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Cercasi manager disperatamente

di Pietro Cavalli

28 FEB -

Gentile direttore,
in una condizione in cui la gestione della sanità regionale è troppo spesso demandata a politici di scarsa preparazione e ancor più ridotta cultura, sotto lo stretto controllo da parte di “economisti “ (che spesso, con tutto il rispetto per i ragionieri, non si discostano molto da questa professionalità) il risultato finale è sotto gli occhi di tutti, rappresentato al meglio dall’esplodere della sanità privata, delle assicurazioni e delle infinite liste d’attesa nella sanità pubblica. I motivi di questa condizione sono soprattutto legati al sempre minore numero di operatori sanitari, dalla loro demotivazione, ai loro modesti compensi, al contesto deprimente in cui sono chiamati a prestare la loro opera.

Il ricorso eccessivo al Pronto Soccorso dell’Ospedale pubblico, con il successivo rallentamento delle altre prestazioni sanitarie, è, almeno in parte, un tentativo da parte del cittadino di bypassare una sanità del territorio in crisi e la conseguente assenza di un filtro alle richieste. Naturalmente esistono raffinatissime analisi che individuano le cause di tale situazione, così come fior di dibattiti di un livello così elevato di risultare spesso incomprensibile ai comuni mortali. Certamente chi scrive non è in grado di competere in alcun modo con il dibattito normativo, storico, filosofico, economico e politico in corso sulla crisi della sanità pubblica e tuttavia, dalla nostra posizione privilegiata di operatori sanitari direttamente coinvolti in questa spiacevole condizione e nella speranza che le soluzioni che verranno proposte non debbano essere peggiori dei mali a cui vogliono rimediare, ci permettiamo di riportare il discorso su livelli meno metafisici.

Ad esempio: come superare il problema dei problemi, oggi rappresentato dalle liste d’attesa?

Sui bigini di economa si legge che l’aumento della produttività si può ottenere in tre modi: a) facendo lavorare di più le persone, b) rivedendo l’organizzazione del lavoro, c) utilizzando strumenti e tecnologie più moderni. Aggiungerei che anche la motivazione ed il coinvolgimento del personale sono elementi importanti. Sembra invece che nessuno dei dirigenti delle sanità pubblica, dagli Assessorati sino ai Direttori Generali per finire alle nomine dei vertici ospedalieri si preoccupi di tali banalità, in un contesto nel quale gli interessi da perseguire non sembrano quelli dei cittadini, quelli che con le loro tasse pagano anche i loro stipendi. Se non è possibile far lavorare gli operatori sanitari più di quanto stiano già facendo, se mancano i fondi per l’ammodernamento tecnologico e informatico, perché nessuno è grado di pensare una differente e migliore organizzazione del lavoro, una condizione questa che non costa proprio nulla? E qui forse veniamo al nocciolo della questione, quello che riguarda competenze e responsabilità.

A titolo di esempio si riporta la situazione di un Ospedale lombardo, per il quale sono stati elencati i tempi di attesa per alcune prestazioni: sino ad 8 mesi per un’ecografia addominale, sei mesi per una risonanza magnetica del rachide, quattro mesi per una gastroscopia. Certamente c’è di peggio in giro per l’Italia, però andatelo a dire a quelli che non possono permettersi il ricorso alla sanità privata e che magari sono in attesa di una diagnosi. Neppure serve alzare le mani al cielo e sostenere che mancano i soldi, mancano i medici, mancano le risorse. Tutto vero, però forse manca anche qualcosa d’altro e, se è vero che ogni termine in Medicina assume un significato preciso, ci permettiamo di suggerire una riflessione sui termini "manager" e "managerialità".

Pietro Cavalli

Medico



28 febbraio 2023
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