Bianco (Fnomceo): “La riforma degli Ordini è improrogabile”
Anticipati in un’intervista pubblicata oggi sul portale della Fnomceo, i temi del convegno che si terrà nei prossimi giorni a Salerno dedicato proprio al rinnovamento delle istituzioni professionali e al dibattito aperto sulle liberalizzazioni.
27 OTT - Due giorni di lavoro a Salerno, città simbolo dell’antica professione medica, per discutere del futuro degli Ordini dei medici e degli odontoiatri, che hanno appena celebrato il loro centenario e sono al centro di una temperie che vede da una parte la spinta alla “liberalizzazione” delle professioni e dall’altra un testo di riforma approdato finalmente in Senato.
I temi del convegno sono anticipati oggi da Amedeo Bianco, presidente della Fnomceo, in un’intervista pubblicata su portale.fnomceo.it, nella quale ribatte a chi sostiene che la presenza di un Ordine professionale limiti la liberalizzazione dei servizi. Secondo Bianco, questa posizione è “una ‘cortina di fumo’ per chi ravvisa nel professionista un’impresa, che può diventare fonte di profitto, e nell’Ordine un’associazione di imprese”, mentre gli Ordini sono “istituzioni a tutela della Salute dei cittadini, custodi della Deontologia, garanti della Qualità dell’Atto medico e sanitario”.
Amedeo Bianco: gli Ordini sanitari tra riforma e istanze di liberalizzazione
Tra poche ore, a Salerno, la FNOMCeO promuoverà il Convegno “Gli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri: dalle celebrazioni del Centenario alla Riforma dell’ordinamento istitutivo”, durante il quale richiamerà l’attenzione dell’opinione pubblica e dei politici sul significato e sul ruolo degli Ordini sanitari. Ruolo che, da più parti, è messo in discussione con istanze di liberalizzazione.
E la FNOMCeO non si tira indietro: non a caso, il Convegno sarà lanciato, il 28 ottobre, da un “faccia a faccia” tra il presidente della FNOMCeO, Amedeo Bianco, e Sergio Rizzo, opinionista, firma di punta del Corriere della Sera, e da sempre in posizione fortemente critica contro certi aspetti degli Ordini e degli altri Enti pubblici. Sempre in questo spirito, i lavori si concluderanno, il giorno seguente, con una tavola rotonda, nella quale il presidente Bianco e il presidente della CAO nazionale, Giuseppe Renzo, si confronteranno con la politica.
Proprio al presidente di tutti i medici, l’Ufficio Stampa ha voluto chiedere un’anticipazione dei temi del Convegno. Dalla natura dell’azione disciplinare, alla pubblicità sanitaria, ai paventati ostacoli al “libero mercato”, ecco le sue risposte.
Presidente, l’anno scorso gli Ordini sanitari hanno compiuto cento anni. Ora, in Senato, è in discussione la loro riforma. Cosa conservare e cosa lasciare, perché il rinnovamento sia reale e gli Ordini sanitari siano pronti a rispondere, oltre che al loro ruolo istituzionale, anche alle nuove istanze della Società civile?
La riforma che il ministro Fazio propone al Parlamento è attesa da anni, e da noi fortemente auspicata. Nel 2010 abbiamo infatti celebrato il centenario della costituzione degli Ordini delle professioni sanitarie nell’ordinamento italiano. È utile ricordare come gli odierni pilastri di quella antica normativa siano ancora oggi sostanzialmente gli stessi, ancorché riscritti nel 1946, dopo la cancellazione operata nel regime fascista.
Ma se un rinnovamento sostanziale era ormai improrogabile, non possiamo però prescindere dai valori e dai principi che i nostri Ordini tutelano, primo tra tutti il diritto alla Salute dei cittadini, senza distinzioni di sorta. Né possiamo tralasciare gli strumenti per difendere tali valori: il più importante è la Deontologia professionale, quell’insieme di principi e precetti, di comportamenti etici, civili e tecnico professionali, che in più occasioni e nel merito di delicate questioni la Corte Costituzionale ha ribadito come ineludibile e insostituibile riferimento per un esercizio autonomo e responsabile della Professione.
Proprio in questo momento di “rinascita”, però, si registra da più parti un dibattito sul significato degli Ordini professionali in generale, a volte con attacchi anche pesanti sull’opportunità e sull’attualità del loro ruolo.
Il dibattito, in sé, è positivo, perché un sano confronto porta al cambiamento e fa nascere nuove idee e spunti di riflessione. Purtroppo, però, registriamo con preoccupazione che tali discussioni sono spesso appesantite da pregiudizi ideologici e supportate da rilievi infondati, sui quali sarebbe opportuno fare alcune precisazioni.
Innanzitutto, i nostri Ordini e i Collegi delle professioni sanitarie, che si richiamano tutti al medesimo ordinamento, sono Enti ausiliari dello Stato che non gravano sul bilancio pubblico, sostenendo le loro funzioni e attività con quote associative dei professionisti obbligatoriamente iscritti in ragione dell’articolo 2229 del Codice Civile. Sono dunque privi di fondamento – per non definirli pretestuosi – tutti quegli attacchi che mirano a scardinare il sistema facendo leva sull’economia e sui bilanci dello Stato.
Un altro rilievo che vi viene mosso è che, con un’eventuale liberalizzazione, si eliminerebbero i vincoli che limitano l’accesso alle professioni. Cosa risponde?
Anche questa affermazione è completamente infondata: i nostri Ordini non pongono in alcun modo sbarramenti all’esercizio della professione. L’unica “restrizione all’accesso”, se così si può intendere, è data dalla funzione di controllo sui titoli necessari per esercitare la professione stessa, attraverso la tenuta degli Albi. Lo sbarramento, dunque, è solo nei confronti di chi potrebbe esercitare seppur privo di tali titoli, e cioè gli abusivi.
In questo senso, gli Ordini da sempre svolgono funzioni di lotta all’abusivismo, attraverso l’accessibilità agli Albi dei professionisti abilitati e soprattutto collaborando con i NAS e con gli uffici ispettivi delle ASL contro i falsi professionisti, che costituiscono, questi sì, vere e proprie minacce non solo per la salute pubblica, ma anche per i bilanci dello Stato. Non potendo emettere parcelle e fatture, infatti, si comportano come truffatori delle finanze pubbliche.
A proposito di parcelle: ha acceso un dibattito l’azione della FNOMCeO contro i Gruppi di acquisto via internet, che offrono prestazioni sanitarie a volte sottocosto. Non pensate che queste iniziative possano, in un certo senso, apportare dei vantaggi al cittadino?
Il messaggio che volevamo far passare è che queste “offerte”, disponibili sul web per un tempo limitato e accessibili a pochi, non possono in nessun modo costituire un sistema organico e innovativo di sanità low cost, capace di vicariare, in tutto o in parte, il Servizio sanitario Nazionale, ove mostrasse criticità o carenze. Non fosse altro, perché un sistema commerciale – è di questo che si tratta – non può vendere costantemente sottocosto. Tali iniziative sono piuttosto paragonabili ai “prodotti civetta” offerti nella grande distribuzione a un prezzo irrisorio per attirare clienti: non vanno cioè inquadrate nel fenomeno della cosiddetta sanità low cost, ma nel mero epifenomeno di attività promozionali, in questo caso riservate agli utenti più capaci e più svegli, e dunque prive di equità e solidarietà.
E veniamo all’azione disciplinare: la legge 248/11 (la cosiddetta “Manovra”) prevede, per altri Ordini professionali, ad esempio quello dei giornalisti, la Costituzione di “Consigli di disciplina”, indipendenti dai Consigli degli Ordini stessi. Pensa che tale orientamento possa, un giorno, coinvolgere anche gli ordini sanitari?
La riforma degli Ordini sanitari (già Ddl 4274, ora Atto del Senato 2935, ndr), attualmente all’esame della Commissione Igiene e Sanità del Senato, accoglie le istanze della FNOMCeO, che da anni propone la distinzione tra la funzione inquirente e quella giudicante, nell’azione disciplinare. In buona sostanza, abbiamo chiesto la terziarizzazione della funzione inquirente, che definisca caso ed estremi dell’imputazione. Non pensiamo, dunque, sia necessaria la costituzione, per gli Ordini sanitari, di altri Consigli di disciplina.
Detto questo, è opportuno chiarire che, già oggi, il meccanismo del nostro procedimento disciplinare è improntato ai principi di trasparenza e garanzia. Consta, infatti, di tre gradi di giudizio. Il primo grado è amministrativo, affidato alle Commissioni di Albo (Medici e Odontoiatri) dell’Ordine. Ma anche a questo stadio abbiamo proposto di rafforzare i principi del giusto processo, garantendo la difesa del professionista sotto giudizio.
Se comunque il medico ritenesse di essere stato sanzionato ingiustamente, può fare ricorso alla CCEPS, la Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie: la natura del processo è, questa volta, giurisdizionale, essendo la CCEPS un organismo paritetico tra rappresentanti delle professioni e dirigenti del ministero della Salute, presieduto da un Consigliere di Stato. Un terzo grado di giudizio è poi previsto nell’ambito della giurisdizione ordinaria, presso la Corte di Cassazione.
In definitiva, cosa risponde la FNOMCeO alle istanze di liberalizzazione?
Una certa cultura liberista vede l’Ordine come un’istituzione in contrasto con la liberalizzazione dei servizi. Ma questa, forse, non è che una “cortina di fumo” per chi ravvisa nel professionista un’impresa, che può diventare fonte di profitto, e nell’Ordine un’associazione di imprese, che possono condizionare il mercato e regolarne gli interessi.
Diversi, come abbiamo visto, sono i principi che informano l’attività ordinistica, in particolare quella degli Ordini sanitari, istituzioni a tutela della Salute dei cittadini, custodi della Deontologia, garanti della Qualità dell’Atto medico e sanitario.
Le leggi che regolano tali Ordini vanno, dunque, necessariamente adeguate, ma nel rispetto di quell’architettura ordinistica che, nei suoi tratti fondamentali, è comune a quasi tutti i paesi della UE. Pensare di poterne fare a meno può solo svalutarci: non ci avvicina ma ci allontana dall’Europa dei diritti e dei valori.
a cura dell'Ufficio Stampa FNOMCeO
27 ottobre 2011
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