Gentile Direttore,
nell’interessante articolo a proposito dell’Ambulatorio per le fragilità, mi sembra che, senza che sia colpa di nessuno, non siano del tutto esplicite le finalità di questa attività.
Avendo lavorato con la Dottoressa Ercoli e avendo personalmente toccato con mano la sua dedizione alle persone vorrei sottolineare, certa di farle cosa gradita, che l’ambulatorio è aperto a tutti i fragili: migranti, residenti, senza fissa dimora, di qualsiasi nazionalità, di qualunque genere, apolidi, studenti.
Italiani che non riescono per qualunque motivo ad accedere alla sanità pubblica, per via dei tempi d’attesa o per complessità che non riescono a gestire. Persone che in generale proprio perché fragili non possono essere rimbalzati dai vari CUP ma vanno seguiti nel percorso da qualcuno che sia disponibile ad accogliere la fragilità e a prenderla in carico con un’assistenza “tailored” per ogni fragile.
Troppo spesso nel nostro servizio sanitario i fragili vengono respinti. Perché non hanno l’impegnativa giusta, perché non possono raggiungere il servizio lontanissimo presso il quale hanno ricevuto l’appuntamento, perché ciò di cui hanno bisogno non è semplicemente più previsto e non hanno soldi per procurarselo.
Io invito tutti coloro che per “fragilità” non riescono a curarsi, e tutti quelli che per motivi professionali vengono in contatto con loro a rivolgersi con fiducia all’Ambulatorio delle fragilità.
Elisabetta Canitano,