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Vaccini. E se le perplessità dei genitori fossero colpa del Ssn?

25 MAG - Gentile Direttore,
la lettura dell’ultimo articolo del prof Cavicchi mi ha fatto ulteriormente riflettere sul recente decreto sull’obbligatorietà delle vaccinazioni, sulle modalità e sul suo contenuto. Il Ministro considera incoscienti i cittadini e i genitori che scelgono di non vaccinare i propri figli o che hanno forti perplessità in merito; ma non si è chiesto il perché?

E’ stata invocata la più sbrigativa e sommaria delle giustificazioni: le nuove generazioni non sono interessate alle vaccinazioni perché non ne sentono il bisogno opportunistico ed egoistico non avendo più il contatto con le gravissime malattie debellate da tempo (poliomielite, difterite, vaiolo…). Occhio non vede cuore non duole, e si abbassa notevolmente la preoccupazione di proteggere i propri figli da infezioni gravissime e mortali.

Come si può pensare che molti genitori italiani siano degli opportunisti ignoranti e pericolosi per la società senza considerare che questi siano rimasti confusi e disorientati senza risposte esaurienti dal Ssn, privati dei medici dedicati alla prevenzione e all’informazione sulla farmacovigilanza, sugli effetti collaterali, e la loro rassicurante gestione? o sul perché un bambino di soli 3 mesi debba essere sottoposto alla vaccinazione contro l’epatite B? o perché tutte le vaccinazioni debbano essere inoculate contemporaneamente? o perché il nonno vaccinato per l’influenza a novembre se l’è presa a marzo? chi risponde a queste domande con attendibile attenzione?

I centri vaccinali sono diventati dei punturifici dove il tutto si esaurisce in 5 minuti e dove non c’è tempo se non per l’inoculazione e la registrazione dei dati anagrafici.

Non c’è più spazio per i medici che nei consultori o nelle scuole si occupavano di formazione e  di informazione: sono andati in pensione e non sono stati sostituiti perché non considerati “erogatori di prestazioni”: infatti la prevenzione, che dovrebbe nel lungo termine abbattere le liste di attesa, non ripaga nell’immediato il politico che spera di essere rieletto.

Dove sono i medici scolastici? Sono rimasti in pochissimi. Eppure nelle varie fasce di età individuavano precocemente patologie dell’infanzia o dell’adolescenza che prima affrontate sarebbero state meglio risolte o curate ( dalla scoliosi ai difetti della vista dalle malocclusioni al varicocele). Sono proprio loro che avrebbero potuto educare i bambini a non avere paura dei vaccini e a condividere la scelta con i loro genitori.

Anche nei poliambulatori non c’è tempo per il confronto e una adeguata informazione: in 15-20 minuti si deve consumare una visita, burocrazia compresa che sottrae sempre più tempo alla clinica, ma così è stato programmato e codificato per abbattere le liste di attesa; sembra l’unica soluzione anziché attribuire a giovani specialisti i turni lasciati vuoti dai pensionati.

Come si può considerare pericolosi ed incoscienti genitori che cercando risposte ricevono dal Ssn imposizioni, obbligatorietà e sanzioni? Difficile non diventare diffidenti.

Prima si smantellare la prevenzione, si ritiene inutile dedicare tempo al confronto durante una visita a vantaggio della produzione e poi si interviene con la coercizione.

In un buon Ssn l’educazione sanitaria dei cittadini (se solo fosse stata promossa) funzionerebbe da sola a mantenere una buona copertura vaccinale.

La radiazione di un collega che ha espresso pubblicamente le sue perplessità è poi la conferma della rinuncia delle istituzioni a sentirsi in grado di gestire i dubbi altrui.

Lo stesso entusiasmo che ha seguito anche  la legge Gelli, segnalato dal prof Cavicchi, è forse l’espressione di un desiderio di pacificazione degli animi su argomenti spinosi? O di superficialità?

Personalmente temo che tanta tempestività e soddisfazione siano state funzionali a diffondere fra i medici l’incoraggiamento ad abbandonare la costosa medicina difensiva senza,purtroppo che ce ne siano le ragioni.

E dunque prima si mettono nelle condizioni i medici del Ssn  a lavorare in fretta e a “capo chino“ sulle analisi cliniche e sui test funzionali attenti alle linee guida che ci promettono, illudendoci, di salvaguardarci dai contenziosi , penalizzando lo spazio e il tempo da dedicare alla clinica, alla relazione col malato e poi si interviene con leggi coercitive per mancanza di educazione sanitaria.

Noi medici dovremo finalmente alzare questo “capo chino” e finalmente prenderci il giusto tempo per  guardare negli occhi chi ci sta davanti comprendere i suoi bisogni e orientarne le scelte se ci sta a cuore arrestare la deriva della medicina che inesorabile ci sta coinvolgendo tutti.

M. Luisa Agneni
Pneumologa Specialista Ambulatoriale ASL Roma1


25 maggio 2017
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