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La Fimmg, la sua battaglia e la solidarietà degli altri sindacati

di Stefano Zingoni

La solidarietà della Anaao e del Sumai a Fimmg per lo sciopero è stato un gesto da noi apprezzato ed abbiamo pubblicamente ringraziato. Ho ritenuto e ritengo che la ragione di questa solidarietà stia nella comprensione da parte di questi sindacati e dagli stessi ampiamente dichiarata, che la battaglia di Fimmg è in primo luogo una battaglia a supporto delle autonomie dei professionisti medici

29 MAG - Militare per trentotto anni in un’organizzazione ed accorgersi di non riconoscerla nella descrizione insistentemente fatta da qualcuno (ndr. il riferimento è all'articolo di Ivan Cavicchi pubblicato lo scorso 27 maggio) che la osserva dall’esterno è cosa che suscita degli interrogativi, ai quali però non è difficile rispondere.
 
Fimmg dal 2007 traguarda l’obiettivo di un cambiamento radicale nell’approccio e nell’organizzazione della medicina generale. Ha chiaramente indicato nella autoreferenzialità, nell’isolamento, nella difficoltà di rendicontabilità, nella struttura del compenso, che spinge a sottrarre risorse all’investimento per compensare le carenze della remunerazione, alcuni dei mali che affliggono il settore ed ha fatto una proposta per sanarli. Può tutto questo essere interpretato come una crociata a favore dell’”invarianza” o una volontà di non “ridiscutersi” o peggio come una mancanza di “solidarietà con i problemi della sanità”? La critica ragionata dell’esistente e su noi stessi sta alla base di quel progetto, raffinato in un confronto pluriennale con chi si è reso disponibile ed indirizzato ad un cambiamento con fini assistenziali e categoriali.
 
Visto che è diventato di moda rileggere le relazioni congressuali di Milillo per trarne conclusioni errate, si compia lo sforzo appieno e sarà facile trovarvi tutto questo. Ma non sono i documenti la sola fonte, perché i fatti, nel caso di Fimmg, sono ad essi coerenti. Proprio perché riteniamo “inseparabili i destini della contrattazione da quelli del sistema pubblico” riponiamo in essa la massima fiducia e la giudichiamo uno strumento indispensabile a favorire un progresso sostenibile del sistema. Per questo chiediamo una contrattualistica di cambiamento, impegnandoci per essa con azioni sindacali non “apologetiche”, ma che indicano i capisaldi identificativi del nostro ruolo: autonomia professionale e organizzativa, finalizzata ad una assistenza personalizzata, garantita dalla libertà di scelta del cittadino, il tutto inserito in un rapporto col servizio pubblico da ridiscutere senza preconcetti, con la volontà non tanto di "trasformare il lavoro quale costo in lavoro quale valore", ma di far prevalere la cura della persona sulla cura della patologia. Il lavoro, infatti, è uno dei tanti costi operativi di ogni processo produttivo o di fornitura di servizi, è il processo nel complesso "a generare valore". O meglio il processo genera beni o servizi, è poi l'interazione fra gli agenti operanti sul mercato o sui processi interdipendenti che danno loro un valore.
 
Nel caso di specie il beneficiario di questa valorizzazione è la comunità. Il processo dell'assistenza sanitaria, infatti, è di per se un processo il cui "guadagno" è indiretto - ossia questo va valutato non solo sulle "entrate" in termini di ticket, etc.., ma soprattutto va apprezzato sulla capacità da parte dei beneficiari di questo processo (ossia, di coloro che accedono al servizio sanitario) di continuare a produrre ricchezza (essere in salute) - ricchezza che poi va ad arricchire il mercato e che lo Stato tassa, e quindi costituisce entrata. Sono convinto che il Ministro Padoan quando pensa alla medicina generale pensa a questo….anche perché non abbiamo bisogno di stimoli sanzionatori per essere orientati al cambiamento, lo diciamo da molto prima che il Ministro si dedicasse al suo dicastero, si possono preferire altre ricette, ma non si può dire che siamo per lo ”status quo”, quello è un film che interpretano altri.
 
Per non cadere nello stesso errore fatto da alcuni nei nostri confronti ogni contributo richiede attenzione. Mi perdonerà l’autore per eventuali fraintendimenti, d’altronde come ho sopra affermato è stato ampiamente frainteso un progetto di cui si parla da otto anni, sono certo che mi giustificherà se dovessi fraintendere qualcosa di cui vengo a conoscenza oggi. In estrema sintesi, mi sembra di capire che si proponga una condivisione con la parte pubblica sulla definizione di risultati attesi, compatibili con spesa pubblica ed esigenze dei pazienti, al loro conseguimento sono condizionate le remunerazioni, è ammessa la più ampia libertà organizzativa e professionale per raggiungere gli obbiettivi condivisi, potendosi pensare ai contratti come a degli strumenti di governo della spesa. In questa maniera la struttura del contratto accomunerebbe dipendenti e convenzionati, che si differenzierebbero per la specificità degli obbiettivi, ma che troverebbero unità nelle caratteristiche professionali dell’autonomia.
 
Sono certo che l’autore, che si è ripetutamente dichiarato sostenitore del servizio pubblico, avrà valutato come la proposta si presti facilmente ad un progressivo smantellamento del servizio, con il rischio di una strisciante esternalizzazione di compiti e funzioni. Sicuramente la stringatezza giornalistica gli ha impedito di spiegare i correttivi. Intendiamoci, non siamo contrari in linea di principio al “pagamento ad obbiettivo raggiunto”, nonostante la poco edificante applicazione di tale metodo nell’amministrazione pubblica, dove ovviamente non è la base contrattuale, ma uno strumento incentivante, non è una sottolineatura da poco, e dove non è raro trovare come il 100% degli aventi diritto, da sempre raggiungano il 100% degli obbiettivi, autorizzando a ritenere o che gli obbiettivi sono inadeguati o che le valutazioni sono inadeguate o che la variante retributiva è stata trasformata in strutturale o che il metodo è carente.
 
Ciò nonostante il progetto Fimmg prevede la retribuzione a risultato per certe aree di attività, ma la inserisce nella cornice della contrattualistica convenzionale. Sembra pertanto difficile presupporre che su questa base si costruisca l’unità dei medici del SSN, ma anche noi ci siamo ovviamente posti il problema, sottolineando così l’importanza del tema, ed abbiamo cercato di dare un contributo. Lo abbiamo ipotizzato nei presupposti dell’essere professionisti: una specifica competenza tecnica ad alto livello, l’orientamento sul servizio, il divario di competenza, la responsabilità fiduciaria, l’autonomia professionale.
 
Con una ipotesi solo di scuola, ancora oggi azzardata, ma addirittura temeraria quando nel 2004 la sottoponevo al confronto ed al giudizio interno, abbiamo indicato in un profilo giuridico rispettoso delle peculiarità professionali richiamate, opportunamente identificato, normato o chiarito giurisprudenzialmente, il possibile collante dei professionisti operanti per il SSN.
 
Fantascienza, forse, certamente un percorso lungo ed in salita, non adatto ai tempi convulsi che viviamo. Per questo al momento mi sento di dire che, siccome non ritengo né ospedaloclastico né territorioprivo l’intento dei decisori, ma più semplicemente extrasanitario, i motivi della comunanza d’intenti tra le categorie mediche stanno nelle caratteristiche della professione, la contrattualistica deve richiamarle e salvaguardarle unitamente ad una pluralità di peculiarità tutelabili solo separatamente. Il progetto Fimmg lo fa, non si presta a dividere il mondo della dipendenza dal territorio, agisce all’interno del sistema mutandolo, risponde alle domande di un servizio a risorse limitate e delimitate; dove è stato parzialmente sperimentato ha dato risposte assistenziali.
 
Credo che prima di pensare ad altro convenga consentirne una applicazione su più vasta scala, presupposto per un giudizio meditato. E’ una sfida a riportare in campo sanitario i decisori, a far prevalere le loro convenienze a medio termine rispetto ad una convenienza finanziaria immediata mal computata, sicuramente a rimettere al centro l’assistenza.
 
Aggiungo, senza volere accampare scuse a mio favore ma per convincimento, che quando si utilizzano per sintetizzare processi complessi termini inusuali, magari stranieri, a maggior ragione di una lingua come quella inglese assuefatta a condensare nella stessa parola concetti anche non sovrapponibili e per giunta a volte intraducibili, si rischiano difficoltà di comprensione. Rammento quello che accadde qualche anno fa quando in sanità si attribuirono almeno dieci significati diversi al termine di “budget”.
 
A me la parola "shareholder" (alla lettera persona che ha delle "shares", ossia, delle azioni. Ergo: un socio.) fa venire in mente che quando, in Cecoslovacchia negli anni ‘90, si vollero privatizzare certi settori dell’economia senza commettere gli errori fatti in altri paesi dell’ex blocco sovietico Václav Klaus utilizzò un sistema di "shareholder": caratterizzato dalla creazione di coupon azionari (share vouchers) messi sul mercato in più fasi, acquistabili dai dipendenti ad  un prezzo fisso o da privati, in questo caso valorizzandoli sul potenziale produttivo delle aziende, al quale concorrevano significativamente le capacità dei dipendenti stessi. Il metodo è noto in economia e trova estimatori nell’ambito delle privatizzazioni.
 
Naturalmente non è una similitudine, ma un’assonanza personale.
 
La solidarietà della Anaao e del Sumai a Fimmg per lo sciopero è stato un gesto da noi apprezzato ed abbiamo pubblicamente ringraziato
. Ho ritenuto e ritengo che la ragione di questa solidarietà stia nella comprensione da parte di questi sindacati e dagli stessi ampiamente dichiarata, che la battaglia di Fimmg è in primo luogo una battaglia a supporto delle autonomie dei professionisti medici. Come non essere solidali ed uniti? Su un tema come questo i ponti sono superflui perché non ci sono separazioni da superare e quanto alle trincee servono, mutuando il testo del comunicato Anaao,  contro Governo e Regioni che invadono le nostre competenze professionali, violentando la natura delle leggi o entrano a gamba tesa sulla nostra autonomia, creando, con la pretesa di dettare linee guida di stato, un ulteriore motivo di conflitto con i pazienti.
 
Sembra evidente che non ci sono sforzi di comprensione da fare da parte di Fimmg su questi temi ed il presupporre che questi sarebbero doverosi a fronte della solidarietà ricevuta è una curiosa interpretazione della realtà dei fatti: ove il soggetto che ha ottenuto solidarietà per essersi dimostrato pronto a difendere un valore comune dovrebbe, su richiesta di terzi, documentare di essere sensibile a quel valore che i sodali hanno con lui pubblicamente condiviso. Processo così singolare da far presupporre a monte un giudizio preconcetto.
 
 Stefano Zingoni
Presidente Nazionale Fimmg

29 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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