Coronavirus e malattie croniche. Servono nuovi modelli gestionali
Necessità sollevata oggi dalla Società Italiana di Leadership e Management in Medicina che sollecita l'emanazione da parte delle società scientifiche delle vari discipline di linee guida e buone pratiche per la riduzione dei rischi da Covid19 per attuare correttamente i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali. Ok alle ‘micro reti tecnologiche’ tra medici, operatori sanitari e caregivers.
30 MAR - Distribuire linee guida e buone pratiche per la riduzione dei rischi da Covid19 alle società scientifiche per attuare correttamente i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali delle persone malate già fragili ed evitare la diffusione dell’epidemia, e cercare di limitare l’invio di casi complessi ai reparti di malattie infettive e rianimazione.
È questa la raccomandazione principale della
Società Italiana di Leadership e Management in Medicina (Simm) destinata alle società scientifiche italiane di riferimento per le patologie croniche. Ma è solo un punto di partenza che deve servire a guardare al futuro quando dovranno essere altri i punti chiave alla base del Sistema Sanitario nazionale e dell’assistenza medica e sanitaria. Devono cioè cambiare i modelli gestionali, valorizzando le ‘micro reti’ assistenziali sul territorio formate da medici, operatori sanitari, e pazienti con i loro caregivers, coordinate da un sistema di management scientifico e gestionale centrale.
Oggi, naturalmente, sottolinea la Simm, serve fare di necessità virtù, per cui è fondamentale seguire poche e semplici regole: dalla valutazione sanitaria telefonica (triage) prima di ogni visita con lo specialista, al triage il giorno della visita in appositi spazi dedicati, dalla creazione di percorsi specifici per la gestione dei diversi casi, all’educazione delle persone al rispetto delle indicazioni ad ogni accesso alle strutture, dall’avvio della consegna dei farmaci a domicilio alla somministrazione, quando possibile (ad esempio quelli orali o quelli sottocute) direttamente a casa dei pazienti. Infine, utilizzare la telemedicina per consulti da remoto e diffondere le norme comuni a pazienti, familiari, caregivers attraverso comunicazioni strutturate con le associazioni. Questi suggerimenti della SIMM derivano da approfondimenti e studi compiuti negli ultimi anni sui temi delle azioni inappropriate, della sostenibilità del Sistema sanitario nazionale e del valore dei percorsi di cura.
“Il 23% della popolazione italiana ha più di 65 anni – afferma
Mattia Altini, Presidente della Simm e Direttore sanitario dell’Istituto Tumori della Romagna (IRST) Irccs di Meldola – di questi il 50% ha già più di due patologie e il contagio da Covid-19 potrebbe portare potenzialmente oltre 10 milioni di pazienti anziani a dover fronteggiare un rischio ancora maggiore”.
Per questo è importante evitare quanto più possibile la diffusione dell’epidemia ai pazienti cronici. “L’epidemia – aggiunge Altini – nel dramma sta agendo come incubatore di innovazione e come tale richiede caratteristiche di leadership e management, affinché gli sforzi messi in campo siano indirizzati al miglior valore, organizzati e resi sinergici. Dobbiamo fare oggi quello che avremmo potuto fare ieri e quello che è già possibile fare guardando al futuro. Occorre sviluppare e implementare un modello gestionale attraverso il quale valutare l’opportunità di delocalizzare tutte quelle attività che oggi per necessità, domani per miglioramento dell’efficienza e garanzia di efficacia devono essere svolte in prossimità al domicilio o al posto di lavoro del paziente. Medico, operatore sanitario, paziente, caregiver costituiscono micro reti che devono essere supportate e coordinate dalla tecnologia per massimizzare il valore delle azioni svolte, quali ad esempio la distribuzione del farmaco orale al domicilio o la somministrazione di un farmaco sottocute presso le strutture territoriali”.
La Simm, oltre alle azioni già indicate, suggerisce di attivare partnership pubblico-privato, di individuare criteri e priorità per definire le popolazioni di pazienti e personale candidato all’esecuzione del tampone per il test di positività al Covid 19: ad esempio, in oncologia, 75 pazienti ogni 100mila abitanti sarebbero candidati al tampone in quanto soggetti a terapie che aumentano la probabilità di contagio o accentuano le conseguenze della malattia polmonare. Infine, raccomanda di identificare metodi di comunicazione strutturati, anche attraverso le Associazioni dei pazienti, per depotenziare i canali di informazione non veritieri e insegnare a pazienti e caregiver come utilizzare correttamente i dispositivi di protezione individuale come le mascherine.
“La Simm - in linea anche con le indicazioni già suggerite da Periplo, Cittadinanzattiva e Fondazione per la medicina personalizzatale - esorta quindi le Società Scientifiche Italiane di riferimento per le patologie croniche, nell’attuazione dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali delle persone malate già fragili, a definire e distribuire linee guida e buone pratiche per la riduzione dei rischi da Covid 19. Oggi come mai – conclude Altini – serve leadership: per garantire credibilità è necessario modellare la direzione di marcia, ispirare una visione condivisa, sfidare lo status quo, mettere gli altri in grado di agire ei incoraggiare lo spirito della squadra”.
30 marzo 2020
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