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Liste d’attesa truccate. Gli imbrogli si fanno strada perché c’è un problema di fondo

di Sergio Calzari

18 SET - Gentile Direttore,
la notizia che 26 fra medici e infermieri “truccavano” le liste di attesa per favorire l’esecuzione di esami e visite ai loro familiari e amici ha, giustamente, causato scandalo nell’opinione pubblica.

La notizia dei sanitari “taroccatori di liste di attesa” comunicata in titoloni assieme alla notizia dei tempi non rispettati nel 29% delle liste controllate dai NAS (3884 liste totali controllate), potrebbe far credere, al lettore disattento, che la colpa di tutto ciò ricada proprio nella disonestà di chi dovrebbe mettersi dalla parte dei malati.

Quello che dovrebbe in realtà destare scandalo, secondo il parere del sottoscritto, non dovrebbe essere la disonestà di uno sparuto gruppetto di sanitari, quanto il fatto che quei sanitari abbiano dovuto truccare le liste di attesa per favorire le visite di familiari e amici.

Quello che dovrebbe scandalizzare è che nel nostro sistema sanitario nazionale, il sistema sanitario di un paese che si autodefinisce avanzato, vi siano così tante carenze funzionali e di personale da non garantire una presa a carico adeguata dei suoi cittadini più fragili.

Bisognerebbe dunque interrogarsi quale posto fragilità e la malattia occupano nella scala dei valori dello Stato Italia. Un servizio sanitario dovrebbe essere costruito attorno al cittadino, dovrebbe comprenderne i bisogni e le necessità. Il nostro sistema sanitario millantato per essere uno dei migliori al mondo è in realtà è solo molto democratico; infatti chiunque ci ha a che fare deve percorrere una strada piena di barriere architettoniche e di difficoltà. Tanto che, chi può, si rivolge al privato.

Siamo talmente assuefatti alla malasanità che ormai la notizia che il 30 % delle liste di attesa siano al di fuori dei tempi legali è una non notizia. Chi necessita di un esame o di una visita sa già che dovrà armarsi di pazienza, passare ore ai call center degli ospedali, fare file interminabili ai cup per sentirsi dire che la prima disponibilità è a 6 o 12 mesi. E allora, il cittadino, povero e frustrato, non sapendo che pesci pigliare, fa una capatina in pronto soccorso dove, quantomeno dopo un’attesa di ore e un rimprovero per l’accesso inadeguato, viene visitato. E alle volte la frustrazione è tale da diventare rabbia.

La narrazione secondo cui la colpa di tutto sarebbe la mancanza di personale è assolutamente falsa. Tutti ricordano, prima del Covid, i concorsi negli ospedali pubblici in cui si presentavano migliaia di infermieri speranzosi di accaparrarsi i pochi posti in palio.

E se ora non si trovano medici e infermieri bisognerebbe chiedersi il motivo. Bisognerebbe interrogarsi sull’abbandono della professione, sulla fuga all’estero dei nostri sanitari, sulle scarse immatricolazioni nelle università, sulla necessità di importare medici e infermieri dall’estero o di doverli richiamare dalla pensione.

I vari tentativi di rendere attrattive le professioni sanitarie dando bonus e incentivi di poche decine di euro sono percepiti come ridicoli e offensivi. Ecco allora che ritorniamo alla scala dei valori, dove garantire l’efficientamento energetico degli edifici o dotare la gente di monopattini elettrici è più importante che investire nella sanità.

Speriamo solo di non cadere dal monopattino e di non aver bisogno di cure!!!

Sergio Calzari
Infermiere di terapia intensiva Istituto Cardiocentro Ticino (Lugano)
Ideatore del progetto postintensiva

18 settembre 2023
© Riproduzione riservata

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