Gentile Direttore,
come sottolineato in chiusura di una recente Lettera al Direttore redatta dal Dott. Marcello Bozzi, “l’adeguamento curricolare e professionale per gli Operatori di Supporto” permane oggigiorno uno dei temi maggiormente meritevoli di attenzione nell’ambito della costruzione di sanità al passo con i tempi.
Sono trascorsi quasi due anni dalla delibera 305/2021, con cui la Regione Veneto approvava il percorso formativo denominato “Formazione complementare in assistenza sanitaria” per gli operatori socio-sanitari (O.S.S.), e quasi altrettanti dal riconoscimento del loro ruolo socio-sanitario, seppur non tout court nell’ambito delle professioni sanitarie, come sentenziato dal Consiglio di Stato alcuni mesi più tardi.
Attualmente, osservando la quotidianità assistenziale, gli Operatori socio-sanitari sono indispensabili risorse per la sanità pubblica e privata, le quali e i quali spendono la propria attività al fianco dei soggetti più fragili e complessi che popolano reparti ospedalieri di degenza, le lungodegenze e, nondimeno, le residenze sanitarie per anziani (RSA).
L’elemento maggiormente riflessivo è rappresentato dal fatto che, proprio laddove aumenta la complessità assistenziale e cresce la cronicità, tanto maggiore è il tempo, nel corso della giornata, in cui gli assistiti sono affidati alle cure indispensabili degli operatori socio-sanitari giacché la inadeguata proporzione tra i degenti e il personale infermieristico è incrementata a dismisura.
Constatando, altresì, che uno dei temi trattati con preminente urgenza nel mondo della sanità e delle istituzioni, sia proprio la gestione dell’aumento epidemiologicamente rilevante dei soggetti con patologie croniche gravi e degli anziani che si intrecciano in un bandolo complesso, non di patologia, quanto piuttosto di malattia, si deduce come, per affrontare la sfida a parità di risorse numeriche, si possa pensare anche e proprio di puntare su uno sviluppo professionalizzante e formativo per gli O.S.S.
La sfida lanciata dalla Regione Veneto è stata, tuttavia, colta da una ampia percentuale degli infermieri come una provocazione e uno smacco alla professione, in assenza, a personale avviso, di una capacità introspettiva che riconosca il core della propria scientificità, quale la pianificazione assistenziale, che deve precedere e seguire alla pragmatica implementazione delle attività assistenziali, le quali, secondo la normativa e deontologia, possono essere attribuite, laddove (sempre più) necessario, al personale di supporto.
Ribaltando il punto di vista, si può immaginare un mondo, nemmeno troppo lontano, in cui l’infermiere sempre meno eroghi assistenza diretta, bensì promuova la propria figura come regista delle attività di cura, dei percorsi e dei processi assistenziali, soprattutto dove la complessità clinico-assistenziale declina e impenna la complessità socioassistenziale.
Se così sarà, non si potrà tardare, nel breve e medio periodo, a promuovere una serie di cambiamenti che strutturino, anzitutto, un percorso formativo omogeneo sul territorio nazionale, al fine di garantire le necessarie competenze agli operatori di supporto, come richiesto dal MIGEP alla FNOPI già in periodo pre-pandemico.
In aggiunta all’indispensabile e prioritaria riprogrammazione del percorso formativo, he sia omogenea sul territorio nazionale, infine, non sarebbe un virtuosismo istituire un albo degli operatori socio-sanitari, eventualmente presso gli OPI provinciali, al fine garantire al cittadino che ciascun operatore iscritto possieda le competenze minime comunemente condivise, così come accade per tutte le professioni socialmente riconosciute.
La sfida, pertanto, è quantomeno triplice e riguarda gli operatori socio-sanitari stessi, la professione infermieristica e, non per ultime, le istituzioni; senza che si vada instaurando un singolar tenzone tra il mondo infermieristico e quello degli operatori di supporto, non si può che auspicare che, chi tanto e costantemente assiste i più fragili in ogni setting di cura, riceva una formazione che rispetti condivisi standard qualitativi da investire già nel breve, così come nel lungo termine, nella prassi assistenziale socio-sanitaria.
Dott. Jacopo M. Olagnero