori Amministrativi, come se le nuove leve non potessero più osare un pensiero autonomo ed innovativo.

L’Italia dei comuni potrebbe riservare grosse sorprese a fronte di alcune esperienze esotiche che popolano le bibliografie di numerosi articoli. Nei secoli XII, XIV e XV l’Italia era uno dei paesi più progrediti del mondo tanto che proprio in quel periodo nasce l’Umanesimo grazie alle condizioni culturali e sociali create dalle città-stato italiane. Il Welfare di Comunità, quello vero, si rifà proprio alla filosofia culturale sociale ed organizzativa dei comuni. Anche negli anni Sessanta l’Italia procedeva spedita con un PIL a due cifre (come quello cinese di un po’ di tempo fa) e come ricordano gli economisti allora c’erano molti imprenditori privati, spesso possedendo la sola licenza elementare ma pochissimi manager. Qualche valore storico i nostri territori possono vantarlo e proporlo come garbato modello organizzativo per le cure primarie territoriali.

La meritorietà ha un valore di molto superiore alla meritocrazia autoreferenziale e consociativistica, è rivoluzionaria perché non è massificante e rifugge la mediocrità progettando futuri alternativi alla narrazione dominante che sostiene l’intrasformabilità e l’inevitabilità di un eterno presente.
La cultura (di un mmg che non si abbandoni alla disperazione e che ricerchi una alleanza con i propri assistiti) sostiene la strategia della resistenza per i “mendicanti di senso nell’odierna notte del mondo” a fronte dell’insensatezza divenuta norma ufficializzata.

Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV

18 settembre 2023
© Riproduzione riservata

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