Gentile Direttore,
il 4 aprile scorso QuotidianoSanità ha ospitato l’articolo “Quale stato giuridico per il medico “impareggiabile” dell’oncologo Francesco Cognetti. “In questo fine settimana – vi si leggeva - ho terminato di leggere ‘La scienza impareggiabile. Medicina medici malati’ l’ultimo libro del collega prof. Cavicchi, cioè l’ultimo libro di colui che è, ormai considerato unanimemente, da anni, rispetto ai problemi della medicina e della sanità, il ‘pensatore’ più avanzato e intelligente ma, anche, aggiungo io che ho la fortuna di conoscerlo bene, il più coraggioso”.
Caspita si potrebbe dire. Con cotanto applauso scritto, chi potrebbe esprimere qualche dubbio sulle virtù intellettuali del Cavicchi? Al ‘pensatore’ vengono riconosciute qualità così virtuose da permettergli un confronto solo con personalità del calibro di William Mayo, o del Nobel Bernard Lown o – forse – di Archibald Cochrane, mentre di persone come David Sackett o Sir Michael Marmot potremmo di sicuro dimenticare l’opera.
Ciò che mi ha sorpreso invece è stato l’impiego coraggiosamente disinvolto dell’avverbio “unanimemente”, riferito all’apprezzamento di cui godrebbe l’opera di Cavicchi secondo Cognetti, “da anni, rispetto ai problemi della medicina e della sanità”. Di fronte a un elogio di questa portata c’è da restare esterrefatti e tale son rimasto, prima di decidermi a condividere con i lettori di QS le mie momentanee perplessità. Ma come ha fatto Cognetti a usare l’avverbio “unanimemente” così, in modo un po’ imprudente? O forse stavo sbagliando io?
Affannosamente ho sfogliato libri, articoli e naturalmente anche la rete, ma senza riuscire a trovare elementi nella letteratura internazionale che potessero licenziare per l’autore un uso tanto disinvolto della parola. Può essere che Cognetti abbia mandato a mente quanto Bertrand Russell andava dicendo ai suoi studenti ovvero che “tutte le scienze esatte sono dominate dall’idea di approssimazione”, ma Russell parlava di scienze esatte. E allora il mio meravigliato unanimemente è diventato più dubbioso visto che in questo caso si parla di convinzioni umane.
In ogni caso, la meraviglia si è tinta di scetticismo grigio a una domanda successiva. Ma quanto sarebbe stato sicuro Cognetti che il suo giudizio fosse condiviso dalla Cochrane italiana, dagli esponenti del Consiglio Superiore di Sanità, dalla direzione di Recenti Progressi in Medicina, la più antica rivista italiana indicizzata di medicina generale, o anche da Slow Medicine. E questo solo per fare degli esempi. Prima di battere sulla tastiera del computer la parola unanimemente, Cognetti aveva presente un elenco non irrilevante?
Stefano Cagliano