Gentile direttore,
in realtà avrei voluto intitolare questo mio contributo . . . dove sta andando la sanità (in Italia)? Ma poi sembrava di alzare troppo il tiro e allora sono tornato nei ranghi e scriverò di quella che è la mia specialità. Si leggeranno comunque, ritengo, delle ovvie confluenze e mesti destini comuni tra sanità e psichiatria.
Inutile (ma necessario) ribadire che nel PNRR di risorse (leggi denari) ce ne sono davveropochi, anzi meno di prima e per la psichiatria forse anche meno.
Tra le specialità mediche, la psichiatria è di certo quella che contiene e mantiene dentro la sua storia. diverse atipicità se non proprio vogliamo chiamarle anomalie: sempre in bilico tra scienza e filosofia, tra modelli e metodi rigorosi, fascinazioni letterarie, farmaci o/e terapia della parola.
Nel mentre ci si ammala sempre e sempre di più. Col passare del tempo aumentanoi disagi ma anche le malattie, le sindromi, i quadri gravi psicopatologici e le conseguenze sui singoli individui e sulla collettività. Da più di 40 anni viviamo, con luci ed ombre, sotto il cielo o con alle spalle o difronte, agli effetti della legge 180 e alle sue successive letture e applicazioni nei progetti obiettivo.
E allora? Come vanno le cose per i sanitari (psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e altri vari operatori, per i pazienti (non amo eufemisticamente li termine algido di utente!) e per i loro care givers (specialmente i familiari con i contatti più stretti). Non sembrano andare molto bene, anche se con le solite differenze a macchia di leopardo tra le varie
parti della penisola. I servizi stanno diminuendo di numero e in quelli che resistono i pazienti
aumentano e gli operatori diminuiscono. Il divario aumenta sempre di più.
Oltre al numero esiguo di operatori e di servizi, va detto che questo da solo non basta del tutto a
spiegare il grave ritardo e le anomalie nella gestione della salute mentale. Si parla di numeri, ma
anche di modelli, di organizzazione,di teoria della mente su cui poggiano i ns servizi psichiatrici, sia
quelli territoriali (i CSM) che quelli ospedalieri (i SPDC), che sulla carta dovevano essere un unicum, collegati a rete per sostenere le persone sofferenti a livello psicologico e ancor più psichiatrico.
Mesi fa si dibatteva sulla legge 180 grazie al bel libro di Ivan Cavicchi, con molti contributi, alcuni molto interessanti e anche coraggiosi, altri più anonimi e coperti dietro un dire non dire.
Poi, sembra essere tornati nell'oblio. Ma se la cronaca ci riporta fatti gravi e violenti, ecco che ritorna la (libera) associazione tra follia e violenza ma anche tra follia e carcere.
Ma mi chiedo, e chiedo:" noi psichiatri cosa pensiamo e come agiamo nel nostro quotidiano?" E la famosa pubblica opinione, che idea ha del "matto"? E la politica ha voglia e coraggio di fare quello chedeve essere fatto per migliorare un declino che ormai sembra inarrestabile?
La politica sembra ferma in merito. La "gente" vorrebbe stare più tranquilla. E noi? Cosa facciamo noi psichiatri? Quelli più in là con gli anni contano i giorni che mancano alla pensione e se possono
l'anticipano anche. I più giovani rincorrono ericercano i luoghi più "comodi" dove lavorare (infatti in carcere gli psichiatri non vogliono venire). Sperano nei turni dal lunedì al venerdì (meglio se solo la mattina!), niente notti e festivi (se possibile) e via così. Sì, lo so, mica sono tutti così...certo..ma cerchiamo di essere onesti e non ipocriti e guardiamoci negli occhi.
E allora? Che vogliamo fare? Reagire? Far sentire la nostra voce...provare ad invertire la rotta. Essere partecipi e attori e non mere comparse in attesa di svanire nell'oblio. Come? Intanto vogliamo decidere se siamo disponibili ad uscire allo scoperto? O aspetteremo inermi assistendo all'inevitabile declino della assistenza psichiatrica pubblica? E non facciamoci illusioni; anche il privato convenzionato e non, non potrà mai avere quella funzione sociale e di vera rete che hanno i servizi pubblici. Non ho ricette pronte e anche se fosse non mi interessa buttarle qui adesso sul piatto di questo contesto. Il miointerventovuole essere solo un sassolino gettato in unospecchio d'acqua, nella speranza che le onde concentriche generate tocchino cuore e cervello di qualche altro lettore collega come me.
Alberto Sbardella