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Politiche per le famiglie: i consultori questi (forse) sconosciuti

di Barbara Rosina

12 LUG - Gentile Direttore,
la natalità e il sostegno alle famiglie in questi mesi sono temi più volte segnalati dalla politica tra quelli fondamentali per lo sviluppo del Paese, un obiettivo di questo tipo, però, non può essere raggiunto soltanto con gli slogan. Siamo tutti d’accordo che i figli non possono essere un privilegio per i ricchi e crediamo che si debba sostenere con forza ogni intervento che riequilibri le diseguaglianze, contrasti le fragilità e le situazioni di crisi famigliare.

Come assistenti sociali vediamo quotidianamente l’aumento delle situazioni di vulnerabilità delle persone, la rarefazione delle reti di aiuto, l’assenza di punti di riferimento certi e in grado di sostenere nei momenti di difficoltà, tipici della vita di tutti. Non ci soffermiamo sui noti e storici problemi come la mancanza di asili nido, la possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro, i carichi di cura che spesso sono assunti dalle donne e che impediscono loro di mantenere o cercare un lavoro o di fare carriera.

Se si vogliono davvero sostenere le famiglie, e parliamo di tutte nessuna esclusa, non sono sufficienti misure estemporanee di accompagnamento, bonus, assegni erogati in base ai diversi quozienti famigliari, ma occorrono investimenti strutturali in servizi di prevenzione e di supporto alle figure genitoriali. Servizi diffusi sul territorio e prossimi ai contesti di vita con professionisti che accompagnino le persone nelle diverse situazioni di difficoltà, e questo lo dicono i genitori, gli esperti per esperienza, in tutte le ricerche nazionali.

Nulla di nuovo e straordinario, tanto che fin dal 1975 la legge 405 aveva previsto i consultori famigliari.
I loro obiettivi sono, da sempre: la promozione della salute e la tutela del benessere della donna, della maternità e della paternità, l’attenzione alle famiglie, la prevenzione di situazioni di disagio sociale, la presenza di équipe multiprofessionali nelle quali il ruolo dell’assistente sociale, in quanto esperto delle reti sociali e di empowerment personale e di comunità, garantisce non soltanto gli interventi diretti alle persone, ma anche il raccordo con le risorse del territorio e con tutti servizi presenti.

Solo come esempio, secondo la norma, le e gli assistenti sociali dovrebbero intervenire per l’individuazione e gestione di situazioni individuali e familiari di fragilità, il supporto sociale alla presa in carico nelle situazioni più problematiche, il sostegno di donne in gravidanza in situazioni di vulnerabilità sociosanitaria (immigrazione, violenza, disabilità, oncologia, comprese le informazioni sulla normativa di tutela/protezione ecc.) o in situazioni di fragilità tali che richiedono una interruzione di gravidanza.

La nostra professione, quindi, è fondamentale nell’équipe per il raccordo tra servizi del territorio, sanitari, sociosanitari e sociali per le donne e per le coppie, così come per i ragazzi e le ragazze e per la promozione della Salute nell’ambito della Comunità.
I consultori, visti gli obiettivi e gli interventi previsti, devono essere considerati servizi strategici e prossimi alle persone, se si vuol veramente sostenere genitori e natalità.

Ma così non è, e non può essere, come denunciamo noi e tutti i professionisti storicamente coinvolti.
Solo per dare un primo dato, da una indagine preliminare condotta dal Consiglio nazionale dell’Ordine Assistenti sociali con la collaborazione dei Consigli regionali, è emerso un quadro allarmante tanto a livello regionale quanto a livello nazionale.
Partendo dai parametri fissati dal DM 77/2022 - 1 consultorio ogni 20.000 abitanti con la possibilità di 1 ogni 10.000 nelle aree interne e rurali - dovrebbero essere presenti 2943 consultori.

La situazione stimata al 17 maggio 2023 mostra come in Italia siano presenti 1681 consultori, di cui 170 privati: uno scarto di 1262, che equivale a dire che mancano il 43% dei servizi previsti e necessari. Una situazione che riguarda trasversalmente tutte le regioni italiane.
La nostra ricognizione ha fatto emergere come gli assistenti sociali nei consultori siano oggi 868, dovrebbero essere almeno pari al numero dei consultori, 2943. Mancano quindi 2075 professionisti, circa il 70% di quelli che sarebbero necessari per garantire gli interventi, il supporto, la protezione, la prevenzione in modo capillare nelle comunità, anche a fronte delle deleghe degli EELL di funzioni a queste strutture.
Non possiamo non aver ancora capito che se si vuol fare veramente sostegno alle famiglie servono accessibilità e continuità delle cure, dell’accompagnamento e degli interventi.

È fondamentale, se non si fa demagogia strumentale, affrontare la povertà relazionale, educativa, abitativa, la difficoltà del prendersi cura di sé stessi, di prevenire e curare le malattie non può essere un optional. Parlare di interventi a sostegno delle famiglie richiede di investire nell’organizzazione dei servizi territoriali nel nostro Paese, potenziando e valorizzando le équipe ed i professionisti che ci sono e ci dovranno essere in numeri maggiori.
Tutto il resto è chiacchiera da salotto, è propaganda da talk show o demagogia spiccia buona soltanto per giustificare la propria presenza.

Barbara Rosina
Vicepresidente Consiglio Nazionale degli Assistenti Sociali

12 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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