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Sulle post-acuzie a gestione infermieristica dal Consiglio di Stato la buona notizia che esistono delle regole e che vanno rispettate

di Giancarlo Pizza

30 GIU -

Gentile direttore,
desidero rivolgermi al Dottor Maffei per evidenziare come, anche questa volta, mi duole dirlo, non sono in alcun modo d’accordo con quanto da lui affermato. La bocciatura da parte del Consiglio di Stato di alcune misure che riguardano le funzioni e i ruoli delle professioni infermieristiche e mediche non è un “pessimo segnale per tutta la sanità pubblica” come dice in un articolo su Quotidiano Sanità, ma al contrario, è la prova giuridica che fare strame delle regole nel campo delle professioni, non funziona non è auspicabile ma soprattutto è illegittimo.

Quello che dice testualmente la sentenza è chiaro:

-effettivamente, tale modello (si riferisce all’idea di riconoscere all’infermiere certi incarichi di responsabilità) non appare coerente con il quadro normativo di riferimento;

- il personale medico non può operare “a distanza”, in quanto altrimenti ciò dovrebbe determinare una traslazione delle responsabilità, non consentita dall’ordinamento;

- non a caso il dato normativo attribuisce al medico la funzione di direzione (omissis) al precipuo scopo di garantire l’appropriatezza degli interventi (principio di portata generale).

La sentenza quindi, al di là delle tecnicità, ritiene semplicemente che esiste un “quadro normativo di riferimento” approvato dal Parlamento verso il quale il ministro Speranza per primo, e ovviamente anche le regioni, hanno obbligo di uniformarsi.

Nessuno neanche Speranza e neanche dopo una pandemia può permettersi di modificare arbitrariamente questo quadro normativo senza prima cambiare la legge e seguendo i metodi consentiti dalla legge.

La buona notizia è che esistono delle regole e che tali regole per quanto da lei tecnicamente non condivise (ma ognuno ha diritto ai limiti delle proprie opinioni) andrebbero rispettate.

Il punto politico vero tanto per cambiare è stato posto con grande lucidità da Cavicchi quando a proposito di prelogica, (critica pungente ma azzeccata) recentemente ha fatto notare che i provvedimenti di Speranza alla fine con la scusa dell’emergenza non sono altro che:

- un tentativo di deregulation di matrice regionale

- un progetto di controriforma più ampio (QS 13 giugno 2022)

In sostanza il consiglio di Stato ha bocciato non tanto le tecnicità sull’assistenza post acuzie, di cui il dottor Maffei si preoccupa, ma ha bocciato il modo scorretto quasi da “contro riforma” direbbe Cavicchi con il quale queste tecnicità sono state decise in barba alle regole. E’ un male o un bene?

Lo stesso Maffei ammette nel suo articolo che questi problemi richiederebbero di “ragionare sul rapporto tra le varie figure professionali coinvolte: medici specialisti, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, infermieri e tutti gli altri professionisti.”

Ma nessun medico sulle questioni a care a Maffei e più in generale sul PNRR è stato sentito. Come al solito in accordo con le associazioni che rappresentano gli infermieri Speranza ha tentato una scorciatoia, con la giustificazione dello stato di necessità come ai tempi del comma 566. Se lo ricorda? Evidenzio al dottor Maffei che mutatis mutandis l’operazione che fa il PNRR non è diversa da quella del comma 566.

Il metodo è lo stesso: si tratta di imporre ai medici le vere nuove controparti del PNRR delle nuove regole decise arbitrariamente.

E’ evidente che Speranza ha usato la pandemia per dare, a dispetto delle evidenze, il contentino agli infermieri.

Ricordo che chi scrive, contro la protervia di certe istituzioni, quelle che Maffei sembra difendere, appartiene ad un Ordine, quello di Bologna, che comminato sanzioni disciplinari consistenti nell’ambito della delega di funzioni mediche ad altro a personale non medico, e confermate dalla CCEPS. Queste sanzioni avevano lo stesso spirito della sentenza del consiglio di Stato di cui lei si lamenta, cioè era una difesa delle regole. Null’altro.

Ripeto nessuno può cambiare le regole senza obbedire al metodo democratico. E’ indubbio che oggi Speranza con la scusa dell’emergenza questo metodo democratico continua a glissarlo. Ma di ciò si dovrà prendere tutte le responsabilità.

Ma che razza di politica è quella che arbitrariamente mette in crisi le regole.

Da ultimo voglio dire che trovo ridicolo che alcuni personaggi che fino ad ora in tutti i modi hanno spinto per la deregulation alimentando in modo corporativo la contrapposizione tra medici e infermieri dopo la sentenza del Consiglio di Stato si interroghino per chiedere di chi è la colpa. E’ evidente: la colpa è di chi al metodo democratico preferisce il colpo di mano.

Quando leggo che “è il momento di “fermare le macchine” e di ridisegnare il sistema, con il coinvolgimento diretto degli stake-holder interessati,” ma “con chiare definizioni governative e/o ministeriali (inappellabili), rimango perplesso. Non vedo buona fede in tutto questo. Cioè di nuovo si ritorna a capo.

Nessuna cosa è inappellabile se è fatta contro le regole. Nessuna definizione governativa può essere accettata se è stata decisa senza un metodo democratico

E infine mio desidero contestare lealmente al Dottor Maffei ma, assicuro con l’affetto di un vecchio medico ospedaliero abituato per mestiere all’indulgenza, il suo persistente (a mio avviso) errore. Lui scrive: “Purtroppo la sentenza sembra riflettere un clima diffuso in Italia di rilancio della centralità del medico e dell’ospedale”

Mi pare di riconoscere in affermazioni di questo genere una sorta (forse) di pentimento di medici (che ho anche conosciuto nella mia lunga esperienza professionale), che, per tante ragioni (sia chiaro rispettabilissime) hanno deciso di specificare la loro professione con la burocrazia e non con la clinica abbandonando i malati ad altri.

Mi riferisco anche ai famosi “medici funzionari” sui quali si reggeva prima il sistema mutualistico e oggi molti sono transitati in regioni, ministeri e aziende. E che, probabilmente senza accorgersene, finiscono con le loro proposte, a rendere difficile la vita dei loro colleghi sul campo e a, a volte, pontificando su cosa sia meglio fare.

Ma mi creda, leggere parole di un medico, quale Maffei, che si duole di altri medici che tentano non di riaffermare come dice la centralità dell’ospedale (argomento del tutto specioso) ma solo di renderlo più adeguato (forse una ‘rivisitatina’ ai documenti del forum delle società scientifiche), mi fa veramente male e persino temere (ma certamente mi sbaglio) che non sia perfettamente in buonafede.

Maffei, a me, solo a me sia chiaro, appare forse prigioniero di qualche pregiudizio.

Mi scusi se concludo con una domanda secca: ma cosa c’è di male se alla fine i medici vogliono fare i medici? Gli ospedali vogliono fare gli ospedali? Al meglio delle loro possibilità e nei contesti complessi dati?

E perché questi obiettivi leciti sono più leciti per alcune professioni e meno leciti per altre?

Si vogliono cambiare le regole? E’ possibile ed è anche opportuno farlo, ma per piacere secondo il giusto metodo. E’ davvero così difficile?

 

Dott. Giancarlo Pizza

Vicepresidente OMCeO Bologna



30 giugno 2022
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