Covid. Spallanzani: “Ipotizzabile una rivaccinazione annuale. Sì ad obbigo per altre categorie a rischio o a contatto con il pubblico”. E su vaccinazione pediatrica: “Valutare fattori di beneficio e rischio”
L’Istituto in una nota evidenzia anche che “sarebbe inoltre auspicabile l’allestimento e l’impiego di vaccini specificamente disegnati per le varianti virali predominanti per garantire una copertura ancora maggiore”. E sui bambini: “La vaccinazione nella popolazione pediatrica sana al di sotto dei 12 anni deve tener conto di molteplici fattori, in termini di benefici e rischi, sia di carattere individuale (reazioni avverse) che di popolazione (contributo al controllo della circolazione dell’infezione, copertura vaccinale e protezione di soggetti più fragili).
18 NOV - “I dati, in coerenza con quanto osservato in altre aree geografiche, mostrano un graduale aumento del rischio di infezione ed una graduale, anche se meno marcata, perdita di protezione nei confronti della malattia con il passare del tempo, in particolare dopo 5-6 mesi, dal completamento del ciclo vaccinale. Questa situazione è più evidente nelle fasce di età più anziane ed in particolare nella fascia di età maggiore di 60 anni. Ciò sottolinea la necessità di investire tutte le risorse necessarie per garantire in primo luogo a queste fasce di popolazione (oltre che ai soggetti fragili di qualsiasi età ed agli operatori essenziali: sanitari, forze dell’ordine, operatori scolastici) la somministrazione della dose booster e cercare di garantire la piena copertura entro il mese di gennaio”.
Lo scrive in una nota il gruppo tecnico-scientifico di INMI Spallanzani.
“Allo stato attuale – evidenzia l’Istituto - delle conoscenze appare ipotizzabile che in seguito si possa passare ad una rivaccinazione annuale per garantire una adeguata copertura della popolazione. Sarebbe inoltre auspicabile l’allestimento e l’impiego di vaccini specificamente disegnati per le varianti virali predominanti per garantire una copertura ancora maggiore, e l’estensione dell’obbligo vaccinale che includa le tre dosi ad altre categorie a particolare rischio o a stretto contatto con il pubblico. Andrebbe infine studiata una strategia di profilassi sui soggetti fragili e immunodepressi che non rispondono alla vaccinazione che potrebbe includere l’impiego degli anticorpi monoclonali, di recente approvati da EMA anche come strumento di profilassi”.
“Per quanto riguarda la popolazione pediatrica – prosegue - abbiamo assistito ad un effetto di protezione “di popolazione” per questa fascia di età attribuibile all’impatto della vaccinazione nella popolazione adulta. In altri termini la vaccinazione della popolazione adulta, in particolare negli operatori scolastici, può avere contribuito a ridurre il rischio di contagio in età scolare. Inoltre nella popolazione in questa fascia di età il rischio di infezione sembra legato più ai contagi familiari che a quelli in ambito scolastico. L’effetto protezione “di popolazione” sui bambini va mantenuto anche sostenendo i livelli di immunità negli adulti con la terza dose di vaccino”.
“Va comunque evidenziato – conclude - che l’incidenza di ricoveri nei casi pediatrici rimane estremamente bassa, mentre non sono disponibili dati sul “long-covid” in questa popolazione. La valutazione di programmi generalizzati di vaccinazione nella popolazione pediatrica sana al di sotto dei 12 anni deve tener conto di molteplici fattori, in termini di benefici e rischi, sia di carattere individuale (rischio di malattia/rischio di reazione avversa) che di popolazione (contributo al controllo della circolazione dell’infezione , copertura vaccinale e protezione di soggetti più fragili). È chiara la necessità di avere maggiori dati soprattutto sulle eventuali conseguenze a lungo termine della infezione da SARS-CoV-2 in questa popolazione.
18 novembre 2021
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