Lazio. Dossier di Uil ed Eures: "Troppe tasse sanitarie per pareggiare i conti. Zingaretti cambi linea"
L'Irpef costa ad ogni cittadino 69 euro in più (145 a famiglia) ogni anno, mentre il 4,82% (contro il 3,90% della media nazionale) dell'aliquota Irap porta le 500 mila imprese del Lazio a pagare 2.185 euro in più rispetto alle aziende di altre regioni non in piano di rientro. "Diamo atto a Zingaretti di aver aggredito il deficit sanitario ma questo non deve pesare sulle tasche dei cittadini" IL DOSSIER
04 DIC - Il Lazio si conferma la regione italiana con deficit e debito sanitari più elevati. Pari rispettivamente a 610 milioni il primo e 9 miliardi il secondo. Deficit che tra il 2001 e il 2013 ha generato un disavanzo di 15,4 miliardi di euro, pari al 36,5% del totale nazionale e al 43% del totale delle regioni in piano di rientro. E che portano la regione a collocarsi capolista anche in merito al debito pro capite: 1.668 euro, a fronte di una media nazionale di 910 euro. Questi alcuni dati elaborati ed analizzati dalla UIL di Roma e del Lazio e dall’Eures (Ricerche economiche e sociali) che, nell’ambito dell’Osservatorio sulla sanità regionale, hanno realizzato un dossier sui costi del disavanzo sanitario e su quanto questo influisca sui cittadini.
L'aumento dell'addizionale Irpef all'1,73% (a fronte di un valore medio nazionale pari all'1,23%)
e dell'Irap al livello massimo consentito dalla legge rappresentano soltanto due esempi dei costi del risanamento, che complessivamente ammontano a 2,1 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi a carico dei cittadini e 924 delle imprese. L'irpef costa ad ogni cittadino 69 euro in più (145 a famiglia) ogni anno, mentre il 4,82% (contro il 3,90% della media nazionale) dell'aliquota Irap porta le 500 mila imprese del Lazio a pagare 2.185 euro in più rispetto alle aziende con sede nelle altre regioni non in piano di rientro.
“Diamo atto al governatore Zingaretti di aver avviato importanti azioni di risanamento del deficit sanitario – commenta il segretario generale della UIL di Roma e del Lazio
, Pierpaolo Bombardieri – ma ciò non deve pesare sulle tasche dei cittadini. A una razionalizzazione dei costi deve corrispondere un potenziamento dei servizi. Perché, siamo convinti, che si possa migliorare senza incidere sulla tassazione locale, già fin troppo elevata. Razionalizzare la spesa significa razionalizzare soprattutto gli sprechi, come - per rimanere in ambito sanitario – le esternalizzazioni dei medici, le collaborazioni esterne ancora troppo presenti in tutti i settori della società. Oltre che, ovviamente, i superstipendi di manager e dirigenti cui la sanità non è immune”.
Tra il 2006 e il 2013 si registra
una progressiva riduzione dei posti letto che passano da circa 30 mila a poco più di 22 mila (-24,9%). Stesso discorso per i ricoveri e le giornate di degenza che diminuiscono rispettivamente del 20,1% e del 28,3%. Tra il 2001 e il 2013 sono stati tagliati infatti il 28,3% dei posti letto ospedalieri pubblici e privati, di cui il 24,9% nel solo periodo 2006- 2013. Tagli che, calcolando una spesa annua per posto letto pari a 233.415 euro (anche se in alcune strutture, come il Policlinico Umberto I supera i 500 mila euro), ha prodotto nel 2013 un risparmio di 2 miliardi di euro rispetto al 2001 e di 1,7 miliardi se si considera solo il periodo successivo all’introduzione del piano di rientro.
La contrazione dei giorni di degenza, osserva il report, è imputabile soprattutto allo sviluppo del day hospital a scapito del ricovero ordinario e non a un miglioramento complessivo del servizio. Discorso simile per le prestazioni ambulatoriali che, seppur ridotte di poco (-3,6%) rispetto ai ricoveri, evidenziano un calo in corrispondenza dell’introduzione del superticket che ha comportato dal 2011 a oggi un ulteriore aumento di 10 euro sul ticket ordinario e ha prodotto pertanto un incremento del costo privato delle prestazioni che numericamente sono tornate al livello del 2008. Ciò significa che il costo complessivo del ticket che un cittadino paga oggi nel Lazio per una prestazione ambulatoriale può raggiungere la cifra di 61,15 euro (36,15 euro importo ticket, cui si aggiunge dal 2011 il superticket di 10 euro e per accertamenti onerosi, come Tac e risonanza magnetica, è previsto un ulteriore contributo che arriva a 15 euro). Pari quindi a un più 36% del costo dei ticket per le prestazioni ambulatoriali a carico dei cittadini.
“I cittadini del Lazio – prosegue Bombardieri – continuano ad essere i primi in classifica in materia di pagamenti. Ciò ha prodotto un peggioramento del tenore di vita delle famiglie, costrette a rinunciare spesso alle stesse cure e soprattutto alla prevenzione. Così non va assolutamente. Che tipo di società è quella in cui la salute non è un bene di tutti? Quella in cui per evitare attese lunghissime si è costretti a rivolgersi al privato? Quella in cui un ospedale si trasforma a volte in un girone dantesco? E purtroppo di esempi ce ne sono parecchi”.
La spesa farmaceutica, nel 2013, ha raggiunto i 2,7 miliardi di euro (il 10% del totale nazionale), di cui 1,8 miliardi a carico del SSN e 826 milioni a carico delle famiglie. Famiglie che hanno subito un incremento annuo di ben 222 euro sul costo dei farmaci. Derivato soprattutto, anche in questo caso, dall’aumento dei ticket che - con una spesa 13 volte superiore a quella del 2006, risulta la più alta d’Italia- e da una maggiore compartecipazione privata per i farmaci di classe A (quelli essenziali forniti dietro ricetta medica rossa). La spesa privata per tali farmaci ha subito un incremento esponenziale dal 2006 al 2013, passando da 36 a 285 milioni a carico del cittadino e di conseguenza una forte contrazione della “quota” a carico del servizio sanitario nazionale (da 1,5 miliardi nel 2006 a 942 milioni di euro nel 2013). Di contro è aumentata del 105% la spesa pubblica per i farmaci di fascia H, ovvero quelli erogati all’interno delle strutture ospedaliere.
“Incremento che non ha alcuna spiegazione logica – continua Bombardieri – soprattutto considerando il fatto che ricoveri e degenze sono notevolmente diminuiti. Ci si chiede allora come sia possibile che per ogni paziente ricoverato la spesa farmaceutica media sia aumentata di 3 volte rispetto a qualche anno fa? Esistono delle norme che regolano il loro corretto utilizzo? E i recenti interventi sulla tracciabilità del farmaco sono sufficienti per seguire realmente il percorso e l’utilizzo del farmaco stesso all’interno dell’ospedale?”.
Complessivamente, a livello nazionale la spesa per i ticket sui farmaci nel 2013 ammonta a 1,4 miliardi euro, con un incremento del 246,9% rispetto al livello del 2006, quando ammontava a 414 milioni. Ed è notevolmente cresciuta la quota percentuale della spesa sostenuta dai cittadini laziali sul totale nazionale: nel 2006 il valore complessivo dei ticket nel Lazio ammontava al 2,7% del totale nazionale, raggiungendo il 10,2% nel 2013.
Il report rileva, infine, un problema considerato nodale:
la mancanza di trasparenza. “Nonostante l’obbligo di legge, la trasparenza dei dati e delle retribuzioni rimane sempre molto parziale e tra le 12 Asl del Lazio solo 5 registrano un livello adeguato (pur senza raggiungere il 100%), con la Asl Roma F capofila. Le rimanenti 7 mantengono un livello basso di informazioni. Le peggiori in classifica la Asl Roma C e la Asl di Frosinone”.
04 dicembre 2014
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