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L’immunoterapia alla prova dei tumori rari: un convegno a Roma

Un convegno promosso dall’Osservatorio Sanità e Salute ha fatto il punto sull’impiego dell’immunoterapia nei tumori neuroendocrini e in particolare nel carcinoma a cellule Merkel, un raro tumore della pelle che origina da cellule neuroendocrine cutanee

17 MAG - Anche nei tumori neuroendocrini l’immunoterapia si candida a diventare il nuovo standard terapeutico.

È quanto emerso dal convegno “Immuno-Oncologia: partiamo dai tumori rari, il punto sul Merkeloma”, promosso dall’Osservatorio Sanità e Salute presieduto da Cesare Cursi, senatore dalla XIV alla XVI legislatura. 

“I tumori rari, e nello specifico il carcinoma a cellule Merkel, rappresentano una grande sfida per la società tutta, per questo sono particolarmente onorato di aver promosso e riunito esponenti del mondo istituzionale, sanitario e scientifico con l’obiettivo di fare il punto della situazione e proporre concrete soluzioni di intervento”, ha detto Cursi.

Il convegno si è concentrato soprattutto sui tumori neuroendocrini, tumori “relativamente rari e rappresentano meno dello 0,5% di tutti i tumori maligni”, ha illustrato Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Sperimentale Melanoma, Immunoterapia e Terapie Innovative dell’Istituto Tumori Pascale di Napoli nonché coordinatore scientifico del Convegno. “In Italia si registrano 3-4 nuovi casi ogni 100.000 persone in un anno, il che equivale a circa 2.500-2.700 nuovi casi all’anno. Probabilmente, però - continua Ascierto - è più corretto affermare che i tumori neuroendocrini sono tumori a bassa incidenza, ma con un’alta prevalenza poiché spesso i pazienti convivono per molti anni con la malattia. Questi tumori possono essere diagnosticati anche in bambini e adolescenti, ma sono decisamente più comuni tra gli adulti e gli anziani. I più frequenti sono i tumori che riguardano il tratto gastro-entero-pancreatico (60-70%), seguono quelli che colpiscono polmoni e apparato respiratorio (20-30%) o altre regioni del corpo (10%) come cute, tiroide, paratiroide e surreni. Negli ultimi decenni l'incidenza registrata è aumentata soprattutto perché sono migliorate le tecniche di diagnosi e la conoscenza delle caratteristiche delle malattie”. 

Tra i tumori neuroendocrini, l’attenzione del convegno si è concentrata in particolare sul carcinoma a cellule di Merkel, un raro tumore della pelle definito come 'carcinoma neuroendocrino della cute'. Colpisce un sottogruppo di cellule neuroendocrine cutanee - le cellule di Merkel - dalle quali prende il nome. Si tratta di una forma tumorale primitiva, contraddistinta dalla comparsa – specialmente a livello della testa e del collo – di lesioni eterogenee di varie dimensioni, che solitamente si manifestano come un nodulo color carne o rosso-bluastro, duro, indolore e lucido. L’infezione da poliomavirus a cellule di Merkel rappresenta uno dei principali fattori di rischio di  carcinoma a cellule di Merkel.
 
Una neoplasia rara, quella del carcinoma a cellule di Merkel, che in Europa rappresenta meno dell'1% di tutti i tumori maligni cutanei.
 
In Italia vengono diagnosticati ogni anno 240 nuovi casi di carcinoma a cellule di Merkel, con una prevalenza stimata per il 2016 di 1400 casi. I dati epidemiologici, come per molte patologie rare, sono tuttavia a forte rischio di sottostima, anche a causa della difficile rilevazione precoce.
 
“Da uno studio effettuato dal C.R.E.A. Sanità emerge che pur rimanendo il MCC un tumore assolutamente raro e con un impatto sui costi dei SSR limitato, sul versante epidemiologico si assiste ad una tendenza alla crescita dei casi, dovuta al fatto che l’incidenza è fortemente legata al crescere dell’età e che si assiste ad un rapido invecchiamento della popolazione”, dice Federico Spandonaro, professore aggregato presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata e presidente di C.R.E.A Sanità. “Si determina, inoltre, una inversione del rapporto fra i sessi, con una crescente incidenza fra le donne. La disponibilità di terapie specifiche e i cambiamenti in corso, uniti alla difficoltà di diagnosi, impongono una razionalizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici a livello regionale onde garantire equità di accesso e una efficace presa in carico dei pazienti”.

17 maggio 2018
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