Gentile direttore,
un nodo centrale del funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) è rappresentato dal rapporto tra politica e Direzioni Generali delle Aziende. Questo tema è poco toccato nel dibattito attuale sulla crisi del Ssn, prevalentemente centrato su aspetti strutturali come il livello di finanziamento e la politica del personale. Ma se le risorse umane, sia in termini quantitativi che qualitativi, sono essenziali nel condizionare la qualità del Ssn lo stesso si deve dire per il suo apparato manageriale, quello cui compete la responsabilità di tradurre operativamente e organizzativamente nelle Aziende le indicazioni della politica regionale.
Questo tema è stato affrontato in maniera molto stimolante qualche tempo fa qui su Qs da Isabella Mastrobuono da cui riprendo un passaggio e un pezzo delle conclusioni. Il passaggio riprende una sentenza della Corte Costituzionale (19.3.2007, n. 104) in cui si afferma che la figura del direttore generale deve essere tutelata per evitare che la sua posizione di dipendenza funzionale, rispetto alla volontà politica della Giunta regionale, si trasformi in dipendenza politica. Nelle conclusioni Isabella Mastrobuono ricorda che “da anni si parla di distinguere i poteri di indirizzo e programmazione da quelli gestionali (vedi le proposte Fiaso del 2018 del compianto Francesco Ripa di Meana) che consentano, ad esempio attraverso Board o consigli di amministrazione, di condividere scelte programmatorie e di meglio organizzare la risposta gestionale.”
Queste riflessioni mi sono sembrate particolarmente utili nella lettura di ciò che sta avvenendo nella sanità della Regione Marche, realtà esemplare dell’approccio populistico al governo della sanità, essendo la sua Giunta di centrodestra considerata dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni un modello di riferimento tanto che cominciò da Ancona la sua vittoriosa campagna elettorale alle politiche del 2022. Nelle Marche si sono insediati pochi giorni fa i nuovi Direttori Generali delle Aziende e della Regione (Servizio e Agenzia) e contemporaneamente sta per essere frettolosamente approvato il nuovo Piano Socio Sanitario 2023-2025. La parte più significativa del Piano, anzi l’unica significativa, è quella del riordino della rete ospedaliera che aveva fatto da traino alla campagna elettorale del centrodestra con la promessa di non solo mantenere, ma ulteriormente aumentare, la dispersione della rete ospedaliera in barba, letteralmente, al DM 70/2015. Il Piano è coerente con questo programma elettorale, di questo ho parlato ancora una volta di recente qui su Qs e non ci torno.
Mi interessa invece sottolineare come il Piano preveda che siano le Direzioni Generali a definire l’assetto definitivo degli ospedali negli Atti Aziendali, Atti che dovranno tenere in considerazione la dotazione storica di posti letto (che doveva essere riportata in una Appendice al Piano), che potranno rimodulare solo temporaneamente sulla base dei dati di mobilità e dei tempi di attesa per le attività di ricovero. Allo stesso tempo gli Atti Aziendali dovranno tenere conto delle indicazioni normative regionali e nazionali. Non a caso nella conferenza stampa di presentazione dei nuovi Direttori l’Assessore Saltamartini ha affermato che ”Da oggi è completa la squadra dei nuovi dirigenti che dovrà attuare la riforma della sanità marchigiana”.
Proviamo a ricapitolare:
Questa sorta di aneddoto evidenzia in maniera clamorosamente chiara quanto siano pertinenti e urgenti le misure, sollecitate anche da Isabella Mastrobuono, che contrastino questa deriva nella sanità populista verso una trasformazione antropologica del management aziendale ridotto ad alto funzionariato ad altrettanto alto rischio di fare da capro espiatorio rispetto alle responsabilità della politica che nessuno pare a livello centrale sia in grado di (o voglia) controllare.
Claudio Maria Maffei