La sanità lombarda si è dotata di un nuovo impianto: a quale bisogno si è voluto dare risposta?
di Emanuele Antonio Vendramini
07 DIC -
Gentile Direttore,
da tempo la Sanità lombarda aveva in mente di affinare la componente “territoriale” soprattutto alla luce dei nuovi bisogni espressi da pazienti anziani, cronici, poli patologici, fragili. La pandemia e la gestione del Covid 19 ha evidenziato questa necessità e accelerato il processo.
La sanità lombarda, sicuramente uno delle migliori nel panorama nazionale, aveva una esplicita connotazione legata alle eccellenze ospedaliere. La dimensione legata alla presa in carico dei pazienti più fragili, l’integrazione con la dimensione socio assistenziale gestita dagli enti locali, l’integrazione ospedale territorio richiedevano un cambiamento sia per ribilanciare il Servizio Sanitario evitando che tutta una serie di prestazioni continuassero a gravare sulla dimensione ospedaliera sia per rafforzare la sanità di prossimità e la domiciliarietà delle cure.
La riforma approvata esplicita un focus maggiore sulle strutture territoriali quali il distretto, il dipartimento delle cure primarie iniziando ad adottare le priorità e gli obiettivi definiti dal PNRR quindi le Case della Comunità che saranno 203, gli Ospedali di Comunità che saranno 60 e le Centrali Operative Territoriali che saranno 101.
Per quanto riguarda le risorse per l’attuazione della riforma le prime indicazioni evidenziano che oltre un miliardo di euro deriverà da risorse legate al PNRR a cui poi si aggiungono altre risorse regionali in modo da andare a regime nel triennio 2022 – 2024.
Il modello di sanità che emerge è legato al ruolo centrale dei Distretti e dei Direttori di distretto nello svolgimento di un ruolo ed una funzione particolarmente importante. I distretti rappresenteranno infatti la sede della programmazione territoriale in stretta collaborazione con i Sindaci e garantiranno l’offerta sul territorio di riferimento di tutte le attività (attività specialistica, cure primarie, consultori, assistenza domiciliare integrata, continuità assistenziale).
Di particolare importanza sarà quindi focalizzarsi sulle competenze dei nuovi direttori di distretto in modo che si possano relazionare con la dimensione clinica nel rapporto con i professionisti, la dimensione manageriale nella gestione di processi, percorsi e nella programmazione dell’offerta che meglio sia in grado di rispondere al bisogno espresso dalla popolazione di riferimento e la dimensione politica nel rapporto con i Sindaci.
Il ruolo del distretto diventa centrale nel momento in cui per ognuno delle 100 nuove strutture vi saranno 2 Case della Comunità e un COT (Centrale operativa territoriale). In particolare, le COT dovranno rappresentare un punto di accesso fisico e virtuale alla rete di offerta finalizzato all’orientamento del cittadino all’interno della rete dei servizi.
In questo modo il paziente avrà la possibilità nel proprio distretto grazie alle Case della Comunità di avere dei riferimenti privilegiati quali il proprio Medico di Medicina Generale, gli/le Infermieri/e di Famiglia e di comunità e gli/le assistenti sociali per tutta la dimensione legata ai servizi socio assistenziali correlati alla cronicità.
Emanuele Antonio Vendramini
Professore ordinario di economia aziendale
Università Cattolica del Sacro Cuore - Sede di Piacenza
07 dicembre 2021
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