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Infermiere di famiglia. Ce ne sarà uno ogni 6.000 abitanti, saranno alle dipendenze dei distretti ma lavoreranno in sinergia con i medici di famiglia. In arrivo le linee guida delle Regioni

di Luciano Fassari

Formulato dalla commissione Salute un documento che definisce ruolo, ambito e compiti dell’infermiere di famiglia istituito dal Dl Rilancio. Previste l’assunzione di 9.600 unità. La fascia di popolazione anziana con patologie croniche sarà il target preferenziale di assistenza. Aiuteranno le Usca nel tracciamento e monitoraggio dei casi di COVID-19 e collaboreranno con Medici di Medicina Generale e Igiene Pubblica e nelle campagne vaccinali. IL DOCUMENTO

09 SET - Com’è noto con l’ultimo Decreto Rilancio è stata istituita la figura dell’infermiere di famiglia/comunità. Ma sul ruolo e compiti la legge non è che dicesse molto ma dato che le Regioni potranno assumerne 9.600 (in media uno ogni 6.250 abitanti) era chiara l’esigenza di definire alcune linee d’indirizzo che stabilissero proprio ruolo, compiti, competenze, formazione e modalità di reclutamento. Per questo motivo un sottogruppo tecnico della Commissione Salute ha elaborato un documento ad hoc, sentite anche Fnopi e Fnomceo e che domani dovrebbe essere all'attenzione dei governatori in Conferenza delle Regioni.
 
La sintesi delle Linee d’indirizzo:
 
Definizione di Infermiere di famiglia/comunità: è un professionista appositamente formato, che ha un forte orientamento alla gestione proattiva della salute e opera rispondendo ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito territoriale e comunitario di riferimento, favorendo l’integrazione sanitaria e sociale dei servizi. Opera sul territorio, a seconda dei modelli organizzativi regionali, diffonde e sostiene una cultura di Prevenzione e Promozione di corretti stili di vita, si attiva per l’intercettazione precoce dei bisogni e la loro soluzione. Garantisce una presenza continuativa e proattiva nell’area/ambito comunità di riferimento, fornisce prestazioni dirette sulle persone assistite qualora necessarie e si attiva per facilitare e monitorare percorsi di presa in carico e di continuità assistenziale in forte integrazione con le altre figure professionali del territorio, in modo da rispondere ai diversi bisogni espressi nei contesti urbani e sub-urbani.
 
Contesto organizzativo: l’infermiere di famiglia è inserito all’interno dei servizi/strutture distrettuali e garantisce la sua presenza coerentemente con l’organizzazione regionale e territoriale (Case della Salute, domicilio, sedi ambulatoriali, sedi e articolazioni dei Comuni, luoghi di vita e socialità locale ove sia possibile agire interventi educativi, di prevenzione, cura ed assistenza). Agisce nell’ambito delle strategie dell’Azienda Sanitaria e dell’articolazione aziendale a cui afferisce, opera in stretta sinergia con la Medicina Generale, il Servizio sociale e i tutti professionisti coinvolti nei setting di riferimento in una logica di riconoscimento delle specifiche autonomie ed ambiti professionali e di interrelazione ed integrazione multiprofessionale.
 
Target di popolazione: L’infermiere di comunità, presente nel territorio con continuità, è di riferimento per tutta la popolazione (ad es. per soggetti anziani, per pazienti cronici, per istituti scolastici ed educativi che seguono bambini e adolescenti, per le strutture residenziali non autosufficienti, ecc…) anche se viste le caratteristiche epidemiologiche e il profilo demografico nazionale, la fascia di popolazione anziana con patologie croniche, risulta essere un target preferenziale. Inoltre in particolari condizioni epidemiologiche, quale quella da COVID-19 attuale, il suo intervento può essere orientato alla gestione di un target di popolazione specifica, ad es. per il tracciamento e monitoraggio dei casi di COVID-19 coadiuvando le USCA, in collaborazione con Medici di Medicina Generale e Igiene Pubblica e nelle campagne vaccinali.
 
Standard di personale a risorse vigenti: massimo 8 infermieri ogni 50.000 abitanti.
 
Competenze e Formazione: Le competenze richieste sono di natura clinico assistenziale e di tipo comunicativo-relazionale. L’infermiere di famiglia deve possedere capacità di lettura dei dati epidemiologici e del sistema-contesto, deve avere un elevato grado di conoscenza del sistema della Rete dei Servizi sanitari e sociali per creare connessioni ed attivare azioni di integrazione orizzontale e verticale tra servizi e professionisti a favore di una risposta sinergica ed efficace al bisogno dei cittadini della comunità. I requisiti formativi previsti sono da definire con un ordine temporale differenziato. Se da un lato si riconosce la necessità di considerare rilevante prevedere un percorso di formazione specifica con l’acquisizione di titoli accademici (ad es master in Infermieristica di famiglia e Comunità) dall’altro occorre considerare fondamentale avviare tempestivamente l’organizzazione dell’assistenza territoriale come indicato dalla L. 77/2020.
 
Si ritiene quindi necessario individuare infermieri per i quali sia possibile valorizzare l’esperienza acquisita, la motivazione e l’interesse all’ambito territoriale dell’assistenza. A titolo di esempio avere un’esperienza (almeno due anni) in ambito Distrettuale/territoriale, domiciliare o con esperienza di percorsi clinico-assistenziali (PDTA), di integrazione ospedale-territorio, di presa in carico di soggetti fragili. Altresì si ritiene necessario avviare iniziative di formazione aziendale, sulla base di indicazioni regionali, che permettano di formare, in tempi brevi, anche con modalità blended e formazione sul campo, infermieri per questa nuova forma di attività assistenziale territoriale. Tale formazione potrà essere riconosciuta e considerata anche ai fini dell’eventuale accesso successivo a percorsi accademici.
 
Reclutamento del personale: utilizzo di forme di lavoro autonomo anche di collaborazione coordinata e continuativa, con decorrenza dal 15 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020 o alternativo utilizzo di graduatorie valide per assunzione a tempo indeterminato/determinato. Occorre favorire modalità che creino maggior stabilità nello sviluppo del modello organizzativo e permettano di valorizzare gli investimenti formativi messi in campo. Si raccomanda di adibire prioritariamente alla funzione di IF/C il personale infermieristico con elevata motivazione ed orientamento al modello di sviluppo territoriale dell’assistenza e già in possesso del profilo di competenze acquisito con master/corsi di formazione specifici o con competenze specifiche sviluppate sul campo a seguito della sperimentazione locale di modelli di presa in carico proattiva della popolazione nel territorio.
 
Valutazione esiti: si conviene di avviare, anche in collaborazione con la FNOPI un lavoro di approfondimento finalizzato ad individuare indicatori degli esiti correlati all’attività.
 
Luciano Fassari

09 settembre 2020
© Riproduzione riservata

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