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Medici: siamo clinici o funzionari?

di Claudio Maria Maffei

01 LUG -

Gentile direttore,
un mio intervento critico sulla sentenza di Perugia sulla post-acuzie a gestione infermieristica ha avuto una pronta risposta di segno contrario da parte del dott. Giancarlo Pizza. Non torno nel merito della questione (e cioè la legittimità e la opportunità di aree di degenza di post-acuzie a prevalente gestione infermieristica), ma mi concentro su un punto che ritengo di sistema: la distinzione tra i medici “clinici” e i medici “funzionari”. Di questi si parla nell’intervento del dott. Pizza cui pare di riconoscere nelle mie affermazioni “una sorta (forse) di pentimento di medici (che ho anche conosciuto nella mia lunga esperienza professionale), che, per tante ragioni (sia chiaro rispettabilissime) hanno deciso di specificare la loro professione con la burocrazia e non con la clinica abbandonando i malati ad altri.” Il dott. Pizza chiarisce poi che si riferisce anche “ai famosi medici funzionari sui quali si reggeva prima il sistema mutualistico e oggi molti sono transitati in regioni, ministeri e aziende. E che, probabilmente senza accorgersene, finiscono con le loro proposte, a rendere difficile la vita dei loro colleghi sul campo e a, a volte, pontificando su cosa sia meglio fare.”

Tralasciamo le note di colore (i medici funzionari che abbandonano i malati ai colleghi e pontificano sulle cose da fare) e quella anagrafiche (i funzionari della mutua sono in pensione da almeno due decenni) per concentrarci su una questione di fondo: esiste un ruolo per i medici specializzati e operativi in discipline di sanità pubblica (l’igiene in primis, ma poi ci sono anche la statistica sanitaria, l’economia sanitaria, il management delle strutture sanitarie, l’epidemiologia, l’Health Technology Assessment, la gestione dei processi di miglioramento della qualità dell’assistenza,  ecc.) oppure tutto il sistema a tutti i livelli compresi quelli programmatori va affidato ai medici clinici (definizione che andrebbe fatta meglio peraltro, ma adesso sorvoliamo)?

La risposta per me è chiarissima: i medici “funzionari” sono medici specialisti in discipline che si occupano di programmazione, organizzazione e gestione in tema di salute e hanno un preciso ruolo e precise metodologie di analisi e intervento.  Si tratta di discipline che hanno una intensa vita culturale testimoniata dalle loro società scientifiche, riviste e iniziative di formazione e ricerca. Ricondurre il ruolo dei medici “funzionari” a quello di medici che senza nemmeno accorgersene rendono la vita difficile ai medici che lavorano “davvero” o è una affermazione del solo dott. Pizza che riguarda solo me - e allora la questione non si pone - o è una posizione diffusa nel mondo dei clinici e con valenza generalizzata e allora la questione c’è ed è importante.

Il Servizio Sanitario Nazionale in Italia nacque nel 1978 per merito di buoni, anzi ottimi, politici e per merito di buoni, anzi ottimi, medici spesso anche politici con cultura da “funzionari” come Giovanni Berlinguer, Augusto Giovanardi e Alessandro Seppilli, igienisti. Molto dello svecchiamento organizzativo degli ospedali italiani si deve a Elio Guzzanti, altro igienista oltre che specialista in malattie dell’apparato respiratorio. Ma potrei fare un lungo elenco di medici non clinici e quindi per definizione “funzionari” che hanno fatto crescere la qualità della sanità italiana. Almeno due li debbo citare per motivi personali: il professor Giovanni Renga, mio maestro all’Università, e Giuseppe Zuccatelli, mio maestro sul campo.

La distinzione tra il buon medico clinico e l’inutile medico funzionario è pericolosa perché è evidente a chiunque che il ridisegno culturale, organizzativo e strutturale del SSN deve tenere conto del punto di vista di entrambi oltre che di quello di molti altri professionisti e dei cittadini. Il ridisegno della rete ospedaliera è un ottimo esempio al riguardo. In molti interventi compreso quello del dott. Pizza si parla ancora una volta della necessità di un ospedale più “adeguato” come suggerito dal Forum dei clinici,  che infatti cita,  proposto in contrapposizione all’ospedale “minimo”, come lo definisce Ivan Cavicchi, voluto dai medici funzionari  redattori e sostenitori del DM 70, considerato uno dei prodotti tipici della cultura funzionariale.

Peccato che mentre chi in questo dibattito dice di rappresentare i clinici si limita alla generica proposta di un ospedale “adeguato”, i cosiddetti “funzionari” lavorano da decenni sulla definizione di adeguatezza sia degli ospedali che di tutte le strutture e di tutti i servizi sanitari ad esempio attraverso la definizione delle procedure di accreditamento, la costruzione di sistemi di  monitoraggio degli ospedali come il Programma Nazionale Esiti e la costruzione di un approccio alla qualità compresa quella degli ospedali come quello proposto da Francesco Di Stanislao per conto della Asiquas. E peccato che il DM 70 abbia proprio al suo centro il concetto di adeguatezza dell’ospedale facendo il faticoso tentativo di fornire criteri e standard di riferimento non solo sui posti letto, ma sulle reti cliniche, i volumi di attività e gli esiti. Ma chi critica il DM 70 lo fa troppo spesso con l’atteggiamento di quello che giudica un libro dalla quarta di copertina.

I “clinici” hanno un ruolo fondamentale oltre che nei processi assistenziali anche nei processi di ridisegno del sistema sanitario, ma in questo ridisegno pari dignità hanno coloro che per mestiere e con altrettanta passione se ne occupano e se ne prendono la responsabilità. Del resto forse anche il Forum dei  clinici lo pensa visto che ha coinvolto in una sua recente iniziativa anche il prof Walter Ricciardi, importantissima figura attuale di medico igienista. Come ci sono molti igienisti e “funzionari” che hanno contribuito alla nascita e alla crescita della Società Italiana dei Medici Manager poi diventata Società Italiana di Leadership e Management in Medicina. Che lascino tutti perdere e lascino fare a chi sta sul campo?

Claudio Maria Maffei



01 luglio 2022
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