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Coronavirus. Cgil, Cisl e Uil contro il S. Lucia: “Operatori in cassa integrazione, ma la Fondazione incassa il budget regionale”

Una situazione “inaudita” per i sindacati, che evidenzia come la Fondazione, oltre al 90% del budget che la Regione paga per le prestazioni, dovrebbe ricevere il “contributo extra annuale di 12,5 milioni di euro dal ministero della Salute per garantire un elevato livello di assistenza e terapie”. Chiesto l’intervento della Regione per ripristinare l’operatività degli operatori sanitari ed evitare che la vicenda diventi “un precedente, con altre strutture private pronte a richiedere la FIS”.

15 APR - “Dipendenti in cassa integrazione alla Fondazione Santa Lucia, uno dei più grandi istituti di cura e ricerca (Irccs) della Capitale e struttura di rilevanza internazionale. Accade anche questo, in piena pandemia e quando più o meno ovunque si cercano operatori sanitari per far fronte all’emergenza”. La denuncia arriva dalle federazioni sindacali di categoria - per voce dei responsabili di  Fp Cgil Roma e Lazio, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl Roma e Lazio, Massimiliano Rizzuto, Antonio Cuozzo e Domenico Frezza – pronte allo scontro se la Fondazione non dovesse ritirare il provvedimento.

“Ciò che sta accadendo è inaudito. In una situazione come quella che stiamo vivendo, decidere di ricorrere al Fondo di integrazione salariale (Fis), cioè la cassa integrazione della sanità privata, e alla turnazione dei lavoratori dei servizi extra Ssr vuol dire indebolire il servizi pubblico, quando anche gli operatori dell'area riabilitativa, che oggi vengono mandati a casa con il Fis, potevano essere ricollocati a sostegno delle terapie ai degenti, di fatto ridotte per via degli adempimenti di prevenzione del rischio Covid-19”.

“Un’operazione simile, di fatto, crea discriminazione tra chi lavora per i servizi privati e chi per il sistema sanitario”, attaccano i sindacalisti. “Si tratta di un primato che danneggia gli operatori e tutta la comunità. Tanto più che la Fondazione continuerà a incassare al 90%, cioè quasi per intero, il budget che la Regione paga per le prestazioni, ma addirittura riceve ogni anno un contributo extra dal Ministero della Salute di 12,5 milioni di euro proprio per garantire un elevato livello di assistenza e terapie che fisioterapisti, infermieri, oss, tecnici e tutto il personale svolgono e potrebbero continuare a svolgere, a vantaggio di tutti, anche con le attività ambulatoriali ferme.  Tutto questo, inoltre, rischia di creare un precedente, dando vita ad un possibile effetto domino, con altre strutture private pronte a richiedere la FIS per i propri dipendenti.”

“La realtà è che le stesse persone che dappertutto vengono salutate come eroi, al Santa Lucia sono spedite a casa con una riduzione di stipendio del 20%, senza ferie e senza assegni familiari”, proseguono Rizzuto, Cuozzo e Frezza. “Con la beffa che la collettività pagherebbe due volte: il Fis attraverso l’Inps e il contributo regionale che, a differenza di quanto sostengono la direzione e l’Aris, sarà garantita in modo permanente”.

“Noi diciamo no a chi vuol fare cassa sulle spalle dei lavoratori e dei contribuenti. Così come diciamo no a chi vuol dividere i lavoratori: i dipendenti del Santa Lucia sono tutti nella stessa pianta organica e devono essere tutti tutelati e riconosciuti anche per lo straordinario contributo umano e professionale che stanno offrendo nell’emergenza sanitaria”, concludono i responsabili sindacali. “La Regione Lazio e il Ministero della Salute intervengano subito per far annullare il provvedimento. O siamo pronti a mettere in atto tutte le iniziative di protesta”.

15 aprile 2020
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