Gli eroi sono stanchi
di Antonio Panti
17 FEB -
Gentile Direttore,
il lavoro dei medici di medicina generale è divenuto insostenibile non solo per quantità - durante la pandemia l’impegno dei sanitari aumenta - ma sul piano qualitativo. I medici generali ormai suppliscono alle carenze organizzative e amministrative delle ASL e così sottraggono tempo prezioso all’assistenza. Di questo si lamentano tutti, ancor più i giovani che sembrano aver perso la speranza in un futuro migliore e le donne che sentono il peso di molteplici impegni all’interno di un contratto di lavoro scritto per gli uomini.
Ecco allora una serie di iniziative, per lo più locali e non collegate fra di loro, una sorta di magma ribollente che forse non porterà a grandi sconvolgimenti o forse sarà tacitamente riassorbito, ma che è un grave errore ignorare perché avrà conseguenze professionali, la disaffezione verso il servizio, e politiche, un diffuso qualunquismo tra i medici. Sono già stati proclamati scioperi, assai discutibili non per le motivazioni, ma per la possibilità e l’opportunità di astenersi dal lavoro in tempo di emergenza sanitaria.
Nel frattempo, al di là delle promesse del PNRR, la discussione tra Regioni e Ministero verte per lo più su questioni di competenze o sulla vexata quaestio tra dipendenza e libera professione dei medici generali. L’articolo 25 della l. 833/78, istitutiva del SSN, prevedeva già che l’assistenza medico generica e pediatrica potesse essere erogata da personale dipendente o convenzionato. Se in 42 anni di sanità pubblica nessuno è mai ricorso al rapporto di dipendenza per erogare le prestazioni del medico di famiglia una ragione ci sarà, anzi ce ne sono molte e ben chiare, la prossimità e capillarità degli ambulatori, la difficoltà della gestione pubblica di circa 60.000 studi medici, la continuità dell’assistenza, il rapporto di fiducia e così via.
Perfino la CGIL, strenua sostenitrice della dipendenza, accorgendosi che l’attuale situazione contrattuale degli ospedalieri è tutt’altro che invidiabile, ripiega sulla proposta di un “accordo di filiera”, uguale nei principi per chiunque operi nel servizio ma variabile a seconda delle diverse esigenze del territorio e dell’ospedale.
Questo quadro politico e sindacale (in realtà il disagio è propriamente professionale) meriterebbe una risposta complessiva. Forse le Regioni otterranno di lasciar aperte le due strade, della dipendenza e della convenzione, ma l’accordo dei medici generali non potrà non rispondere a alcuni precisi appunti: l’obbligatorietà delle prestazioni, l’inserimento di tutti i medici in AFT, lo sviluppo del ruolo unico nell’assistenza domiciliare e un diverso orario di apertura degli ambulatori, la partecipazione alle Case della Salute o, come si chiameranno dopo il Pnrr, Case della Comunità, il mantenimento degli ambulatori periferici.
Il Ministro Speranza sembra avere idee chiare e sostenerle nei confronti delle Regioni: rimane il rapporto libero professionale per la medicina generale ma la convenzione deve cambiare proprio per rispondere alle esigenze della popolazione nel territorio e le poche note che ho indicato sopra dovrebbero essere sufficienti a modificare realmente l’assistenza.
Però basta questa prospettiva o si rischia che tutto rimanga come prima, soltanto un po' di trucco? Il disagio dei medici è reale e le soluzioni contrattuali non sono sufficienti a superarlo. Torno allora su una proposta non nuova.
Tutti i medici che operano nel servizio sanitario, dipendenti o convenzionati, sono a disagio a causa di un lavoro professionalmente insoddisfacente e esprimono questa condizione di burn out. Allora, mentre si ragiona sui progetti di investimento del Pnrr, ci si dovrebbe prioritariamente occupare anche dei problemi del personale.
Il tema principale è quello di cessare dal considerare due silos appaiati ma non comunicanti, l’ospedale e il territorio, ma di dare una soluzione unitaria al ruolo dei medici di corresponsabilità professionale e politica nella mission e nella gestione del servizio. Considerare i medici una semplice ruota dell’ingranaggio produttivo è un grave errore per i cittadini.
Quale che sia il contenuto degli accordi sindacali che legheranno il personale professionale al servizio sanitario, dipendente o convenzionato, occorre, se si vuol cambiare qualcosa nel ruolo dei professionisti, fondare le norme contrattuali su una legge quadro che una volta per tutte legiferi sulla governance del servizio, sulle questioni e sui giudizi disciplinari, sulla colpa professionale abolendone la figura penale, sui diritti sindacali, sulla formazione postlaurea da ricondurre al servizio.
Infine come far capire alla gente l’inutile sovraccarico amministrativo che quasi impedisce ai medici di svolgere i compiti clinici? Come esplicitare il disagio umano e professionale? E come rispondere a chi nega i ristori a coloro che tuttora chiamiamo eroi di questa terribile guerra? Forse è il momento giusto per una grande manifestazione unitaria, Ordini, Sindacati, Associazioni, un corteo di protesta e di proposta perché gli eroi sono veramente stanchi.
Antonio Panti
17 febbraio 2022
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