Gentile Direttore,
il complesso tema della sicurezza delle cure richiede molteplici interventi e volevo richiamare l'attenzione sul fatto che negli ultimi anni in sanità si è diffuso l’utilizzo di personale degli Istituti di vigilanza privata. Una tendenza che si è accentuata con la pandemia da Covid 19 al fine di controllare accessi, di far rispettare le norme preventive e il distanziamento.
Vi è un ampio impiego di personale degli Istituti di Vigilanza in Pronto Soccorso, REMS, SPDC, SerD e altri servizi magari isolati o di piccole dimensioni. Un utilizzo che andrebbe visto nel quadro complessivo dei piani per la sicurezza.
Un elemento di grande preoccupazione è la constatazione che il personale degli Istituti di vigilanza è in molti casi armato.
In sanità tutte le attività dovrebbero essere svolte senza la presenza di armi che potrebbero costituire un altissimo pericolo in caso di aggressioni, insubordinazione, sottrazione da parte di utenti dei Pronto soccorsi o ospiti delle strutture sanitarie. Ad esempio, negli Istituti di Pena, ai sensi dell’art.41 della legge 354/75 “gli Agenti in servizio all'interno degli Istituti non possono portare armi.”
Considerando la sicurezza delle cure un valore essenziale per operatori, malati, familiari e cittadini, si ritiene che l’utilizzo degli Istituti di Vigilanza debba sempre avvenire senza la presenza di armi.
E' necessario che le strutture sanitarie per prevenire episodi di violenza o aggressione, procedano ai sensi dall’art. 7 della legge 113/2020 "a stipulare specifici protocolli operativi con le forze di polizia, per garantire il loro tempestivo intervento."
Al contempo occorre colmare le carenze nelle dotazioni di personale che ricadono sulla qualità della relazione con gli utenti e familiari e quindi sulla sicurezza delle cure, un tema che va affrontato quotidianamente e non solo dopo incidenti, con adeguate risorse, misure preventive, organizzative, strutturali, formative e comunicative.
Pietro Pellegrini