Lazio. Medicina territoriale. Smi: “Serve visione sistemica”
In occasione dell'Audit sulla Continuità Assistenziale il sindacato ha richiesto “la revisione degli standard organizzativi degli Ambulatori di Cure Primarie, compreso il ruolo dei coordinatori e la richiesta formale, sottoscritta da tutte le sigle sindacali, di avviare, in tempi brevi, le procedure per un nuovo Accordo Integrativo Regionale sulla Continuità Assistenziale”.
04 MAR - “Urgono correttivi organizzativi e funzionali che diano ai cittadini una visione "sistemica" della Medicina Territoriale, nell'ottica di una maggiore sinergia tra i vari servizi, valorizzando l'integrazione professionale dei medici”. Questa la volontà emersa dalla parte pubblica, in occasione dell'Audit sulla Continuità Assistenziale (CA) che si è svolta presso la Regione Lazio, lo scorso 3 marzo.
Una prospettiva di riorganizzazione a cui ha dato un contributo fondamentale la delegazione sindacale SMI-Lazio, composta da
Ermanno De Fazi, vice segretario,
Maria Teresa Muraca, segretario organizzativo e
Roberto Rocchi, responsabile della formazione Smi-Lazio.
I Sindacalisti, infatti, hanno inciso in modo determinante su alcuni punti: “La richiesta di una circolare della Regione Lazio sull'inapplicabilità, per i medici convenzionati, delle direttive europee sull'orario di lavoro; la revisione degli standard organizzativi degli Ambulatori di Cure Primarie, compreso il ruolo dei coordinatori; l'implementazione delle attività ambulatoriali svolte dal servizio di Continuità Assistenziale”.
Secondo la delegazione sindacale Smi-Lazio: “La disponibilità della parte pubblica ad acquisire informazioni e valutazioni sulle tematiche affrontate, si è tradotta nell'accoglimento delle nostre istanze e la richiesta formale, sottoscritta da tutte le sigle sindacali, di avviare, in tempi brevi, le procedure per un nuovo Accordo Integrativo Regionale sulla Continuità Assistenziale, atteso da circa dieci anni”. Tali interventi, secondo lo SMI Lazio, saranno utili a omogeneizzare ed integrare tutti i servizi attivi sul territorio, al fine di uniformare le prestazioni professionali insiti nella Medicina Generale. Ed evitare che, possibili difformità organizzative, riducano la qualità dell'offerta assistenziale e l'accessibilità dei servizi ai cittadini.
04 marzo 2016
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