Opg. Anaao: “Luci e ombre sulla bozza di Decreto”
Per il sindacato il testo allo studio delle Regioni chiarisce alcune perplessità sollevate dai professionisti, ma permangono anche incertezze. Soprattutto i fondi per realizzare le strutture alternative agli ospedali psichiatrici giudiziari sono insufficienti.
22 GIU - C’è ancora da lavorare sull’ultima
bozza del decreto che definisce i requisiti per le nuove strutture alternative agli Ospedali psichiatrici giudiziari, la cui chiusura è prevista per il 2013, attualmente all'attenzione della Conferenza delle Regioni. Il testo chiarisce alcune perplessità sollevate dai tecnici, ma permangono ancora angoli da smussare. Soprattutto i fondi a disposizione per realizzare le strutture con gli standard di personale previsti sono ancora più insufficienti rispetto alla prima stesura. Quindi o le Regioni si impegnano a trovare risorse molto elevate per la costruzione delle nuove strutture, oppure si andrà ad una lunga dilazione nella realizzazione del progetto.
Sono queste in sintesi alcune delle osservazioni sulla bozza di provvedimento espresso da Costantino Troise Segretario nazionale e Leo Mencarelli Coordinatore commissione psichiatria dell’Anaao Assomed inviate al ministro della Salute, Renato Balduzzi, al presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani e al Coordinatore della commissione salute, Luca Coletto.
Di seguito le osservazioni dell’Anaao Assomed:
“Le strutture sostitutive degli Opg vengono in maniera chiara definite come strutture esclusivamente di tipo sanitario, non riferendo alle stesse competenze di natura custodialistica afferenti al Dap. Per quanto riguarda le attività perimetrali di sicurezza e di vigilanza esterna, previste per strutture di tipo giudiziario, si afferma in modo semplice, diretto ed efficace che non costituiscono competenza del Servizio sanitario nazionale, né dell’amministrazione penitenziaria. Possono essere attivati specifici accordi con le prefetture o protocolli con le forze dell’ordine nelle situazioni di emergenza riguardanti la sicurezza.
Non si comprende la ratio del provvedimento quando afferma successivamente al penultimo capoverso di pag. 4 che “con appositi accordi tra il Dap, il Ministero della salute e le province autonome, sarà regolamentato lo svolgimento delle funzioni di cui alla legge n. 354/1975 e n. 230/2000, anche con riferimento agli aspetti della esecuzione della misura di sicurezza e alle forme dei rapporti con la magistratura”.
Il testo sui requisiti minimi opportunamente sottintende tutto ciò che riguarda la gestione della sicurezza interna ed esterna alla struttura, che rimane una struttura completamente sanitaria.
Questa impostazione può far pensare che le strutture sostitutive degli Opg siano strutture sanitarie alternative soprattutto nei dispositivi di sicurezza, dimenticando che nelle stesse dovranno garantirsi comunque tutte le condizioni di sicurezza attualmente proprie degli Opg. Tutto ciò che è relativo alla sicurezza viene demandato a futuri accordi o alla responsabilità dei direttori dei Dsm che avranno la responsabilità della gestione della struttura.
Non si comprende a questo punto perché, come evidenziato nell’ultimo capoverso dei requisiti tecnologici, si debba prevedere la “disponibilità di sistemi di sicurezza congrui rispetto alla mission della struttura, quali sistemi di chiusura delle porte esterne ed interne, sistemi di allarme, telecamere, nel rispetto delle caratteristiche sanitarie e dell’intensità assistenziale”.
Si evidenzia, non potendo fare diversamente, che la gestione della sicurezza debba essere effettuata secondo modalità custodialistiche, tipiche del sistema carcerario che non sono proprie della gestione di strutture sanitarie che per loro cultura e mission sono strutture “aperte”.
Il decreto prevede inoltre la possibilità che per differenti categorie psicopatologiche e differenti profili di sicurezza si realizzino strutture residenziali a differente grado di protezione, ma lasciando intendere che particolari misure di sicurezza saranno necessarie solo per alcune strutture e non altre.
Qualora necessarie tali misure di sicurezza andranno contrattate con le prefetture. Non si capisce come le forze dell’ordine o il Dap o chi altri possano garantire una adeguato livello di protezione e di vigilanza esterna ed in quale maniera. Allora chi ne sarà obbligato: vigilantes privati, ronde di sicurezza delle forze dell’ordine?
Risulta ancora più evidente, rispetto alla prima bozza del decreto, il riferimento generico e aspecifico ai problemi della sicurezza e vigilanza lasciando intendere che si realizzino strutture senza specifiche dotazioni al riguardo, con molta libertà e “creatività” delle Regioni e dei Dsm nella creazione di modelli necessari alla gestione dei pazienti più difficili. Si dimentica che si tratta di gestire soggetti autori di reati spesso gravi contro la persona e spesso non complianti rispetto agli interventi terapeutici.
Risulta abbastanza preoccupante non aver definito, anzi avendolo subordinato alla necessità della ricerca di un consenso immediato, criteri stringenti, eguali su tutto il territorio nazionale, riguardanti i requisiti minimi di sicurezza e di vigilanza degli utenti.
Quale dispositivo sarà previsto per ovviare a prevedibili problemi di adesione alla terapia farmacologica, o comunque ad interventi terapeutici considerati dai curanti come irrinunciabili, alla coercizione necessaria per evitare comportamenti etero ed auto lesivi, comportamenti pericolosi e criminosi, che sono stati agiti in modo così grave da richiedere una misura detentiva?
Chi avrà il compito legale e fisico, di impedire che un condannato a pena detentiva, perché di questi si parla se si elimina il furore ideologico, evada dalla sede detentiva se questa è esterna al carcere? Chi delimita giuridicamente i confini dell’affidamento in cura senza che questo comporti oneri di custodia che sarebbero a questo punto impropriamente scaricati sul personale sanitario che non è ad essi tenuto? Ci si dimentica che le persone condannate a pena detentiva e/o misura di sicurezza sono carcerati a tutti gli effetti.
Si stanno trasferendo competenze di medicina penitenziaria al personale sanitario.
È altresì evidente che i fondi a disposizione per realizzare le strutture con gli standard di personale previsti sono ancora più insufficienti rispetto alla prima stesura, quindi o le Regioni si impegnano a trovare risorse molto elevate per la costruzione delle nuove strutture, oppure si andrà ad una lunga dilazione nella realizzazione del progetto. In alternativa si cercherà di realizzarlo con le poche risorse a disposizione e quindi incompletamente e con grossi problemi di sicurezza e di appropriatezza clinica. Il risultato finale sarà sostituire strutture inadeguate con altre strutture inadeguate ed in più anche insicure.
Per ultimo: non si comprende perché per la osservazione clinica si debbano creare “strutture osservandi” carcerarie, mentre per espiazione pena le strutture debbano avere un regime differente.
22 giugno 2012
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