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I sistemi di valutazione come il P.Re.Val.E. vanno maneggiati con cura

di Cristina Matranga

19 LUG -

Gentile direttore,
il P.Re.Val.E., uno strumento straordinario da “maneggiare con cura”. I dati pubblicati recentemente dal P.Re.Val.E., comunicati alle Aziende il 10 luglio e ripresi da una parte degli organi di stampa meritano qualche precisazione, riflessione e soprattutto un piano di comunicazione che possa accompagnarli e veicolarli all’opinione pubblica.

Partiamo dalla precisazione: per quanto riguarda la Asl Roma 4 - ma ritengo che essa possa estendersi a molte altre Aziende che si collocano al di fuori del perimetro “romano” - si tratta di indicatori che vanno a misurare soprattutto i volumi produttivi, quindi il numero di interventi chirurgici, il numero di protesi impiantate, il numero di parti etc. Questa attenzione ai volumi è legata direttamente alle soglie fissate dal dm 70/2015 e deriva da una solida equazione per cui in sanità la quantità è qualità, o per meglio dire a volumi alti di produzione e prestazioni corrispondono quasi sempre anche standard qualitativi elevati. Tale equazione, assolutamente valida, non è vera però se letta al contrario, o comunque non è sempre vera. O almeno non lo è nel caso della Asl Roma 4, ed in particolare dell’Ospedale San Paolo di Civitavecchia, che vanta un’ottima equipe chirurgica, come confermato dai numerosi e frequenti articoli di giornale (soprattutto della stampa locale che segue con attenzione interventi anche di una notevole complessità) e come sostenuto ad esempio dagli ottimi risultati della nostra chirurgia ortopedica, tra le migliori a livello regionale. Del resto lo testimoniano le valutazioni dello stesso P.Re.Val.E.

Senza assolutamente sottovalutare gli spunti di riflessione (e soprattutto di miglioramento) che il P.Re.Val.E. offre - di assoluto e indiscutibile livello scientifico - occorre però leggerli con questo approccio, accompagnando la lettura con alcune necessarie competenze e conoscenze del sistema sanitario.

Se letti in quest’ottica, non sfuggirà ad esempio che la Asl Roma 4, con una popolazione complessiva di circa 320.000 abitanti, ha una amplissima estensione, e soprattutto conta circa 120.000 abitanti sul distretto 4, che si colloca a nord di Roma, lungo le tre assi viarie della Tiberina, della Cassia e della Flaminia, la cui popolazione inevitabilmente tende a gravitare sulle strutture ospedaliere collocate appunto nella zona di Roma nord, quali ad esempio il S. Andrea, il San Filippo, il Gemelli. Non avrebbe naturalmente alcun senso in termini di programmazione sanitaria proporre ad un cittadino di Fiano Romano, Formello o Sacrofano di venirsi a curare a Civitavecchia o a Bracciano. Piuttosto quello che in questi casi si può (e si deve) fare è costruire percorsi istituzionali interaziendali che aiutino questi cittadini a muoversi verso le strutture romane che gli sono vicine, come si sta facendo proprio nelle ultime settimane grazie ad un protocollo promosso dalla AOU S. ANDREA tra la Asl Roma 4, la Asl Roma 1, e la Asl Roma 5.

Vengo ora alla riflessione: cosa produce un articolo di stampa che sulla base del P.Re.Val.E. assegna “pagelle”?

Produce a mio parere due effetti, entrambi deleteri.

Un primo effetto, per così dire reputazionale: ne emerge infatti una immagine di ospedali “buoni” e ospedali “cattivi” del tutto ingiustificata, che però produce nella popolazione un effetto, altrettanto ingiustificato, di diffidenza se non paura, e che induce a ben vedere una ulteriore mobilità passiva, su presupposti di una cattiva qualità delle prestazioni del tutto non veritieri.

Un secondo effetto, altrettanto se non più deleterio, lo si produce nei professionisti che lavorano nelle aziende non “romane”, i quali, già frustrati per dover percorrere decine e decine di chilometri per raggiungere la propria sede di lavoro (con i costi correlati), si vedono anche restituire - nonostante gli sforzi quotidiani - una immagine del tutto incoerente rispetto all’impegno profuso, e che appanna se non cancella la buona qualità delle prestazioni erogate.

Questo effetto “depressivo” alimenta nei professionisti l’idea che lavorare negli ospedali romani dia maggiore lustro e prestigio alla professione e li incita ulteriormente nel desiderio di tornare a Roma.

Questa conseguenza quindi alimenta ulteriormente proprio quella centralità degli ospedali romani che si vuole combattere.

E dunque si finisce paradossalmente per ulteriormente allargare la forbice tra sanità di serie A e sanità di serie B.

Cosa fare dunque? Oscurare i dati del P.Re.Val.E.? Renderli disponibili soltanto agli addetti ai lavori?

Potrebbe essere una soluzione semplice e a portata di mano ma forse riduttiva.

Sarebbe forse meglio imparare a leggerli e ad accompagnarli con un piano di comunicazione che aiuti i cittadini a comprenderne il senso reale e profondo, aiutandoli ad orientare le proprie scelte in maniera più consapevole.

Faccio un solo esempio: nella Asl Roma 4 stiamo portando avanti un progetto di rilancio del punto nascita costruendo un dialogo solido con il territorio, con i consultori, con le associazioni, con i mediatori culturali, addirittura con la catena CONAD che ha scelto di aiutare con una importante campagna di sconti le famiglie che scelgono di affrontare il momento della nascita dei propri figli restando vicino casa, in un ospedale che non ha nulla da invidiare alle strutture romane e che sta investendo sulla ristrutturazione del reparto di ostetricia. Scegliere di partorire a Civitavecchia significa scegliere di affrontare il percorso nascita vicino casa, con professionisti che seguono tutta la gravidanza ed anche il puerperio, in tutte le sue declinazioni, fisiche, psicologiche ed emotive.

Con la pubblicazione dei dati del P.Re.Val.E. non si vuole certo alimentare la tendenza delle gestanti a partorire lontano da casa, ma si vuole piuttosto dotare la Regione di uno strumento di governo trasparente, sulla base del quale riorientare e migliorare il sistema sanitario del Lazio. Inoltre si vuole fornire alle aziende sanitarie uno strumento operativo di monitoraggio tempestivo della qualità delle cure erogate.

Esso dunque, e con questo concludo, che il P.Re.Val.E. sia uno strumento potentissimo e validissimo, che però bisogna imparare a leggere per non cadere in equivoci che possono sminuirne l’importanza stessa e soprattutto alimentare effetti negativi, sui cittadini e sui professionisti.

In questo contesto gli organi di stampa e di informazione potrebbero e dovrebbero provare a giocare un ruolo più importante, supportando un processo di empowerment dei cittadini, e non al contrario alimentando prospettive infondate di una sanità cittadina di serie A e una sanità periferica di serie B, che non giova purtroppo a nessuno e anzi finisce paradossalmente per aumentare l'iniquità

Cristina Matranga

Direttore Generale Asl Roma 4



19 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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