Liberalizzazioni farmacie. Romiti (Mnlf) replica a Jorio: “L'equità si fa strada, anche se a fatica"
Per il vice presidente del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti l’attuale natura concessoria della distribuzione del farmaco “si contrappone con il dettato Costituzionale” perché "impedisce ad altri con lo stesso requisito professionale di distribuire farmaci pagati direttamente dai cittadini".
13 FEB -
Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Fabio Romiti, vice presidente del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti, in risposta all’articolo Io, il Pci, Bersani e la moglie farmacista. Perché le proposte Pd sulle farmacie sono sbagliate pubblicato venerdì sul nostro giornale a firma di Ettore Jorio, docente di diritto sanitario Università della Calabria.
L’intervento del Prof. Ettore Jorio, già protagonista nelle ultime settimane di numerosi ed “appassionati” interventi a difesa dell’attuale sistema di distribuzione al dettaglio dei farmaci, stimola molteplici riflessioni.
Innanzitutto, dobbiamo ringraziare il professore per la chiarezza dimostrata, anche lui come Bersani ha una moglie farmacista, con la “piccola” differenza che la consorte del professore è titolare di farmacia. Ci era sfuggito questo legame.
Tuttavia, pur condividendo il fatto che i ragionamenti sono più importanti degli interessi paventati, ci lascia il dubbio malizioso che quello dell’esimio professore qualche influenza con “l’intensità” della difesa ad oltranza mostrata l’abbia.
Poi, sottolineare che una abbia vinto il concorso e l’altra no, appare sinceramente una caduta repentina di stile, alla luce del fatto che il numero di concorsi effettuati negli ultimi venti anni in Italia è assai basso. Naturalmente concorsi per sedi vere non per quelli “fantasma”.
Nel merito, ancora una volta si ricorre alla “foglia di fico” della Coop, argomento già utilizzato con scarso successo proprio in occasione de primo decreto Bersani, quando una “tormenta” di effetti negativi avrebbe accompagnato la liberalizzazione dei farmaci d’automedicazione.
Impoverimento e addirittura chiusura delle farmacie più piccole, aumento delle reazioni avverse con potenziali decessi, aumento del consumo dei farmaci.
Mentre nulla di tutto ciò è accaduto, non sembra cambiato proprio niente nel “carnet” della difesa dei privilegi. Stessi argomenti, stessa chiusura.
I corner della grande distribuzione rappresentano meno del 15% del totale degli esercizi oggi aperti, mentre le restanti “parafarmacie”, la stragrande maggioranza sono state aperte da ex dipendenti di farmacia.
Allora di cosa si sta parlando? Qual è l’aiuto alle Coop?
E’ proprio la natura concessoria della distribuzione del farmaco, così come realizzata dall’attuale legislazione che si contrappone con il dettato Costituzionale. Se può essere accettato, ma non condiviso, che lo Stato scelga un numero prestabilito di soggetti che assolve il compito di distribuire i farmaci dispensati dal Ssn, appare quantomeno curioso che lo stesso Stato si arroghi il diritto di scegliere lo stesso numero limitato di farmacie per distribuire farmaci che sono pagati direttamente dai cittadini (fascia C), impedendo ad altri con lo stesso requisito professionale di fare la stessa cosa.
Qualche contraddizione con la libertà d’intraprendere?
La scusa addotta dal professore a questa “piccola”, quasi insignificante, ferita al dettato costituzionale è che numerose farmacie, le più piccole, chiuderebbero. Volendo facilmente evitare di confutare tale tesi con il fatto che rimostranze del genere non vengono avanzate da artigiani, commercianti, liberi professionisti abituati a confrontarsi in mercati non protetti, sarebbe interessante sapere da dove si trae questa conclusione, stante il fatto che le dimensioni del mercato dei farmaci di fascia C non giustificano tale negativa previsione.
Certo la Costituzione deve essere il faro guida nell’azione legislativa, ma non sempre è stato così, quando si decidevano sanatorie per le gestioni provvisorie o altro quella luce non doveva essere proprio abbagliante.
Per quanto riguarda l’ereditarietà caro professore lei deve decidersi: o la farmacia è una concessione dello Stato e quindi lo stesso può avocare a sé l’atto concessorio o è una proprietà privata e non lo può fare. Lei però sa che nell’uno o nell’atro caso vi sono delle conseguenze, nel primo lo scadere della concessione nel secondo una cosa molto semplice: la liberalizzazione totale della distribuzione del farmaco.
Forse le cose sono molto meno complicate di come vengono descritte e in questo Paese si sta facendo largo, anche se a fatica, l’idea che la parola equità ha un preciso significato che difficilmente riesce a coniugarsi con monopoli ed esclusive. E’ bene prenderne atto.
Fabio Romiti
Vice presidente
Movimento Nazionale Liberi Farmacisti
13 febbraio 2012
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