Gentile direttore,
la pandemia da COVID-19 è stato un evento traumatico di rilevante impatto emotivo per la società, per la sanità ma soprattutto per le Persone che rivestono il ruolo di professionisti della salute e che si occupano della cura della persona. I primi infatti ad essere stati colpiti dal trauma, cioè da quell’evento che improvvisamente muta l’ordinario scorrere delle cose, sono stati coloro che lo hanno vissuto nelle “trincee” dei reparti ospedalieri.
È noto che, pur concludendosi l’evento, il trauma provocato continui a vivere nel mondo interiore di chi lo ha subito. Nonostante il tempo (tre anni) trascorso ciò che è stato vissuto è ancora vivo nella psiche di coloro che si sono trovati in prima linea nelle “trincee” ospedaliere. Le narrazioni che ho raccolto sia nel periodo Pandemico che post pandemico, raccontavano e raccontano ancora oggi di sentimenti di paura, di solitudine, isolamento, ma soprattutto angoscia (che spesso si manifestava attraverso somatizzazioni: insonnia, ansia, irrequietezza ).
In tempo di Covid la vulnerabilità e l’umanità dei sanitari si era palesata. L’identità personale del professionista di aiuto, che ha fare con la soggettività dell’essere, sotto la spinta di un tale tsunami emotivo, si è risvegliata e palesata come non mai per sostenere il professionista ad attraversare l’incertezza e il buio che incombeva. La Persona che indossava la divisa (identità professionale), sotto la spinta di una risveglio della dimensione vocazionale e di un enorme adattamento, ha sostenuto il professionista e la sua identità professionale (processo dinamico che si struttura attraverso le esperienze che devono essere integrate).
Marilena Cara
Medico Nefrologo Psicanalista
Socio CIPA abilitata alle docenze e socio IAAP
Formatore di equipe sanitarie e prevenzione del burnout